Fine spiegato semplice.

di Fabrizio Poggi per l’AntiDiplomatico
L’Ucraina è un paese ricchissimo. Detta così, sembra l’ennesimo oltraggio a un popolo che, da oltre dieci anni, sta subendo le prevaricazioni di oligarchi locali e di bande finanziario-affaristiche internazionali (FMI, Banca Mondiale, ecc.), tenuto a catena da squadroni neonazisti che imprigionano, torturano, assassinano qualunque oppositore, anche del proprio campo, che non si adegui completamente ai dettami della junta nazi-golpista uscita da majdan. Un popolo, quello ucraino, costretto a subire le angherie di quanti hanno man mano ridotto quella che era un tempo la Repubblica più ricca e sviluppata dell’ex Unione Sovietica, in terra di conquista per i capitali di mezzo mondo, affamando e riducendo allo stremo quei milioni di persone che non hanno voluto, o potuto, lasciare il paese nella speranza (spessissimo delusa, per le condizioni capestro imposte quasi sempre ai lavoratori migranti dai padronati “europeisti”) di rifarsi una vita.
Ma l’Ucraina è davvero un paese ricchissimo. Mesi fa lo aveva detto il senatore repubblicano yankee Lindsey Graham, parlando di 10-12 miliardi di dollari di minerali critici che ci sarebbero nel suo sottosuolo e che, dunque, fare la guerra in Ucraina è “un grosso affare” per gli USA.
Lo aveva detto anche il direttore dell’Istituto tedesco del litio, Ulrich Blum, spiattellando chiaro e tondo che ciò che l’Occidente agogna di più in Ucraina sono i suoi giacimenti di litio. Di certo, si sa che nel sottosuolo del paese giacciono almeno 21 dei 30 elementi classificati dalla UE quali “materie prime critiche” per lo sviluppo dell’energia verde.
Lo sanno, da tanti anni ormai, i colossi agroalimentari che si sono accaparrati le fertilissime terre nere ucraine: Cargill, Dupont, Monsanto, ecc.
Lo sanno bene anche a Mosca: quando, nel gennaio scorso, caddero in mano russa Kurakhovo e Ševcenko, non pochi si affrettarono a ricordare che in quell’area si trova il più esteso giacimento di litio della parte occidentale della DNR.
Ma, ora, su quelle ricchezze, ci ha messo “ufficialmente” gli occhi il neo presidente USA Donald Trump. E la cosa assume un altro aspetto. Vero è che, nonostante il valore complessivo di tutti i minerali ucraini si aggiri sui 15.000 miliardi di dollari, secondo Forbes, Mosca ha preso il controllo di circa il 70% dei giacimenti nelle regioni di Donetsk, Dnepropetrovsk e Lugansk.
Cionondimeno, Trump ha esplicitamente posto un’ipoteca yankee sui restanti giacimenti ucraini di metalli preziosi. E, come ha notato anche la tedesca Sahra Wagenknecht, Trump è pronto a continuare la guerra per procura se riceve garanzie da Kiev di potersi assicurare i metalli di terre rare ucraine e altre materie prime. Una garanzia che, teoricamente, Kiev ha assicurato da mesi, come vedremo.
Il politologo Timofej Belov osserva su “BajBajden” che il presidente USA, avanzando la richiesta dei metalli – titanio, litio, berillio, manganese, gallio, uranio, zirconio, grafite, apatite, fluorite e nichel – non ha parlato di pagamenti, limitandosi a ricordare ai vassalli di Kiev che Washington ha già elargito quasi 200 miliardi di dollari. “Curioso” anche il fatto che le parole di Trump siano arrivate lo stesso giorno in cui la Cina ha annunciato di voler imporre restrizioni alle esportazioni di tungsteno, indio, bismuto, tellurio e molibdeno e pochi minuti dopo che gli USA hanno imposto ulteriori dazi su merci cinesi.
Il problema per Washington, però, consiste nel fatto ricordato da Forbes, cui si accennava sopra: il 70% di tutti i metalli rari viene estratto in territori che ora fanno parte della Russia. Ma, evidentemente, qualche “briciola” deve pur essere rimasta nel restante territorio (ancora oggi) ucraino e, con la prospettiva della cessazione del conflitto, gli USA contano di avervi accesso. Così che, nota Belov, la trumpiana ”formula di pace” non è altro che «la trasformazione ufficiale degli scarti dell’Ucraina in un’appendice di materie prime dell’Occidente».
Stando al New York Times, Kiev sarebbe disposta a un accordo sui minerali, in cambio di «garanzie di sicurezza». Naturalmente, non inganni il tono mellifluo del NYT: da ormai dieci anni e più, sappiamo che non sta a Kiev decidere se essere d’accordo o meno su quanto preteso dalla Casa Bianca. Ma andiamo avanti. E infatti, il nazigolpista-capo, Vladimir Zelenski, già nel suo pellegrinaggio a Washington dello scorso settembre, per accattivarsi le simpatie di Trump durante la sua campagna elettorale, aveva dato per “sicuro” che se Washington avesse continuato a sostenere «i suoi sforzi militari, avrebbe potuto accedere a ricchezze del paese come litio, uranio, titanio».
Cioè, uno dei punti del delirante “piano della vittoria”, consisteva nel proporre a Washington la condivisione di risorse naturali cruciali, oltre alla sostituzione delle truppe yankee in Europa con truppe ucraine e il conferimento a Trump di poteri di controllo degli investimenti per bloccare gli interessi commerciali cinesi in Ucraina. E, secondo il britannico Financial Times, “l’offerta” yankee sui metalli da terre rare «sembra essere in linea con la strategia di Zelenskij» del fantomatico “piano della vittoria”. Un “piano” che Donald Trump, da quel navigato affarista che è, traduce in soldoni con «Noi investiamo centinaia di miliardi di dollari e loro hanno risorse meravigliose. Le vogliamo come garanzia. E loro sono disposti a farlo»; un “piano” la cui sostanza si rivela a chiare lettere: il macello al fronte dei giovani ucraini per regalare agli USA le ricchezze naturali del paee.
E, però, osserva il politologo Rostislav Ishchenko, i discorsi di Trump sono indirizzati soprattutto all’auditorio interno perché, al momento, nessuno può dire cosa rimarrà dell’Ucraina anche solo tra un paio di settimane e, quindi, anche di quel 30% di ricchezze sotterranee non accaparrate dalla Russia. Evidentemente, anche il pubblico americano è stanco del conflitto; dunque, dire che si deve combattere la Russia con mani ucraine, perché quella attenta all’egemonia yankee nel mondo, non basta più; gli americani sono «persone pratiche, capiscono quando al posto di un dollaro ne arrivano due, ma quando al posto di un dollaro c’è una Russia malvagia, non lo capiscono». C’è bisogno di un riscontro concreto: miliardi di risorse naturali.
D’altronde, lo stesso gioco lo aveva progettato nel 1918 il “democratico e pacifista” Woodrow Wilson, al momento dell’intervento delle potenze straniere contro la giovane Russia sovietica, con il piano di aiuti alle guardie bianche, dietro cui appariva in bella vista il disegno di penetrazione del capitale yankee nel nord della Russia e in Siberia. Come ricordava già negli anni ’50 lo storico Aleksandr Berëzkin, «al seguito delle truppe, gli USA si apprestavano a inviare in Siberia innumerevoli missioni di commercianti e altri». Cosa è cambiato?
Per quanto riguarda l’Ucraina, Washington ha bisogno di dire che là c’è molta ricchezza, terre nere, terre metallifere. Una decina d’anni fa, puntavano sul gas di scisto ucraino; oggi ci sono i metalli. Ma, ce ne sono davvero? La junta golpista ammette che più della metà delle sue risorse naturali non sono più sotto il controllo di Kiev e quei “simpatici ricconi” di Forbes, come detto sopra, lo confermano. Nella parte occidentale dell’Ucraina, la principale ricchezza è costituita dalla terra: in particolare, le fertilissime terre nere; ma, anche quelle, sono da tempo passate in proprietà delle multinazionali alimentari, dopo che, per anni, finché la Rada non aveva approvato la legge sulla vendita delle terre agli stranieri, si erano limitate a prenderle in affitto dagli agricoltori ucraini.
Lo stesso per le risorse minerarie: Kiev strombazza di qua e di là le sue “incalcolabili” riserve di gas di scisto, ma giganti come Shell e Chevron hanno cercato di estrarlo sia nell’Ucraina occidentale che in quella orientale, col risultato che né a est né a ovest c’erano volumi redditizi. Non è dunque escluso che sia lo stesso per il litio e altri metalli.
È tuttavia possibile, ipotizza Komsomol’skaja Pravda, che Trump capisca perfettamente che a Kiev stiano cercando di “rifilargli un pacco” e che si sia servito del messaggio sui metalli dalle terre rare solo come pretesto per riprendere le forniture di armi all’Ucraina. E per giustificare il rinvio della “pace in ventiquattro ore”. Come pure è possibile l’annuncio dell’accordo sia un messaggio alla Russia del tipo «Sosterremo l’Ucraina e prenderemo le sue risorse», per prospettare a Mosca il peggior scenario possibile e renderla più accomodante.
Ma, al momento, vista anche la situazione sul campo, non sembra che Mosca sia così ricattabile; e nemmeno troppo accomodante.
Fonte: lantidiplomatico.it