Fine spiegato semplice.
Dopo la morte di Navalny è iniziato il processo di beatificazione mediatica, la voce libera che soccombe al dittatore. La solita infantile narrazione che dopo due anni ancora non riesce a concepire che le guerre non sono fatte di buoni e cattivi, ma solo di cattivi e che mai come per la questione ucraina, i buoni non si riescono a individuare tra i protagonisti in gioco.
Ma chi era davvero Navalny, lo vedremo in questo video, concentrandoci sull’anno 2012, anno in cui la stampa inizia a raccontarcelo diversamente nella sua versione san francescana, l’anno dell’arrivo di Putin, ma soprattutto l’anno del nordstream due e il ruolo di Navalny proprio in relazione al sabotaggio più discusso degli ultimi anni.
navalny putin russia
Trascrizione del video
Certo che stiamo proprio messi male, eh. Se siamo arrivati al punto di beatificare uno come Navalny, beh, direi proprio che siamo in crisi di eroi. Vabbè, che poi noi c’avemmo un po’ in generale sta tendenza a santificare pure chi santo non è. Ma sempre a seconda di come conviene al momento, eh. Perché è morto Navalny ora, ma la nostra dignità, quella da Moke, è morta. Almeno, almeno da quando fecero diventare eroi per un giorno pri Gojin. Lì proprio qualcuno la dignità l’ha presa e l’ha buttata nel cesso. Fino a un momento prima l’avevano definito il macellaio di Bakhmut. Ma appena si era messo in marcia su Mosca e in un colpe durato a malapena due ore, ah, lì come stavano tutti a dita incrociate. La gente che nei commenti scriveva Anche se per poche ore, improvvisamente, ma quanto gli stava simpatico il macellaio. E Navalny non è altro che un pri Gojin 2.0. Perché da quando ieri è arrivata la notizia della sua morte nella prigione di Karp, dove era stato trasferito di recente per scontare i suoi 19 anni di reclusione. Deceduto, si dice, per una trombosi e con cause della morte ancora in accertamento. Eh beh, qui non ci hanno perso manco un minuto. Si è messo subito in moto il processo di beatificazione. Un cordoglio generico da Mattarella, che parla di ritorno ai tempi bui. La Meloni, che vuole chiarezza. La Schlein, che ha subito dato la corpa a Putin. Ma anche Mentana, che parla di macchia indelebile sul Cremlino. Grammellini ci fa pure il simpatico sopra, dicendo in soldoni che adesso i filobudiniani, come il prof Orsini o la dottoressa Basile, correranno a dire che ha stata la CIA. E conclude sempre ironico che le maldicenze vanno fermate sul nascere, altrimenti c’è il rischio che a Putin si attribuisca anche l’invasione dell’Ucraina. Ha! Ha! Quando si dice la simpatia. Poi di quelle pegnente fazziose, eh. Vabbè, poi detto da quello che ci parlava dei nazisti buoni è veramente tutto dire. E il problema è che, vedete, non gliela fanno proprio. Per loro vale a prescindere la regola che il nemico del mio nemico è il mio amico. O se ha anche Belzebù in persona, per noi non c’è problema. Per noi diventa un santo. D’altronde l’abbiamo fatto con Pricocin, non possiamo farlo con Navalny. Comprendere che nelle storie, soprattutto in queste storie, non esistono buoni e cattivi. Come d’altronde diciamo a Malapena da due anni, ma… De Coccio. E capire che spesso nelle storie possono esistere solo i cattivi. Eh, è un qualcosa completamente al di fuori della loro portata. Perché per comprenderla questa cosa bisogna essere un minimo adulti. Certo, non bambinetti della politica e del giornalismo che non ce la fanno proprio a formulare un pensiero più complesso. Troppo difficile capire che Putin, no, non è bravo. Ma non è bravo manco Zelensky. Non è bravo manco Biden. Nemmeno che mai noi siamo i buoni della storia. Se dici una cosa del genere scatta immediatamente il Eh, ma da che parte stai? Perché per qualcuno le parti sono l’unico modo di comprenderle le cose. Putin è un antidemocratico e persegue i suoi oppositori. Verissimo. Ma anche Zelensky lo fa. Mette fuori legge 11 partiti di opposizione. E nemmeno qualche giorno fa, il 12 gennaio, moriva detenuto dall’autorità ucraine con accusa di commettere attività filorusse il giornalista e blogger Gonzalo Lira. E a quanto pare per una polmonite volontariamente ignorata dal personale penitenziario. Insomma, questi giornalisti o blogger muoiono anche nelle carceri di quelli che ci stanno tanto simpatici. Ma lì nessuno si sconvolge, semplicemente perché nessuno lo dice. Il nostro occidente detiene facendolo marcire in galera Giuliana Assange, sottoponendola a un calvario giudiziario perché ne vogliono la pelle. Quindi esattamente, ma di che stiamo a parlare? Sarò strana io, eh? Ma io in tutta sta storia i buoni non li vedo. Quello che vedo è però come noi li creiamo, i buoni, per poi distruggerli a seconda del periodo. Quella che vedo è l’incoerenza della nostra stampa, che santifica oggi quello che era un criminale ieri e viceversa. Quello che vedo io è un’opinione pubblica un po’ troppo volubile, capace di cambiare idea così in una manciata di anni. Nel caso dei Brigogine, veramente, anche in una manciata di ore. E tutti quelli che oggi parlano con cordoglio di Navalny, fabbricando contemporaneamente un po’ di propaganda preta a Portet per Kiev, forse non si ricordano bene come parlavano dei Navalny. E allora, dunque, vediamo chi è sto Navalny e come ne parlavamo prima che diventasse il beato martire celebrato oggi. Il Corriere della Sera addirittura lo celebra come il Nelson Mandela russo. Me coglioni! Lo chiama il ragazzo della porta accanto. Mò! Quando venne arrestato nel 2021, l’ormai scomparso David Sassoli aveva definito il suo arresto un’offesa alla comunità internazionale. L’ex segretario del PD, Nicola Zingaretti, lo aveva definito l’uomo coraggioso. Roberto Figo aveva detto che l’arresto era inaccettabile. Sono toni un pochino diversi rispetto a quelli che leggiamo di lui nel lontano 2012. E tenetela bene a mente sta data, perché sarà proprio sta data il punto focale di tutto il video. Anner 2012 era il blogger xenofobo che univa le piazze contro Lozarpudin. Sempre per la stampa, Anner 2017 era l’uomo dell’estrema destra capo della marcia russa. La marcia russa è quel corteo che dal 2005 viene fatto a mo’ di passerella di neonazisti. Pare che qualcosa sia cambiato sulla sua reputazione. E questo proprio perché nel 2011-2012 c’è un cambio totale del personaggio. La stampa occidentale che di solito non si è mai interessata particolarmente della politica interna di Mosca, improvvisamente proprio in quegli anni invece sviluppa un certo interesse per questo personaggio. E’ proprio nel 2012 che a Navalny viene appiccicata addosso l’etichetta di grande oppositore di Putin che stanno usando ancora oggi. Navalny, che era quello che dal 2007 era l’uomo del movimento nazional popolare Norod, dalle tinte neofasciste. L’uomo che metteva il nazionalsocialismo al centro delle sue idee. Quello che la stampa descriveva come partecipante alla marcia russa. Quello che non si faceva il problema ad esprimere le sue idee omofobe. Islamofobo, contrario alla costruzione di Moschè. L’uomo che invocava addirittura la deportazione come risoluzione del problema immigrazionale. A un certo punto, per la stampa, cambia. Una vera e propria folgorazione sulla via di Damasco, proprio tra 2011 e 2012. Ricordatevi sempre sta data. Una conversione alla San Francesco che lo porta a spogliarsi della camicia nera e a mettersi il saio di un nuovo partito del progresso, dalle idee decisamente più moderate. Molto più modulate sui modelli occidentali. Alle marce non ci va più. Le sue posizioni islamofobe si annacquano. Da omofobo diventa sostenitore dei diritti LGBT con campagne contro la discriminazione. Il suo nemico politico non sono più i migranti che definiva scarafaggi da eliminare. Ma il suo nemico diventa la corruzione dei funzionari pubblici. Nel 2012 era diventato Navalny e Chirichetto. Pubblica le sue inchieste contro la corruzione utilizzando i canali internet. Ottenendo sempre più consenso in relazione a quanto i medi occidentali cominciano a parlarne bene. E con questa immagine ripulita inizia la sua scalata politica contribuendo a creare ancora di più il mito dell’uomo che soffia sul collo di Putin. Una scalata politica che termina nel 2020 quando va in coma per un sospetto avvelenamento da Novichok. Viene curato in Germania e nel 2021 viene arrestato al suo rientro a Mosca condannato a 9 anni per frode a cui poi si aggiunsero solo nel 2023 altri 19 anni per estremismo politico. Da lì viene portato in quella che è considerata una delle peggiori strutture penitenziarie l’IK3 di Karp, 1900 km a nord-ovest di Mosca oltre il circolo porare-artico, nella Sibaria occidentale, nella regione di Yamal. Dove appunto poi, ieri, muore. Questa chiaramente è la storia in sintesi. Una storia dove calza a pennello la retorica del martire. Cosa fa più presa nella retorica dei cuori di un uomo cambiato che spia tutti i suoi peccati condandandosi al martirio per aver contrastato quello che nel corso del tempo dal grande amico dell’Occidente che era è diventato il nemico pubblico numero uno cioè Vladimir Putin. Calza perfetto, no? Un ricamino. Talmente tanto che infatti non è manco per niente così. Vi avevo detto di tenere a mente le date 2011-2012 perché è proprio in quelle date che c’è la soluzione alla risposta di chi è davvero Navalny. E l’anno 2011-2012 è l’anno di un protagonista assoluto di tutto il sottofondo della guerra in Ucraina. Cioè il Nord Stream. Pabbola, ancora questo Nord Stream? Che c’entra Navalny col Nord Stream? Incredibile quanto poco sanno le cose o quanto fanno finta di non saperle. Il Nord Stream con Navalny c’entra e come? Adesso ve lo spiego. Andiamo al 4 maggio 2011, giorno in cui viene completata la prima conduttura del Nord Stream che porta all’ufficiale inaugurazione da parte della cancelliera Angela Merkel dell’ex presidente russo Dmitry Medvedev e del primo ministro francese Philon. Qui Navalny ancora non è stato folgorato sulla via di Damasco, qui ancora xenofobo. A marzo 2012 viene completata la seconda conduttura ma qui qualcosa è cambiata. È cambiato il fatto che alla presidenza russa non c’è più Medvedev ma è tornato per la terza volta Putin. Viene quindi rieletto per il suo terzo mandato. E appena Putin mette piede alla presidenza Navalny c’è la conversione e la stampa lo converte di conseguenza cominciando a dargli un peso mediatico che non aveva prima. Nel frattempo il consolidamento dei rapporti tra Europa e Russia con il Nord Stream aveva portato a progetti di espansione del gasdotto con la seconda linea, il Nord Stream 2. È il 2015 quando viene firmato l’accordo per costruire la seconda linea e il 2018 è il momento in cui la Germania dà l’ok per l’avvio alla costruzione. Ma c’è qualcuno che si è opposto con molta forza alla costruzione di questo Nord Stream 2? Dai, dai, indovinate chi? A mettersi di traverso furono immediatamente gli Stati Uniti che già tramite l’ambasciatore statunitense in Germania, Richard Grenell, esortavano la Germania a smettere di lavorare al progetto minacciandola di ripercussioni e sanzioni. Biden da subito aveva mostrato di non gradirlo questo Nord Stream 2. Lo definiva un cattivo affare per l’Europa e un pericolo per la sicurezza internazionale. Insomma, è da un po’ che si erano messi in testa che questo Nord Stream doveva saltare, come i fatti poi hanno fatto. Ed ecco che improvvisamente lo tirano fuori l’asso nella manica per mettere pressioni e far sì che questo Nord Stream non venga realizzato. E l’asso nella manica è incredibilmente proprio navalni. Non se l’era cagato nessuno fino al 2011. Poi non solo si converte e diventa così tanto ben voluto dall’Occidente, ma diventa addirittura questione di vita o di morte, martile da tutelare al costo di far saltare accordi. Accordi di risorse tra Europa e Russia che gli Stati Uniti avevano più e più riprese e dimostrato di non volere. E così il caso del sospetto avvelenamento di navalni diventa assolutamente centrale. Non diventa solo un caso di diritto democratico, ma diventa un caso energetico e anche di politica interna per la Germania. La Merkel inizia a subire pressioni da ogni dove. Anche da esponenti del suo stesso partito che gridano tutti a gran voce che questo Nord Stream venga stoppato perché non si possono fare affari con i dittatori. Norbert Rötgen, candidato al leader dell’Unione Cristiano-Democratica a capo della Commissione Affari Esteri del Bundestag, si impunta proprio. Questo premierebbe Putin piuttosto che punirlo. E poi condisce il tutto dicendo anche che questo Nord Stream non è così tanto necessario e che non farebbe altro che rendere la Russia ancora più forte. Se accoda anche la Francia, anche loro dicono che il Nord Stream non sa da fare. Facendo anche loro leva sull’avvelenamento di Navalni e il successivo arresto, al grido di col dittatore Putin non si fanno affari. Insomma, Navalni torna curiosamente funzionale a quelli che erano gli obiettivi finali degli Stati Uniti. È un po’ strano il tutto, no? Un po’ strano il suo percorso politico, un po’ strano che la sua conversione avvenga proprio in concomitanza con gli accordi per il Nord Stream 2 e un po’ strana anche la sua centralità nella questione non facciamo il Nord Stream 2. Vabbè, ma d’altronde sono solo due anni che vi dico che le retoriche democratiche nascondono ben altri tipi di interessi. Diciamo che le cronologie ad orologeria sono quantomeno un po’ sospette. Perché nella migliore delle ipotesi, Navalni è stato un capo espiatorio utilizzato dall’Occidente nel momento giusto. Cosa che è assolutamente probabile, però, insomma, ci dovrebbe fare un po’ stazziti quando si mettiamo sul pulpito a fare i morali all’altri. E nella peggiore delle ipotesi, invece è stato un progetto creato a tavolino dall’Occidente. Creato a tavolino per essere poi sguinzagliato al momento giusto. In ogni caso, lontanissimo dall’essere un santo. Non è un santo lui, non è un santo Putin, e non siamo santi manco noi, che usiamo le persone come arma oppure le costruiamo appositamente per diventare armi da usare e poi buttare. Non lo siamo di certo noi che dentro casa abbiamo scheletri tali e quali a quelli di Putin. Insomma, anche questa beatificazione sembra non essere altro che il tentativo di aggrapparsi alla qualunque cosa pur di ridare vita ad una propaganda che sarà sopita. Che Navalny non sia un santo e che siano moltissime le ombre dietro la natura della sua conversione politica lo sanno benissimo pure tutti quelli che oggi lo stanno beatificando. Ma come farsi scappare una delle ultime opportunità per poter descrivere questa guerra come i paladini del bene che lottano contro il male? Come non sfruttare un’occasione per questa bambinesca visione del giornalismo? E’ soltanto l’ennesimo episodio in cui noi prima creiamo i mostri e poi li famo diventare santi. Putin era il grande amico dell’Occidente per la stampa e poi lo avevamo fatto diventare quello che voleva raderci al suolo. Navalny il nazi diventato chirichetto e dopo due anni stiamo sempre allo stesso punto. Cioè che la gente ancora non ha capito che la geopolitica e le guerre non sono fatte di buoni e cattivi. E ci stanno molte più ombre che luci e i santi sono pura finzione letteraria e di propaganda fino alla più indecente delle riflessioni. E cioè che può accadere che nelle storie ci siano solo cattivi. E a meno che non ci avete 12 anni e allora ancora ave scuso per tutti quanti gli altri se ancora credete alle favolette della stampa che vi dipingono l’eroe beh allora è proprio vero, stiamo proprio messi male.