Fine spiegato semplice.
L’Intelligenza artificiale è ovunque: intorno a noi, nelle conversazioni, nei post, nelle immagini da lei generate così come nelle parole messe sapientemente in ordine da questo grande cervello invisibile. Anche il mondo della moda, sempre attento alle ultime tendenze, non è rimasto immune al nuovo gioco, sperimentando l’AI in ogni aspetto dell’industria, dalla fase di progettazione fino alla gestione delle scorte. Modelle comprese. Ebbene sì, quella che sembrava una realtà distopica figlia della mente di un regista visionario, è diventata reale: le identità si generano e si rubano, le modelle virtuali imperversano e personaggi famosi iniziano a vendere i diritti all’immagine all’intelligenza artificiale (con dubbie conseguenze).
Aitana e le sue “sorelle”
È stato il primo caso di modella completamente generata con l’AI, Aitana Lopez, la venticinquenne di Barcellona dai capelli rosa e dal fisico praticamente perfetto. Corteggiata, amata, seguita da 271 mila follower e pagata discretamente bene per essere una senza spese. Aitana c’è, ma non esiste, si muove ma non consuma, lavora e fattura, ma non ha bisogno di pagare l’affitto. È l’invenzione di Ruben Cruz, capo dell’agenzia di modelle The Clueless, che per risollevare l’azienda in un momento buio ha pensato bene di dare ai propri clienti esattamente quello che volevano. Un esperimento ben riuscito, un prodotto studiato a regola d’arte che ha saputo soddisfare le richieste più esigenti e nello stesso tempo ingannare la percezione del pubblico, ormai sempre più confuso dalla linea sottile che divide personaggi reali da quelli elaborati da algoritmi complicati. Il successo occasionale di Aitana ha aperto la pista ad un vero e proprio filone di personalità virtuali, diventate testimonial di marchi più o meno noti o che si stanno facendo strada tra le influencer reali. È il caso di Emily Pellegrini, Lexi Love o dell’ultima arrivata made in Garbatella Francesca Giubelli, modella e food/travel blogger romana, che in pochi giorni dal lancio del suo profilo ha già conquistato più di 8000 follower. Mentre si moltiplicano i personaggi, cresce anche il numero di vere e proprie agenzie di modelle artificialmente generate; e, se da un lato c’è chi festeggia alla prossima rivoluzione del sistema, dall’altro c’è chi teme che lo strumento, se non opportunamente regolamentato, sfugga di mano.
L’inesistente tutela sulla propria immagine
In parte è già sfuggito e, proprio grazie all’assenza di tutela del copyright, molte modelle hanno scoperto di non avere diritti sul proprio corpo. È stato il caso di Nassia Matsa, modella greca residente a Londra, che ha lavorato per Prada, Balenciaga e Burberry, e che un giorno si è vista stampata su un autobus nella pubblicità di una compagnia di assicurazioni… per la quale non aveva mai lavorato. Ha riconosciuto i propri lineamenti, la posa, i capelli e il trucco, tutti molto simili ad uno shooting realizzato nel 2018 per una rivista parigina. Qualche mese dopo, stessa compagnia, immagine diversa, quella di una sua collega. Sono bastate poche ricerche per capire che corpi e volti erano stati presi dall’intelligenza artificiale senza nessun permesso ma, poiché le norme sull’uso di questo strumento sono ancora molto opache, non è stato possibile fare nulla al riguardo. Casi come il suo si sono ripetuti e stanno destando preoccupazione nell’ambiente, come rilevato sia dal gruppo di difesa The Model Alliance sia dalla Model’s Trust, azienda che si occupa di tutelare modelli e modelle.
Le battaglie etiche e legali tra l’intelligenza artificiale e il mondo creativo sono appena iniziate (e dureranno ancora per parecchio). Mentre per l’arte e la musica alcune leggi sul copyright funzionano, quando si tratta di caratteristiche fisiche i confini magicamente si sfumano. Quando si entra in ambito moda, poi, le modelle automaticamente cedono ai committenti (solitamente i marchi per cui lavorano) i diritti delle immagini che vengono scattate per ogni editoriale o servizio commerciale. Quindi la vera domanda è: chi possiede davvero la loro identità? I fotografi, i brand o tutti?
Da un punto di vista puramente etico suona abbastanza ovvio che le persone dovrebbero avere diritti di utilizzo su tutto ciò che le riguarda fisicamente (corpo, volto, pose, espressioni, ecc); ma legalmente? Al momento non esistono risposte concrete; questo tipo di intelligenza artificiale generativa è un ambito nuovo ed i sistemi legali non sono opportunamente aggiornati, benché stiano cercando di mettersi al passo, soprattutto per quanto riguardo la proprietà intellettuale e le violazioni del diritto d’autore.
I dubbi in merito sono tanti e, oltre alla questione del controllo della propria immagine, c’è la preoccupazione (reale) che questi personaggi virtuali possano sostituire le indossatrici in carne e ossa. Dopotutto questa corsa al modello perfetto sapientemente creato a tavolino fa gola a molti, ma potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. E in un’industria che crea costantemente modelli da emulare, trovarsi di fronte ad una bellezza irreale stereotipata potrebbe essere l’ennesima leva per alimentare insicurezze e senso di inadeguatezza.
Chissà se la moda sarà pronta a trovare un equilibrio tra innovazione ed umanità, senza creare ulteriori danni.
[di Marina Savarese]
Fonte: lindipendente.online