Nel silenzio generale l’UE ha rinnovato gli accordi di trasferimento dati con Israele

Spiegato semplice

L’Europa ha deciso di continuare a condividere informazioni digitali con altri paesi, compreso Israele. Alcune persone sono preoccupate perché Israele è famoso per spiare e non sempre protegge le informazioni private delle persone come dovrebbe. Inoltre, Israele è stato criticato per non seguire le regole internazionali e per come tratta le persone in Palestina. Gruppi che si occupano di proteggere i diritti delle persone e dellasu internet non sono contenti e vogliono che l’Europa ripensi questa decisione.

Fine spiegato semplice.

Il 15 gennaio, senza troppe cerimonie e nella disattenzione generale, l’Unione Europea ha rinnovato tutta una serie di accordi legati al trasferimento dei dati digitali europei verso nazioni extra-UE. Questo genere di accordi è sempre soggetto a criticità strutturali: l’impegno di tutelare la privacy preservando gli alti standard europei raramente rientra in cima alla lista degli interessi dei poteri riceventi. Quest’ultimo aggiornamento si assesta però in un contesto ulteriormente problematico e sta lentamente sollevando un certo sdegno, se non altro perché tra le nazioni coinvolte figura Israele

Lo scambio di dati tra Paesi di tutto il mondo è d’altronde una pratica consuetudinaria, se non addirittura obbligatoria. Questo genere di informazioni si legano ormai alla diplomazia, alla ricerca e, soprattutto, all’economia e alla finanza. Gli ostacoli burocratici e il conseguente rallentamento delcomporterebbe un contraccolpo al giro di affari delle imprese, ormai quasi tutte lanciate verso il Mercato 4.0. Il mantra della “digitalizzazione” guida in maniera molto esplicita i progetti e le fantasie di crescita statali, quindi la politica è disposta a compiere salti mortali e a piegare la legalità pur di assecondarne il progresso.

La decisione di trasferire liberamente i dati da e versorisale ormai al 31 gennaio 2011, non è certamente una novità, tuttavia la riconferma avvenuta a gennaio è caduta nel pieno di una serie di sconvolgimenti geopolitici: Tel Aviv, è impegnata in una sanguinosa campagna contro Hamas e viene coralmente accusata di compiere crimini di guerra, se non addirittura di star eseguendo sistematicamente un genocidio. Il dubbio di molti è dunque che un Governo incapace di rispettare iessenziali risulti poco credibile quando promette di tutelare la riservatezza delle informazioni ricevute dagli alleati. Il fatto che Israele sia celebre per le sue aziende specializzate nello spionaggio e per le sue politiche di sorveglianza, non aiuta a placare gli animi.

Secondo l’UE, la Direttiva del 2011 è da rinnovare poiché la gestione della privacy israeliana è adeguata e proporzionale alle necessità di difesa della sua intelligence. Non sono della stessa opinione le associazioni per i diritti umani e digitali. Undici gruppi – tra cui Amnesty International, AccessNow ed Edri – hanno firmato a fine aprile una lettera aperta in cui chiedono di rivedere la decisione, sollevando tutta una serie di osservazioni tecniche.

Nello specifico, le organizzazioni lamentano che le riforme israeliane mettano a rischio le norme internazionali, che le leggi di protezione dei dati di Israele e dell’Unione Europea non siano allineate, che Israele sia nota per le sue pratiche di sorveglianza, che la gestione dei dati nei territori occupati dellasi muova in contesti alquanto torbidi, che la Commissione UE non abbia adeguato potere per influenzare i processi decisionali di Tel Aviv e, soprattutto, che Israele sia accusata da più parti di non rispettare le leggi internazionali. In sintesi, le associazioni per i diritti trovano che “il corrente contesto a Israele e nei territori occupati della Palestina ha esacerbato l’inosservanza dello Stato di diritto, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei dati personali ai fini degli scopi di sicurezza nazionale”.

[di Walter Ferri]

Fonte: lindipendente.online

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