Fine spiegato semplice.
L’Italia comprerà i tank tedeschi Leopard 2, lanciando il primo programma di riarmo scaturito dal conflitto in Ucraina e, allo stesso tempo, recependo la richiesta della Nato – ufficializzata al vertice di Vilnius – di aumentare le spese militari per la difesa, partendo come base minima dal 2% del Pil, che prima costituiva, invece, il tetto massimo di spesa. L’ammontare totale del valore dell’acquisto è stimato in 6 miliardi di euro: nel 2024 saranno inizialmente stanziati 4 miliardi. Lo ha reso noto la sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti, che – rispondendo a un’interrogazione parlamentare del M5S – ha dichiarato che l’acquisto dei Leopard 2 «verrà ricompreso tra quelli di previsto avvio nel DPP (documento programmatico pluriennale, nda) 2023-2025 di prossima emanazione». Il programma di acquisto, inserito tra le iniziative di previsto avvio, sarà quindi sottoposto al vaglio parlamentare.
Secondo l’osservatorio Ares Difesa, Rauti ha indicato in 250 carri armati il requisito dell’esercito italiano per far fronte agli impegni presi con la Nato, anche in vista di possibili ed eventuali aiuti militari all’Ucraina: tale numero sarà probabilmente raggiunto con 125 Ariete C2, di cui l’Italia già disponeva, e con i nuovi Leopard 2 prodotti da Krauss Maffei Wegmann. Nel corso dell’audizione di Rauti non è stata specificata la versione dei carri armati, ma si suppone che sarà selezionato lo standard più recente che è l’A8: quest’ultimo prevede una serie di sistemi di protezione attiva a partire dal Trophy israeliano: una sorta di micro-Iron Dome che intercetta i missili anti-tank. Tuttavia, il peso di 67 tonnellate ne condiziona lo spostamento su strada e il cannone da 120 millimetri non ha il caricamento automatico. Rauti ha spiegato che il programma Ariete C2 AMV, gestito dal CIO (Consorzio Iveco Defence Vehicles – OTO Melara, ora Leonardo) andrà avanti (sono già stati stanziati 850 milioni nel corso del 2022) e quindi l’esercito italiano tornerà ad avere, dopo diversi anni, una doppia linea di carri armati.
Rimangono comunque ancora incerti i numeri, le modalità di produzione e i tempi di sviluppo del programma. Nel frattempo, ciò che è certo è l’aumento delle spese militari, sottratte verosimilmente ad altri ambiti importanti della spesa pubblica con lo scopo di adeguarsi ai nuovi parametri Nato volti a proseguire e a intensificare la guerra per procura contro la Russia. L’Osservatorio indipendente sulle spese militari italiane, Mil€X, riporta che «Secondo alcune dichiarazioni del ministro degli Esteri Tajani rese ad inizio 2023 l’Italia aveva già inviato fino a quel momento circa 1 miliardo di euro di controvalore di armamenti». Si tratta di una cifra indicativa perché a causa della secretazione di tutti gli armamenti inviati nel dettaglio, stimare un costo preciso non risulta possibile. La cifra, dunque, potrebbe anche essere superiore. Il che smentisce l’affermazione fatta dalla premier italiana Giorgia Meloni in Parlamento il 21 marzo scorso, secondo cui «dire che l’invio di armi a Kiev toglie risorse agli italiani è una menzogna». «L’affermazione della presidente del Consiglio appare essere poco fondata, proprio per la natura del meccanismo di sostegno militare implementato già poche settimane dopo l’invasione russa, ed è già stata smentita in passato da analisi sia nostre sia condotte da altri», hanno scritto i ricercatori dell’Osservatorio.
L’assenza di spese militari viene giustificata col fatto che all’Ucraina vengono inviate armi che l’esercito italiano non usa più. Dunque, le uniche spese sarebbero quelle di spedizione, che comunque non sono trascurabili. In realtà, puntualizza Mil€X, dovranno essere individuati nuovi fondi per il ripristino delle scorte. D’altronde era stato proprio il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a dichiarare esplicitamente lo scorso 25 gennaio, durante un’audizione parlamentare, che l’Italia dovrà comprare di nuovo le armi che ha spedito gratuitamente: «L’aiuto che abbiamo dato in questi mesi all’Ucraina – ha dichiarato – ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale».
Ai costi per ripristinare le scorte si aggiungono ora le ingenti cifre per acquistare i Leopard 2 di cui saranno forniti dettagli più precisi con il prossimo DPP 2023-2025. Oltre a distrarre risorse a importanti settori della spesa pubblica che andrebbero maggiormente finanziati, la corsa agli armamenti non fa che prolungare il conflitto rendendolo ogni giorno più cruento per via dell’utilizzo di armi sempre più pericolose: le ultime in ordine di tempo sono le bombe a grappolo, vietate da un’apposita convenzione. In ogni caso, l’Italia non può esimersi – data la sua subordinazione all’Alleanza atlantica – dalla necessità improrogabile, messa in evidenza dai vertici della Nato, di avere a disposizione una massa di manovra corazzata di alto livello per qualunque evenienza, a partire – verosimilmente – dal supporto a Kiev, che continua ad essere il principale obiettivo del blocco atlantico.
[di Giorgia Audiello]
Fonte: lindipendente.online