Fine spiegato semplice.
Di Federico M. Urbano, ComeDonChisciotte.org
L’organizzazione militare CSTO (Collective Security Treaty Organization), istituita tramite trattato nel 1992 tra Stati che non hanno voluto recidere i legami col loro comune passato sovietico, non ha mai pienamente dimostrato le proprie capacità sul campo fino al gennaio 2022. Difatti, essa, nel corso della sua pressoché inerte influenza in termini militari, e che parallelamente lega quasi gli stessi membri in una Unione Economica, non ha avuto bisogno di dispiegare truppe, se non, come nell’episodio emblematico qui analizzato, a livello di mantenimento “poliziesco”, seppur ausiliario, dell’ordine pubblico.
E tale episodio ha avuto luogo in un Paese come il Kazakhstan, nell’Asia Centrale di cui da sempre la geopolitica si è interessata, essendo la terra del classico Grande Gioco ottocentesco delle Grandi Potenze, ha dimostrato come il ricorso alla forza di cui potrebbe approfittare, non sia che un’operazione di polizia volta ad evitare guerre civili e sovvertimenti dello status quo, data la sua lunga repressione democratica. Non sfugge difatti come tale Paese sia stato caratterizzato fin dalla sua indipendenza da una guida autoritaria trentennale come quella di Nursultan Nazarbayev, il quale riuscì ad essere rieletto per più mandati, finché si avvertì nel Paese il bisogno di allentare le pressioni sulla società e l’opposizione.
L’elezione di Kassym-Jomart Tokayev come nuovo Presidente nel 2019 sembrò diretta in questo senso permettendo che le forze di polizia allentassero le repressioni su proteste e sull’opposizione politica, in maniera però fallimentare: le elezioni parlamentari del 2021 furono addirittura boicottate, non considerate degne di nota da parte dei partiti di opposizione.
Tuttavia, se sotto Nazarbayev nel 2011 si erano avute tensioni e sollevazioni, segno di un serpeggiante senso di oppressione, culminato in arresti, qualche vittima civile ed ad un giro di vite nei confronti dell’opposizione, fu con i fallimenti di Tokayev che la situazione si ripeté in maniera più decisa ad inizio 2022: all’indomani della messa in opera di un processo di liberalizzazione si decise di eliminare il tetto al prezzo sul gas liquefatto, ma tale azione si rivelò nefasta, portando al raddoppiamento di tale prezzo del gas e conseguentemente massicce proteste ebbero inizio. La tardiva retromarcia rappresentata dalla reintroduzione del tetto ai prezzi mostrò come le rivolte fossero dettate in realtà da un’insofferenza verso la mancanza di un trasparente processo democratico decisioniale e si domandava a tal fine un decisivo cambiamento ai vertici [1].
Reprimere come una normale azione di polizia delle rivolte non dettate da una mera richiesta economica si dimostrò per il governo kazako insufficiente, tant’è che il 5 gennaio Tokayev richiese l’intervento della CSTO per evitare lo scatenarsi di una guerra civile, potenzialmente volta al sovvertimento della classe politica esistente. Appare pertanto curioso come un’alleanza militare così tanto sostenuta dalla Federazione Russa non abbia come fine che quello del mantenimento dello status quo della politica interna dei suoi membri, piuttosto che quello di garantire la propria sopravvivenza verso nemici esterni che vorrebbero ridurre l’area post-sovietica ad un relitto del passato, attraverso meri mezzi militari.
L’ingresso nel Paese di truppe variegate, rappresentanti i vari membri che compongono l’alleanza (russi, bielorussi, armeni, tajiki, kirghizi), non allontanò il sospetto di alcuni gruppi nazionalisti o filo-occidentali interni al Paese che si trattasse di un ennesimo tentativo della Russia di interferire nelle politiche di un suo vicino, per poi rimanervi. Pertanto, questo intervento militare coordinato venne percepito come un’invasione russa [2], potendo al caso attribuire delle responsabilità all’inviso vicino per ogni tipo di vittima civile che ne potesse derivare. Questa diffidenza non si tradusse in nulla di ciò che era stato temuto, dato che il ritorno alla calma venne raggiunto, evitando contatti ravvicinati con la popolazione, e nell’arco di dieci giorni le truppe CSTO non ebbero alcun motivo di rimanervi: a dimostrazione di quale approccio caratterizzasse le truppe straniere si noti come fin dall’inizio era stato affermato come la missione dell’”alleanza post-sovietica” non fosse altro che quella di controllare le infrastrutture ed occuparsi di attività secondarie, mentre l’esercito nazionale poteva in prima persona occuparsi di fronteggiare le rivolte [3].
Se in tale evento possiamo parlare di azione di polizia, in qualche modo collaterale a quella principale che il Kazakhstan non si dimostrava in grado di fronteggiare da solo, potremmo dedurne, anche sulla scorta di simili scenari nell’era putiniana, che questo grande gigante geopolitico abbisogni di stabilità ai suoi confini, essendo ancora tangibili gli effetti destabilizzanti del crollo del loro cosiddetto impero. I separatismi e/o le rivendicazioni delle minoranze dell’area caucasica hanno portato a dei sanguinosi esiti nell’arco degli anni Duemila, tra Chechnya e Ossezia, e la presa di potere di personaggi che hanno cercato di porsi come unico punto di riferimento per più decenni ha generato un senso di malsopportazione e bisogno di sovvertimento politico, che inevitabilmente si manifestarono solo quando costoro abbandonarono il potere.
Nel caso kazako, uno Stato tendente inevitabilmente ad un atteggiamento bifronte, data la collocazione geopolitica tra Oriente e Occidente, il longevo periodo di Nazarbayev ha permesso ai capitali statunitensi di investire e sembra che la Federazione Russa abbia sentito la necessità di rispondere alla chiamata di Torayev di fronte ad un sospetto di attività potenzialmente dannose nei laboratori biologici statunitensi installati nella città di Almaty; a tal proposito si sottolinei come tra le infrastrutture meritevoli di protezione vi fossero proprio questi laboratori, che alla fine non vennero presidiati per volere delle autorità. Inoltre, a fianco di strutture straniere indirizzate a scopi scientifici, non sfugge come gli ultimi dieci anni abbiano dimostrato l’opportunità di poteri lontani da quelle aree, che siano anche nord-africane o medio-orientali, di destabilizzare l’assetto socio-politico, grazie alle rivoluzioni colorate ed in maniera più marcata da un profondo malcontento in Paesi sì autoritari, ma che avevano in aggiunta perso la propria legittimità ed autorevolezza.
Se in tale evento possiamo parlare di azione di polizia, in qualche modo collaterale a quella principale che il Kazakhstan non si dimostrava in grado di fronteggiare da solo, potremmo dedurne, anche sulla scorta di simili scenari nell’era putiniana, che questo grande gigante geopolitico abbisogni di stabilità ai suoi confini, essendo ancora tangibili gli effetti destabilizzanti del crollo del loro cosiddetto impero.
Un altro elemento della società kazaka era quello della parcellizzazione in clan che per qualunque agente interno ed esterno avrebbe potuto rappresentare un grimaldello utile a scardinare il sistema di potere; a tale parcellizzazione si aggiunga l’indebolirsi del sistema di potere di Nazarbayev, costretto ad operare delle lievi riforme costituzionali e ad individuare una nuova classe politica che potesse proseguire la propria opera, mosse che devono essere state avvertite come una prova di debolezza che quegli attori potevano utilizzare per destabilizzare l’assetto sociale, malgrado i nuovi volti individuati e gli obiettivi che si volevano perseguire nel post-Nazarbayev.
Pertanto, il coordinamento tra le forze del CSTO per garantire la stabilità del potere e contrastare qualsiasi tentativo di destabilizzazione, soprattutto se accadono ai confini del grande gigante russo, potrebbe dimostrare come azioni di polizia e deterrenza, evitando di agire in prossimità dei civili e scegliendo con attenzione ogni eventuale intervento (la CSTO aveva evitato di essere coinvolta in precedenza tra il 2020 ed il 2023, eventualmente a supporto dell’Armenia nei confronti di atteggiamenti bellicosi dell’Azerbaijan [4]), si dimostrino strumenti essenziali nel delineare la sua ragione di esistere. Qualunque tipo di rivoluzione colorata che si voglia introdurre rischierebbe di essere troncata sul nascere, attraverso l’impiego di truppe di mantenimento della pace e senza ricorso ad armi pesanti: ad esempio, attraverso una più profonda gestione delle infrastrutture che già appartenevano alla Russia e una organizzazione capillare volta a manterene un assetto di pace, simili tentativi di rovesciamento del potere si ripeteranno con estrema difficoltà negli altri Paesi CSTO, una volta individuate le forze occidentali o altre più spiccatamente terroristiche che potrebbero soffiare in tale direzione.
Prova del prestigio dell’azione è che il Kazakhstan uscì da questa crisi nell’arco di pochi giorni e senza eccessivi strascichi sociali, cementificando il proprio rapporto con la Federazione russa. Ad ogni modo, il fabbisogno militare per modernizzare le proprie Forze resta un elemento di attrazione per i vari Paesi dell’Asia Centrale a vantaggio dei venditori occidentali, come la visita dell’autunno 2023 da parte del Presidente Emmanuel Macron ha dimostrato; inoltre, nello stesso mese, l’USAID, organo di sviluppo economico volto allo stesso tempo ad apportare un cambiamento sociale nei Paesi assistiti, ha espresso l’interesse di entrare nel Grande Gioco, promettendo ai vari Paesi dell’Asia Centrale di godere di un processo di modernizzazione delle infrastrutture energetiche, a causa di impianti oramai desueti di epoca sovietica. In tal modo questo organo si potrebbe garantire un posto di primo piano nello sfruttamento dell’energia del Kazakhstan e degli altri Stan, ottenendo anche un capillare estendersi della propaganda, volta a privare tali società di una essenziale politica distensiva verso la Russia [5].
Conseguentemente l’Occidente, sulla scorta di questi tentativi, sembra trovarsi in difficoltà nel partecipare a questo Grande Gioco del terzo millennio, dato che l’Asia Centrale, nella sua compagine di più Paesi, non cederà facilmente al luccichio dei gioiellini militari, rimanendo nel complesso vicina ai propri partner ex-sovietici e turcofoni. Come la Turkiye è sempre stata in grado di smarcarsi da collocazioni definite, in quanto membro NATO con un suo approccio indipendente di amore/odio verso la Federazione Russa, anche il Kazakhstan non si rivela facilmente catalogabile e gestibile per l’Occidente. Da un punto di vista militare la decisione di prossima attuazione di rinnovare il proprio Stato Maggiore integrando ufficiali formati nelle scuole militari russe dimostra una fiducia insperata verso il proprio potente vicino [6] .
Quale che sia l’esito della proposta degli Stati Uniti di convincere questi Paesi ad un’effettiva modernizzazione, notiamo che l’incontro amichevole franco-kazako non porterà ad alcun tipo di vantaggio schiacciante per la compagine occidentale, sia perché la Francia si è alla fine vista rifiutare l’offerta di vendere dei velivoli militari lo scorso novembre, sia perché politicamente il Kazakhstan continuerà a dimostrare di avere una visione più allineata a quella della dirigenza russa, come sopra sottolineato da un punto di vista militare, se non di prospettive geopolitiche. Prova ne è che, nell’ambito della politica estera statunitense di accerchiamento della Russia, tentando allo stesso tempo di godere della riserva di uranio più ricca al mondo in territorio kazako (40% dell’intero pianeta) e allineare il Kazakhstan alle posizioni NATO, il Segretario di Stato Blinken, come anche il Presidente Macron, non potrà che restare a guardare il rafforzamento dell’alleanza kazako-russa [7].
Di Federico M. Urbano, ComeDonChisciotte.org – CDC Geopolitica
17.01.2024
NOTE
[1] https://www.britannica.com/place/Kazakhstan/Independent-Kazakhstan
[2] Actualités mondiales & françaises, https://t.me/actualiteFR/15819, 10 gennaio 2022
[3] Colonelcassad https://t.me/boris_rozhin/19057, 06 gennaio 2022
[4] Il Nagorno Karabakh attaccato dalle forze azere non era considerato territorio armeno che richiedesse la sua difesa, in quanto parte di uno Stato dell’alleanza, mentre in altre occasioni il Presidente armeno non fece richiesta di mutuo soccorso, malgrado sotto minaccia bellica.
[5] Рыбарь https://t.me/rybar/54431, 23 novembre 2023
[6] Actualités mondiales & françaises, https://t.me/actualiteFR/22334, 24 novembre 2023
[7] Janusz Bugajski, https://thehill.com/opinion/international/4405023-engage-central-asia-and-keep-it-from-falling-back-into-russias-orbit/, 16 gennaio 2024
Fonte: comedonchisciotte.org