[VIDEO] Attacco a mosca

Spiegato semplice

C’è stata una situazione molto confusa e pericolosa in un posto lontano, dove molte persone hanno cercato di capire chi ha fatto una cosa molto brutta che ha fatto male a molte altre persone. Alcuni pensano che sia stato un gruppo cattivo che si chiama ISIS, altri pensano che siano stati i russi stessi a farlo per far credere che qualcun altro li stesse attaccando, e altri ancora pensano che siano stati i nemici della Russia. Ma nessuno sa davvero chi è stato e tutti cercano di indovinare. Nel frattempo, tutti i grandi capi del mondo dicono di essere tristi per quello che è successo, anche se di solito non vanno d’accordo con la persona che comanda in quel posto, che si chiama Putin.

Fine spiegato semplice.

Analizziamo insieme le varie ipotesi, teorie e immagini che si sono susseguite da ieri in modo frenetico.
Dall’ipotesi false-flag, all’ipotesi Kiev, coinvolgimento dell’Isis fino al drammatico annuncio didi stamattina.
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Trascrizione del video

Il mondo è una polveriera in cui non è vietato fumare. Questo lo diceva Dürenmatt. Così lo scrittore svizzero di Metà900 definiva lo stato di precarietà di quel mondo in cui calava i suoi personaggi. Ma è anche il nostro mondo. Anche noi abbiamo continuato a fumare allegramente vicino alla polveriera. E mi sembra di notare che sta cosa ancora in troppi non riescono a capirla, nemmeno alla luce degli eventi di ieri sera. Perché non c’è altro modo di descriverlo. In questo quadro generale, in questa polveriera, l’unica cosa certa è che a un certo punto non conta nemmeno sapere dove sia di casa la verità, ma conta solo quella che viene recepita come la verità. Sarà infatti su quella che si genereranno le reazioni. Sarà da lì che partiranno tutta una serie di eventi. Eventi che da due anni a questa parte vedono sempre solo un’unica vittima sacrificale, che sono i civili ucraini. Ma, come sempre, andiamo per gradi, perché la questione è complessa, contorta e le conseguenze possibilmente fatali. Quello che stiamo andando ad affrontare non è per niente unsemplice. Quindi dobbiamo cercare di affrontarlo per gradi, partendo proprio da quello che è successo ieri. Al Krakus City Hall, la grande sala concerto a Krasnogorsk, Moscow, è pieno di gente. A un certo punto, però, un commando, almeno cinque uomini in mimetica, irrompono e all’improvviso si sentono solo spari e urla. I morti cominciano a sommarsi. Le prime voci dicono 40, poi 60, poi 80, poi oltre le 90, riportano alcune testate. E con questa identica conta anche i feriti. Due terzi dell’edificio sono in fiamme e almeno tre squadre di reparti speciali intervengono per dare la caccia agli assalitori. Mosca è blindata, si sentono solo gli elicotteri e l’ambulanza e nel mondo, da quel momento, non si capisce più nulla. Tutti sono alla ricerca di un colpevole. Però intendiamoci, eh? Ognuno al suo. Cominciano a susseguirsi notizie di ogni tipo, alcune fin troppo precipitose. Talmente tanto che non fanno neanche in tempo ad essere pubblicate sui canali Telegram che un minuto dopo sono già smentite. Ad esempio, viene diffusa una lista di islamisti ceceni che si dice essere i ricercati dall’FSB russo. Nemmeno un minuto dopo la notizia è già falsa. Viene trovato un sospetto minivan bianco nel parcheggio del Crocus. La targa è ucraina, si sente dire. Dopo un minuto, anzi no, è bielorussa. Anzi, sembra, forse, non si sa. Uno degli aggressori è stato catturato, indossava un distintivo con una bandiera, ma non si sa quale sia. Anzi, forse non è nemmeno uno degli attentatori. Forse è un blogger che stava facendo una diretta in streaming ed è stato solo fermato e perquisito. Improvviso, spunta anche una rivendicazione da parte dell’ISIS. Le testate ci si fiondano a capofitto, ma ci sono molti dubbi. Per qualche ora, dunque, è il panico, ve ne sarete accorti tutti. Nessuno capisce nemmeno che cosa sta succedendo, ma già sono partite le speculazioni di ogni genere e tipo, ognuno sulla base delle proprie personali considerazioni. Ognuno comincia ad allinearsi alla propria personale teoria. Di cose certe, in tutto questo marasma ce ne sono solo due. La prima è che con una nota stringata del 7 marzo, l’ambasciata americana a Mosca aveva anticipato l’attentato individuando come obiettivo sale e concerti, ma aveva sbagliato i tempi, perché la nota citava un arco di 48 ore, mentre l’attentato si è consumato 15 giorni dopo. Il secondo dato certo è che il momento in cui questo attentato avviene è un momento particolare. Putin è stato appena riconfermato presidente con quelle elezioni così contestate dall’Occidente. Il summit dei 27 si è appena concluso senza arrivare al risultato dell’invio di truppe tanto decantato, ma abilmente scansato in climati europei. La glissidra dell’Ucraina scorre. Gli analisti le danno al massimo 2-3 mesi di vita. Insomma, è una polveriera nel vero senso della parola dalla quale non si può escludere nulla. E intendo veramente nulla. Le teorie che in pochissime ore vengono formulate sono varie. È stato l’Isis? Sono stati gli Ucraini? È stata una false flagga e i russi si sono fatti l’attentato da soli? Nessuno sa o può sapere chi è stato. Ma ogni tifoseria calcistica che in questi due anni abbiamo imparato ad apprezzare assicura che la propria squadra non è stata. Gli Stati Uniti, ad esempio, non hanno idea di chi sia stato, ma sanno per certo chi non è stato. Non sono stati gli Ucraini. Ognuno, in pratica, assolve chi gli pare. E si cerca sempre di togliere qualcuno dal tavolo dei sospettati. La diffidenza, però, è palpabile se si ragiona anche in base ai precedenti. Diciamo che dalla Dughina, al Ponte di Kerch, al Nord Stream, al Missile in Polonia è in due anni se ne è caduto di verità che non erano manco per niente verità. Attenzione, non sto dicendo che siano stati gli Ucraini. Sto dicendo che non si può assolvere nessuno sulla base della parola data. Le opzioni messe in campo, infatti, sono tante e non riguardano solo gli Ucraini. E ognuna di queste opzioni ha dei principi di serietà e dei principi di assurdità. E il massimo che noi possiamo fare è procedere da quella che possiamo tendenzialmente escludere a quella che sembra essere più concreta. Proviamo, quindi, ad esaminarle una per una. La prima è, appunto, l’opzione false flag. La teoria che i russi si sono fatti l’attentato da soli. Una teoria che, tra l’altro, già dai primi minuti sembrava che stesse prendendo molto piede. Decantata anche in dichiarazioni televisive. Anzi, secondo me, non dobbiamo veramente escludere che è un attacco progettato dal Cremlino per dire al popolo vedete, ci stanno minacciando, siamo in pericolo. E questa, per me, è in assoluto la più fragile delle teorie. E attenzione, non perché le false flag non esistono, ma, anzi, in contesti di guerra le false flag esistono e come ne abbiamo anche abbondantemente parlato di casi in questo canale. Ma a renderla, diciamo, poco probabile è la relazione con il momento. Immaginare un Putin che ha una settimana dalla sua rielezione, all’apice della sua affermazione come leader e questo piaccia o meno, quindi circondato da quest’aurea di inscalfibilità, dimostrando che l’Occidente, le sanzioni, la guerra non l’hanno neanche scalfito, che si autoinfligge un attentato a Mosca, dando quindi la percezione di essere tutto fuorché inscalfibile, dando quindi pure la percezione al suo popolo di non riuscirne a garantire la sicurezza entro i propri confini. Quindi, decidendo di demolirsi nell’immagine da solo, è, francamente, abbastanza improbabile come opzione. Anche se è vero che non si può escludere tutto, proprio considerando anche il fattore della propaganda. Spiego meglio. La propaganda è stata in questi anni talmente tanto martellante ed è riuscita ad arrivare a tali livelli di ridicolaggine che, anche se stavolta fosse vero, comunque nessuno darebbe corda a quest’opzione. La fazione ucraina, a mio avviso, ormai è avvolta in quello che io definisco il paradosso di Goebbels. Ci stiamo riferendo, chiaramente, al padre della propaganda tedesca che a un certo punto riuscì talmente tanto a ingarbugliare le carte da risultare, poi, assolutamente inattendibile anche quando aveva ragione. Un po’ la regola dell’allupo allupo, esattamente come nell’aprile del 1943, quando venne scoperta una carneficina di 6.000 vittime a Katyn, in Polonia, con un battaglione dell’SS che puntò il dito dritto contro i sovietici. L’entourage di Stalin rimandò al mittente le accuse. Si dovette aspettare il 1945 per scoprire, poi, che la responsabilità di quel massacro era effettivamente dell’Armata Rossa. Goebbels, per una volta, ci aveva ragione, ma non gli credette nessuno. Solti, quindi, gli effetti anche autodistruttivi che lapuò produrre, resta, comunque, un’opzione abbastanza fragile e, quindi, diciamo, passata come non particolarmente accreditata da tutti. La seconda opzione, molto più concreta, invece, è quella, appunto, che attribuisce la responsabilità all’ISIS. Anche, però, l’opzione intorno alla quale ho notato che gira molto scetticismo. In realtà, l’ipotesi terrorismo islamico in relazione allaun suo fondamento ce l’ha. Perché la Russia di Putin ha, in realtà, un lungo conto mai sanato con l’ISIS. Gli eventi di ieri hanno riaperto, nel cuore della Russia, delle ferite che avevano attraversato dei periodi terribili, soprattutto nell’arco di tempo che va dalla fine degli anni 90 a circa il 2004. Bombe esplodevano nelle palazzine delle periferie, nei teatri, nelle metropolitane, facendo centinaia e centinaia di morti. Ferite che convinsero la Russia all’intransigenza, alla tolleranza zero nei confronti del terrorismo. Dai ribelli ceceni alle cellule siriane. Paradossalmente, i due blocchi antagonisti di sempre, cioè gli Stati Uniti e la Russia, c’è soltanto una cosa in cui vanno in comunione di intenti, che è proprio la lotta al terrorismo. O questo, almeno, sulla carta. È il 2015 quando un disgelo tra le due superpotenze le porta a cercare spazi di collaborazione per una soluzione al conflitto in Siria. Alla 70° Assemblea Generale delle Nazioni Unite c’è l’incontro tra Barack Obama e Vladimir Putin, che è volto a parlare dei modi e delle opzioni per chiudere la partita siriana. È una collaborazione diffidente. Gli Stati Uniti restano in cuor loro convinti che la Russia stia attaccando civili e gruppi di opposizione e non lo Stato Islamico o altri terroristi perché Putin sia furtivamente un sostenitore del regime di Al-Assad. La Russia, invece, è dal conflitto afghano-sovietico, che è assolutamente convinta che il terrorismo sia una diretta conseguenza del supporto che gli Stati Uniti hanno dato ai mujahideen, armandoli, finanziandoli, organizzandoli fino al punto da renderli vera e propria organizzazione cosciente. Il tutto in chiave antisovietica, che abbiamo, infatti, già parlato anche in altri video. Quindi per la Russia sono gli Stati Uniti i principali responsabili di quella presa di coscienza che portò ilislamico ad organizzarsi. Al-Qaeda e proprio l’ISIS, che di Al-Qaeda è una costola, un lato della stessa medaglia. Ed è proprio nel conflitto afghano-sovietico e nella Siria che si delinea la complessità della situazione attuale. Cellule dalla Cecenia, dall’Uzbekistan, dal Kazakistan, che si sono addestrati proprio combattendo in Afghanistan, Siria, Iraq. Alcuni sostengono il califato di Abubakar al-Baghdadi, colui che prometteva di portare la guerra santa nel cuore della Russia di Putin, proprio perché era stata l’ascesa di Mosca al fianco di Damasco a cambiare le sorti del conflitto in Siria. Altri, invece, si sono avventurati negli Stati Uniti, dove sono stati accolti senza grandi problemi. Perché, come abbiamo detto, i mujahideen caucasi ci andavano molto bene agli Stati Uniti in chiave antisovietica. Ed è in questo contesto che Putin ha fatto della lotta al terrorismo un impegno prioritario. Un impegno, tra l’altro, mai pienamente estinto, perché ci sono state continue operazioni portate avanti anche in questo momento storico. Anche in questo momento che gli occhi del mondo sono puntati sulla Russia, ma per altri aspetti. Ma l’ISIS, come nemico della Russia, esiste. Da molto tempo. Così come esiste da molto tempo anche l’ISIS come cellule molto spesso pilotate dalla CIA. Una CIA che anche lei svolge un suo ruolo nel conflitto ucraino. Lo dice il New York Times, non il sito vivaputin.it. Quindi pensare che, magari mentre si era distratti dalla situazione ucraina, magari per una pressione allentata, approfittando magari di un Putin distratto dalla guerra o perché no, anche tronfio di se stesso per la sua rielezione. Pensare quindi che un commando terrorista possa aver ritenuto questo un momento opportuno per attaccare non è poi del tutto così improbabile. Anzi, tutto il contrario. Questa ipotesi, seppur valida, ha però soltanto un grandissimo punto di debolezza. È proprio la modalità dell’attacco che abbiamo visto tramite i filmati. Gli attentati che riguardano l’ISIS sono infatti tendenzialmente degli attacchi suicidi. È molto molto rara la fuga dalla scena dell’attentato. Poco coerente anche proprio con la matrice ideologica che sta alla base degli attentati dell’ISIS. Un metodo decisamente non convenzionale che pone non pochi dubbi. E il dubbio diventa ancora più pressante se si nota che quella rivendicazione che era circolata ieri sera sui canali di comunicazione ufficiali dell’ISIS è totalmente assente. Compare piuttosto sui canali Telegram con questo formato che però è stato riconosciuto come abbandonato come stile comunicativo dell’ISIS ormai da svariati anni. Nonostante tutti questi dubbi, comunque questa seconda ipotesi sembrava, diciamo, quella, come posso dire, più gettonata fino a stamattina. La terza ipotesi invece è un po’ più creativa, ma non è propriamente fanta geopolitica. Ed è quella che sostiene che si tratti sì di una false flag, cioè operazione sotto falsa bandiera, ma orchestrata dall’Occidente. A colpire infatti sono state le reazioni di solidarietà da parte dei leader mondiali, tutti stretti in cordoglio con la Russia di Putin. Lo stesso Putin che fino all’altro ieri avrebbero voluto alla sbarra, o perché no, anche alla forca. Lo stesso popolo russo così odiato da essere escluso ad esempio da ogni competizione sportiva, al punto di bandire autori russi dalle università. Insomma, improvvisamente questa tragedia smuove l’empatia dell’Occidente. Non sarebbe quindi propriamente fanta geopolitica pensare che questo sia stato un tentativo di distensione tra le parti. Provocato o colto al volo non lo sappiamo, ma che all’indomani di un inconcludente summit dei 27, all’alba di un più che probabile cambio di inquilino alla Casa Bianca, è un’altra delle opzioni sicuramente fragili, ma che non si può scartare a priori. Un modo per distendere i rapporti, tendere una mano, ragionare e sedersi a dei tavoli delle trattative che in realtà andavano fatti molto tempo fa. La debolezza di questa teoria sta nel fatto di non fare i conti con la reazione russa. Dare per scontato che bastino 4 tweet a sanare dei solchi insanabili. Beh, direte voi, con questi tutto può essere, per questo che questa teoria la mettiamo nella scatola dell’altamente improbabile, ma non impossibile. Resta a questo punto una quarta opzione, che è anche onestamente quella più verosimile. Cioè che si tratti sì di cellule terroriste, ma guidate da forze terze. A rendere questa ipotesi tutt’altro che fantasia, collaborano gli arresti di alcuni sospettati stamattina, catturati mentre erano in fuga verso il confine ucraino. Ma che sia davvero questa la natura, l’oscura mano dietro l’attentato a Mosca, quindi che ci sia davvero l’Ucraina che sia servita di questo commando, oppure che la realtà possa essere proprio tutt’altra, purtroppo non fa la minima differenza. Perché dicevo, un conto è la realtà, quella vera, un conto è quella che si percepisce come tale e da cui poi partono le reazioni. Perché ok, è indubbiamente la teoria più probabile, anche l’unica che presenta un qualche straccio di elemento. E anche quella di cui si è assolutamente convinto Putin, e tanto basta per considerarci tutti fottuti. Putin si è chiuso in un silenzio ovvio in quelle ore di ieri. Si attendeva un suo intervento intorno all’una e mezza di notte, che però poi è stato rinviato. Perché le parole che avrebbe e poi ha effettivamente pronunciato, quelle sì che hanno un peso nella storia, ancor più di andare a sapere dove sta veramente la realtà. Putin ha parlato poche ore fa. Il discorso è stato chiarissimo, ha parlato di caccia ai mandanti e agli organizzatori. Ha già messo quindi sul tavolo che questo commando sia al soldo di qualcuno. Soprattutto quando si riferisce all’atteggiamento nazista dell’attacco. E Putin sul concetto di denazificazione ha insistito molto in questi due anni, rivolgendolo sempre contro un nemico specifico, l’Ucraina. Lascia quindi intendere che il quadro che si è affigurato è proprio questo, che dietro ci siano dei mandanti ucraini. Purtroppo non importa che la realtà sia davvero questa, perché quello che ne conseguirà sarà proprio in relazione a questa convinzione. La teoria che quindi ci dovrebbe far tremare tutti è che questo attentato si comporti come un nuovo Sarajevo. Quell’attentato che fu la scintilla della più sanguinosa guerra della storia, cioè la prima guerra mondiale. Ci ritroviamo solo a poter sperare che questo non accada. Perché in questa polveriera dove abbiamo continuato allegramente a fumare, a questo punto di non ritorno, eh, ci siamo arrivati noi, l’abbiamo costruito noi. E ieri ho visto un sacco di gente su X festeggiare commenti del tipo chi semina morte prepari le bare, anche le sue. Il calciarcato che rende contenta la gente per aver inferto questo colpo alla Russia senza pensare alle conseguenze. E sono in fondo due anni che come dei poveri coglioni facciamo le cose senza pensare alle conseguenze. Perché questa polveriera non doveva esserci a questa condizione e non ci si doveva arrivare. Che cazzo vi festeggiate? 200 morti innocenti russi a cui potrebbero seguire centinaia di migliaia di morti innocenti ucraini? Nemmeno di fronte al baratro qualcuno smette di essere il povero stronzo che è. Perché qualunque sia la verità, chiunque sia stato, per quanto ci riguarda pure il gruppo dei boy scout della parrocchia, la conseguenza sarebbe stata sempre solo una. Se la colpa fosse dell’ISIS ci sarebbe comunque una reazione violentissima nei confronti dell’Ucraina per chiudere uno scenario e poter permettere a Putin di concentrarsi nella lotta al terrorismo che per lui ha assoluta priorità. Quindi ci sarebbero andati per sotto gli ucraini comunque. Se si trattasse di false flag, il caprio spiatorio sarebbero comunque stati gli ucraini. E se invece per davvero è stata l’Ucraina utilizzando un commando terrorista, la reazione di prima sarebbe moltiplicata per 10 in questo caso. E la gente ride, gode, festeggia, come dei poveri coglioni. Perché anche grazie a questi atteggiamenti che siamo arrivati al punto che dobbiamo farci il segno della croce sperando che quello non faccia una carneficina. Che poi è il paradosso, no? Dovevamo annichilirlo talmente tanto che adesso le chiavi della terza guerra mondiale ce le ha in mano lui. A me me rode un porculo che ste chiavi gliel’abbiamo date in mano grazie ad un’opinione pubblica di questo livello e politici ignobili che parlano a quest’opinione pubblica. Ieri sera qualcuno si è cagato sotto ma doveva farlo molto prima. Immagino eravate troppo impegnati a darci dei filo putignani. Non si fuma sulle polveriere perché non siamo i personaggi di un libro di Durren Matt. E se la polveriera salta, saltiamo tutti. Quindi speriamo che sia stata quella cagata sotto che adesso impone un’azione concreta per la diplomazia. Per spegnerlo sto fuoco anziché continuare a fare i summit dove cerchiamo di accenderlo ancora di più. E io lo spero vivamente anche se ce credo poco. Ce credo molto poco.

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