Fine spiegato semplice.
di Fosco Giannini*
La grande Vittoria del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, dell’Armata Rossa e del popolo sovietico contro le orde nazifasciste, contro il più grande esercito della storia dell’umanità, la Wehrmacht – che terrorizzava e minacciava non solo l’Europa ma il mondo intero – fu un evento liberatore di così grande portata che si impresse per sempre nell’animo e nella coscienza del popolo sovietico e, per sempre, del popolo russo. Come si impresse nell’animo e nella coscienza dei popoli del mondo.
Cosicché, mentre nei decenni successivi alla Vittoria dell’Armata Rossa sulla Wehrmacht la cultura dominante capitalistica e filo americana lavorava per rimuovere dalla coscienza di massa occidentale l’immensa portata morale e politica della Vittoria, in Unione Sovietica, che aveva vissuto sulla propria pelle l’orrore nazifascista, la Vittoria non si dimenticava, essa si perpetuava, sempre la si disseminava nelle coscienze delle nuove generazioni, attraverso la storia da studiare e non dimenticare nelle scuole, attraverso l’arte, la letteratura, il cinema. Attraverso l’edificazione di monumenti che dopo tanti anni dalla Vittoria la rievocavano.
Fu così anche per la grande statua della Madre Patria, edificata su di un’alta collina di Kiev e inaugurata il 9 maggio 1981. La statua per la Vittoria contro Hitler, Mussolini e l’intero esercito nazifascista, è alta 102 metri e costruita in titanio e fu concepita come parte del Museo della Grande Guerra Patriottica.
L’intero monumento, compreso il basamento in calcestruzzo armato, pesa 560 tonnellate. La “Madre Patria” tiene al braccio destro una spada lunga 16 metri e pesante 9 tonnellate, e al braccio sinistro uno scudo che misura 13 metri per 8, con lo stemma dell’Unione Sovietica. In una grande sala del Memoriale vi sono delle placche marmoree con incisi i nomi di oltre 11.600 soldati e oltre 200 operai del fronte sovietico morti nella lotta di Liberazione dal nazifascismo, onorati col titolo di eroe dell’Unione Sovietica.
Bene: questa statua che parla direttamente e profondamente del cuore antifascista e antinazista sovietico e russo, che parla del sentimento antifascista e antinazista mondiale, lo scorso 4 luglio, giorno dell’indipendenza americana, è stata, con fasci di luci, con un gioco di riflettori, “vestita” con la bandiera degli Stati Uniti d’America.
Un insulto alle sofferenze del popolo sovietico in lotta contro il nazifascismo, un insulto ai venti milioni di sovietici morti per la libertà dell’Unione Sovietica e del mondo, un insulto deliberato e vomitevole a tutte le lotte di resistenza antifascista e partigiana, da quelle contro il nazifascismo di Hitler e Mussolini, che mise a ferro e a fuoco l’intera Europa, alle lotte partigiane contro le dittature fasciste architettate e sorrette dagli Usa e dalla Cia, da Stroessner a Pinochet, da Batista a Videla, da Somoza ai colonnello greci.
La scelta di Zelensky di trasformare la statua della Madre Patria e della Resistenza Sovietica all’invasione nazifascista in una statua del potere imperialista nord americano la dice lunga, se mai ce ne fosse stato bisogno, sulla vera natura codina, vigliacca, filo americana, filo imperialista e collaboratrice domestica della NATO del comico ucraino divenuto, per volontà americana, “presidente” dell’Ucraina e braccio politico-militare degli USA e della NATO in Ucraina, ai confini della Russia, ai confini del mondo multilaterale.
C’è stato qualcosa di fortemente simbolico, qualcosa di fortemente evocativo che dovrebbe far tremare Zelensky, il Battaglione Azov, tutti i neo “banderisti”, tutti i quadri e i militanti nazifascisti che in Ucraina, oggi, perseguitano, terrorizzano, imprigionano e uccidono i comunisti e ogni altra opposizione: la volgare e spudorata illuminazione della statua della Madre Patria con i colori della bandiera nord americana non ha potuto cancellare lo stemma sovietico collocato nel grande scudo della statua, che nella luce, come un monito, si è ancor di più evidenziato, a indicare che la l’attuale nazifascismo di Zelensky e degli USA, come già quello di Hitler e Mussolini, non passerà e che di nuovo, la Vittoria, sarà antifascista.
Già lo scorso anno Zelensky, in servile omaggio a coloro che gli forniscono miliardi di dollari, di Euro ed armi per interi eserciti, aveva dato ordine di rimuovere il simbolo sovietico dalla statua della Madre Patria eretta a Kiev, (ordine che fu esteso ad ogni simbolo sovietico e comunista in tutta l’Ucraina, assieme alla messa al bando del Partito Comunista dell’Ucraina) ma questo ordine non fu eseguito e lo scorso 4 luglio, nei fasci di luce che hanno vestito la Madre Patria con quella bandiera yankee che gronda del sangue di ogni popolo della terra, lo stemma sovietico che rievoca la Vittoria e la Liberazione dal nazifascismo è tornato a splendere, più denso di futuro che mai.
Kostantin Simonov era un giornalista sovietico, un corrispondente di guerra che sin dai giorni successivi il 22 giugno 1941 – inizio dell’aggressione nazifascista all’URSS – condivideva le sofferenze e “il senso della morte” che calava sui soldati dell’Armata Rossa schierati sulle linee di difesa della Patria. Simonov, in quei giorni così bui e terrificanti, sotto il tuono dei bombardamenti della Wehrmacht, scrisse una poesia (“Aspettami”) per la sua ragazza.
Una poesia considerata dallo stesso Simonov “intima”, lontana dai canoni del realismo letterario sovietico e che dunque, per lo stesso poeta, da non pubblicare. Ma quando, al fronte, Simonov leggeva la sua poesia ai soldati sovietici, essi la trovavano così bella, ne erano tanto colpiti da trascriverla sui loro taccuini o da impararla a memoria. E fu proprio sotto la spinta delle donne e degli uomini sovietici in prima linea che la poesia “Aspettami” fu poi pubblicata sul giornale dell’Armata Rossa, “Krasnaja Zvezda».
E noi la riproponiamo, per dire che per la nuova Vittoria sul nazifascismo a stelle e strisce di Zelensky c’è, nella lotta e nella Resistenza antifascista dei soldati russi dell’Operazione Speciale sui fronti ucraini, solo da aspettare.
Aspettami
Aspettami ed io tornerò,
ma aspettami con tutte le tue forze,
aspettami quando le gialle piogge
ti ispirano tristezza,
aspettami quando infuria la tormenta,
aspettami quando c’è caldo,
quando più non si aspettano gli altri,
obliando tutto ciò che accadde ieri.
Aspettami quando da luoghi lontani
non giungeranno mie lettere,
aspettami quando ne avranno abbastanza
tutti quelli che aspettano con te.
Aspettami ed io tornerò,
non augurare il bene
a tutti coloro che sanno a memoria
che è tempo di dimenticare.
Credano pure mio figlio e mia madre
che io non sono più,
gli amici si stanchino di aspettare
e, stretti intorno al fuoco,
bevano vino amaro
in memoria dell’anima mia …
Aspettami. E non t’affrettare
a bere insieme con loro.
Aspettami ed io tornerò,
ad onta di tutte le morti.
E colui che oramai non mi aspettava
dica che ho avuto fortuna.
Chi non aspettò non può capire
come tu mi abbia salvato
in mezzo al fuoco
con la tua attesa.
Solo noi due conosceremo
come io sia sopravvissuto:
tu hai saputo aspettare semplicemente
come nessun altro.
* Direttore di Cumpanis
Fonte: lantidiplomatico.it