Possibile crimine di guerra: l’ONU chiama Israele a rispondere del massacro di Jenin

Spiegato semplice

Israele ha attaccato un campo di rifugiati in un luogo chiamato Cisgiordania, uccidendo almeno 12 persone. Le Nazioni Unite (un gruppo di paesi che lavorano insieme per mantenere la pace nel mondo) dicono che questo potrebbe essere considerato un “crimine di guerra”, perchéha infranto alcune regole importanti. Queste regole dicono che non si possono usare certe armi e non si possono attaccare intenzionalmente le persone che non stanno combattendo (i civili). Inoltre, Israele ha distrutto case e infrastrutture e ha costretto molte persone a lasciare le loro case. Questo è accaduto in un campo di rifugiati chiamato Jenin, dove vivono molte persone palestinesi. Dopo l’attacco, il campo è stato lasciato in condizioni molto cattive. Nonostante queste azioni siano contro le regole internazionali, è possibile che nessuno venga punito. Le Nazioni Unite dicono che l’unico modo per fermare questa violenza è che Israele smetta di occupare illegalmente la Cisgiordania.

Fine spiegato semplice.

«Gli attacchi aerei e le operazioni via terra portate avanti da Israele nellaoccupata, prendendo di mira il campo profughi di Jenin e uccidendo almeno 12 palestinesi, potrebbero potenzialmente costituire un crimine di guerra». Quelle pronunciate da alcuni esperti delle Nazioni Unite sono parole forti e importanti per almeno due motivi: prima di tutto, riconoscono che le azioni di Israele abbiano violato il diritto internazionale. Ma soprattutto, condannano apertamente – seppur solo in modo verbale – lo Stato ebraico e chiedono di rendere conto delle violenze dell’occupazione a danno dei palestinesi.

In funzionari – ispettori speciali che monitorano da anni la situazione palestinese – hanno specificato che la rappresaglia potrebbe alla fine essere considerata un ‘crimine’ visto che «le operazioni delle forze israeliane nella Cisgiordania occupata, l’uccisione e il ferimento grave della popolazione occupata, la distruzione delle loro case e infrastrutture e lo sfollamento arbitrario di migliaia di persone, equivalgono a gravi violazioni del diritto internazionale e degli standard sull’uso della forza». Secondo la normativa infatti la guerra non è di per sé un reato. Può essere combattuta – è dunque ‘legale’ – a patto però che vengano rispettate determinate regole, tra cui il divieto di utilizzare certe armi e di bombardare deliberatamente i civili.

Nel caso in discussione, è accaduto che a partire dallo scorso 3 luglio, nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania occupata, l’esercito israeliano ha lanciato un’operazione che, per intensità e violenza, mancava nella regione da vent’anni. Un’offensiva che ha provocato 12 morti e centinaia di feriti, sfollando circa 3mila dei 14mila residenti. Jenin è da tempo un simbolo per la Palestina: un luogo sorvegliato dalle forze di occupazione israeliane e “casa” di diverse generazioni di palestinesi. Una terra martoriata più volte da Israele, che con la scusa di «azione contro terroristi e contro l’Iran», giustifica odio, violenza e repressione nei confronti dei cittadini.

Dopo due giorni di assedio, i soldati israeliani hanno lasciato il campo in condizioni disastrose. Le pale delle ruspe militari hanno spaccato il manto d’asfalto delle strade, distruggendo parte della rete idrica ed elettrica. Un’operazione che i vertici militari israeliani hanno definito «bonifica» necessaria a «eliminare gli ordigni» che i gruppi armati avrebbero piazzato sotto l’asfalto o ai lati delle strade per colpire i mezzi blindati «mettendo a rischio prima di tutto la popolazione civile palestinese», ma che invece è sembrata più una punizione collettiva. Un’impressione avuta dagli stessi funzionari ONU, per cui «la popolazione palestinese è stata etichettata come una minaccia alla sicurezza collettiva delle autorità israeliane».

Tuttavia, nonostante il diritto internazionale punisca atteggiamenti come questo, è piuttosto probabile, come accaduto in molti altri conflitti del passato, che alla fine nessuno venga sanzionato o condannato per aver commesso certe azioni. Eppure persino l’ONU ha riconosciuto che bombardare i civili e impedire addirittura a questi di ricevere cure mediche e assistenza da parte degli operatori umanitari è un aperto affronto alla normativa internazionale, e un’amplificazione della violenza strutturale che ha permeato per decenni il territorio palestinese occupato.

Ma, seppur riconoscendo l’importanza di sanzioni e condanne, «affinché questa incessante violenza abbia fine», c’è solo una soluzione: «l’occupazione illegale di Israele deve finire». Tuttavia è difficile che accada se prima non cessa «l’impunità di cui lo Stato ha goduto fino ad ora».

[di Gloria Ferrari]

Fonte: lindipendente.online

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