Fine spiegato semplice.
Kit Klarenberg
english.almayadeen.net
Il 29 luglio, il “think tank” RAND Corporation, finanziato dal Pentagono, ha pubblicato un’importante valutazione dello stato dell’esercito statunitense e della Strategia di Difesa Nazionale (NDS) del 2022 prodotta da una Commissione creata dal Congresso di “esperti non governativi in materia di sicurezza nazionale”. Le sue conclusioni sono crude, un’analisi implacabile di ogni aspetto della macchina militare globale dell’Impero, ipertrofica e decadente. In breve, gli Stati Uniti non sono assolutamente “preparati” per una seria “competizione” con i loro principali avversari, e sono vulnerabili o addirittura nettamente superati in ogni ambito bellico.
La NDS 2022 era stata pubblicata nell’ottobre dello stesso anno, con grande clamore. Il suo contenuto era una roboante tabella di marcia, audace e completa, sul modo in cui lo Stato di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e tutte le sue divisioni, si sarebbero evoluti e adattati ai “drammatici cambiamenti della geopolitica, della tecnologia, dell’economia e del nostro ambiente”. Promettendo di salvaguardare l’egemonia di Washington per “decenni a venire”, l’introduzione della Strategia dichiarava altezzosamente che il Pentagono, nei confronti dei militari e dell’opinione pubblica statunitensi, era obbligato a:
“fornire un quadro chiaro delle sfide che dovremoi affrontare negli anni cruciali che ci attendono – e dobbiamo loro una strategia chiara e rigorosa per portare avanti i nostri obiettivi di difesa e sicurezza… Dall’aiutare a proteggere il popolo americano, alla promozione della sicurezza globale, al cogliere nuove opportunità strategiche, e al realizzare e difendere i nostri valori democratici”.
Oggi, la valutazione della Commissione RAND sulla NDS non potrebbe essere più severa. La comprensione da parte del Pentagono delle minacce economiche, militari e politiche agli “interessi degli Stati Uniti” poste dalla Cina e dalla Russia, e l’emergente partnership di definizione mondiale di entrambe – nella misura in cui sono state riconosciute – sono risultate pericolosamente carenti, se non addirittura inesistenti. E le proposte della NDS per superare questi problemi e mantenere il dominio mondiale dell’Impero sono giudicate nel migliore dei casi tristemente inadeguate, nel peggiore del tutto deliranti.
Molteplici avversari
La NDS ha azzeccato una cosa: la Cina e la Russia rappresentano una grande minaccia per l’Impero e “cercano attivamente di minare l’influenza degli Stati Uniti” nel mondo. Pechino, in particolare, è stata definita una “sfida stimolante” dal punto di vista economico e militare, data la straordinaria velocità e portata della sua innovazione e crescita scientifica e tecnologica. Tuttavia, la NDS ipotizzava che Washington mantenesse dei “vantaggi” importanti rispetto al suo rivale e che l’ampliamento di questi gap fosse immediato e facilmente realizzabile. Come minimo, il rapporto RAND non è d’accordo:
“Riteniamo che l’entità delle minacce che gli Stati Uniti devono affrontare sia sottostimata e significativamente peggiore… Per molti versi, la Cina sta superando gli Stati Uniti… nella produzione legata alla difesa e nella crescita delle dimensioni dell’esercito e, sempre più, nella capacità delle sue forze, ed è quasi certo che continuerà a farlo… [Pechino] ha in gran parte annullato il vantaggio militare degli Stati Uniti nel Pacifico occidentale attraverso due decenni di investimenti militari mirati. Senza un cambiamento significativo da parte degli Stati Uniti, l’equilibrio di potere continuerà a spostarsi a favore della Cina”.
Questa situazione disastrosa è notevolmente amplificata dalla partnership “senza limiti” della Cina con la Russia, firmata nel febbraio 2022 ed esplicitamente “volta a sfidare la leadership degli Stati Uniti a livello internazionale”. La crescente alleanza della Cina con il Sud globale, in particolare con l’Iran e la Corea del Nord, aggrava ulteriormente la situazione. L’alleanza e la collaborazione tra questi Paesi significa che stanno tutti diventando “più audaci”, compromettendo a loro volta la “pianificazione delle forze e la struttura delle forze… progettate per scoraggiare l’aggressione da parte di altri, quando gli Stati Uniti sono coinvolti in un conflitto altrove”.
Questa sempre più vasta unione di Paesi disaffezionati – definita in modo ottuso da RAND “un asse di crescenti partnership maligne” – significa che “gli sforzi per isolare e costringere questi Stati attraverso mezzi internazionali – come sanzioni, embarghi e censure – saranno molto più difficili”. E, cosa ancora più grave, “aumenta la probabilità che un conflitto con uno di essi si espanda a più fronti, provocando richieste simultanee alle risorse degli Stati Uniti e degli alleati”:
“Come minimo, gli Stati Uniti dovrebbero presumere che, in caso di un conflitto diretto che coinvolga la Russia, la Cina, l’Iran o la Corea del Nord, quel Paese beneficerà dell’aiuto economico e militare degli altri… Questo nuovo allineamento di nazioni che si oppongono agli interessi degli Stati Uniti crea un rischio reale, se non la probabilità, che un qualsiasi conflitto possa trasformarsi in una guerra multiterritoriale o globale… Poiché gli avversari degli Stati Uniti stanno cooperando più strettamente di prima, gli Stati Uniti e i loro alleati devono essere preparati ad affrontare un asse di avversari multipli”.
La partnership tra Pechino e Mosca non ha fatto che approfondirsi dal febbraio 2022. Secondo le parole dell’Istituto per la politica di sicurezza e di sviluppo di Stoccolma, “l’ordine mondiale è diventato molto più sfavorevole e ostile nella concezione russa e cinese, e ha giustificato legami più stretti e un sostegno reciproco incrollabile”. Le rivoluzionarie ramificazioni geopolitiche della loro alleanza erano ben chiare quando, nello stesso anno, era stata pubblicata la NDS. Eppure, quel documento non faceva alcun riferimento a questa relazione “senza limiti”.
L’ovvia prospettiva che, se gli Stati Uniti avessero dichiarato guerra ad uno dei due Paesi questo avrebbe inevitabilmente comportato una guerra con l’altro – una minaccia ora ancora più letale a causa dell’espansione dell’alleanza – non era stata presa in considerazione. L’Impero è estremamente fortunato che nessun conflitto di questo tipo si sia verificato nei due anni successivi alla pubblicazione della NDS. Come il rapporto della Commissione spiega nei minimi dettagli, Washington sarebbe quasi del tutto indifesa in un simile scenario e probabilmente verrebbe sconfitta quasi all’istante.
In diversi passaggi si denuncia la mancanza di “prontezza” delle forze armate statunitensi per un conflitto di grandi dimensioni. Le recenti “crisi”, tra cui il genocidio perpetrato dall’entità sionista a Gaza, “hanno portato a dispiegamenti di forze non pianificati in Europa e in Medio Oriente, creando un’elevata domanda di elementi di forza ‘sovraestesi’ con requisiti multipli in tutti i teatri, come la difesa aerea e il rifornimento aereo”. Inoltre, “la costante richiesta di operazioni di presenza, esercitazioni e attività di cooperazione per la sicurezza ha esacerbato i problemi di prontezza, soprattutto se associata ai requisiti di addestramento necessari a prepararsi alla competizione e al conflitto tra grandi potenze”. Nel frattempo:
“Anche la Marina statunitense soffre di problemi di prontezza derivanti dall’elevato ritmo operativo, dall’invecchiamento delle navi, dai ritardi dei cantieri navali e dall’affaticamento degli equipaggi. I continui incidenti in mare e nell’aviazione militare mettono a rischio la sicurezza delle truppe e sono sintomatici di un declino della prontezza, che riflette sia la mancanza di esperienza sia la maggiore complessità delle futura missioni di guerra. La costante richiesta di campagne basate su forze militari sempre più ridotte – e su un numero ancora più ridotto di forze reattive, modernizzate e credibili in combattimento – ha messo a dura prova la prontezza delle forze”.
Costi abbordabili
Non è solo l’eccessiva dispersione sulla Grande Scacchiera a far sì che la macchina militare dell’Impero “manchi sia delle capacità che delle competenze necessarie per essere sicuri di poter dissuadere e prevalere in combattimento”. Le munizioni, o la loro mancanza, sono una vulnerabilità fatale. I livelli “straordinari” di “consumo e domanda” di armi statunitensi “da parte di alleati e partner in Europa”, combinati con il rapace appetito dell’entità sionista per le bombe ad alto potenziale, hanno lasciato le scorte di Washington “già inadeguate per un conflitto di alto livello”.
Rinnovare queste scorte, per non parlare dell’equipaggiamento dell’Impero per una guerra futura, non sarà facile. La Commissione RAND ha rilevato che la “base industriale della difesa” di Washington è del tutto “incapace di soddisfare le esigenze di equipaggiamento, tecnologia e munizioni” degli Stati Uniti, per non parlare dei suoi alleati. “Un conflitto prolungato, specialmente in più teatri, richiederebbe una capacità di produzione, manutenzione e rifornimento di armi e munizioni assai maggiore di quella attuale”, osserva il rapporto. Ricostruire questa capacità “richiede maggiore urgenza e risorse” e “dovrebbe rimanere una priorità assoluta” per il Pentagono.
Per decenni, le forze armate statunitensi “hanno impiegato tecnologie all’avanguardia per ottenere un vantaggio decisivo”. Questa “presunzione di superiorità tecnologica incontrastata” da parte dell’Impero era dovuta al fatto che Washington aveva “ottime capacità industriali, con lunghi cicli di acquisizione e poca tolleranza al fallimento o al rischio”. Quei giorni, però, sono finiti da un pezzo, con Cina e Russia che “incorporano la tecnologia a una velocità sempre maggiore” e “persino con attori relativamente poco sofisticati” come Ansar Allah dello Yemen “in grado di ottenere e utilizzare la tecnologia moderna (ad esempio i droni) per ottenere effetti strategici”.
L’Impero non riesce a tenere il passo e, in qualsiasi guerra futura, dovrà “continuare a sviluppare, adottare e iterare nuove tecnologie a velocità e scala maggiori e a costi accessibili”, ripristinando contemporaneamente “le scorte delle munizioni esistenti” per un periodo “prolungato”, “per tenere il passo con le esigenze dei combattenti”. Gli attuali sistemi di ricerca e sviluppo e di approvvigionamento del Pentagono sono stati giudicati dalla Commissione del tutto inadeguati. La “base industriale della difesa” americana si sta oggi sgretolando ed è afflitta da una miriade di problemi:
“Queste carenze includono il deterioramento delle condizioni dei depositi della difesa, i problemi di prestazione dei contratti di manutenzione e la sottoproduzione di pezzi di ricambio, oltre a molte altre cose. Il risultato è un esercito statunitense che oggi è minimamente pronto dal punto di vista operativo, ma che difficilmente sarà pronto per il domani…. [Gli Stati Uniti non sono in grado di produrre armi, munizioni e altre attrezzature e software necessari per prepararsi e impegnarsi in un conflitto di grandi dimensioni. Il consolidamento e gli scarsi investimenti hanno portato a un numero troppo esiguo di aziende, a lacune nella forza lavoro, a infrastrutture di produzione insufficienti e a catene di approvvigionamento fragili”.
Per affrontare questi problemi, la Commissione chiede di spendere enormi quantità di denaro a livello nazionale per “la produzione” di munizioni, “la ricapitalizzazione delle armerie” e “la produzione avanzata e l’ulteriore stoccaggio di munizioni”. Nel frattempo, il Pentagono “deve collaborare con altri Paesi per espandere la capacità di produzione di munizioni”, garantendo al contempo “la possibilità di acquistare tutte le munizioni su scala sufficiente per ottenere gli effetti operativi desiderati”.
Naturalmente, l’Impero spende già somme esorbitanti per mantenere in funzione la sua attuale macchina militare, superata in tutti i suoi aspetti e che non sopravvivrebbe operativamente al primo contatto con una guerra vera e propria. Per fare ciò è necessario stampare volumi di dollari sbalorditivi, producendo a sua volta un’inflazione così alta che i fornitori di armi ora rifiutani i contratti con il Pentagono e strappano quelli esistenti, perché fanno solo perdere soldi. La risposta di Washington? Il bilancio della difesa statunitense stanzia ora oltre 1 miliardo di dollari in denaro di nuova emissione per compensare le perdite dovute all’inflazione.
Siamo entrati in una strana era dell’Impero all’ultimo stadio, paragonabile alla Glasnost dell’Unione Sovietica, in cui alcuni dei cervelli imperiali statunitensi possono vedere con chiarezza accecante che l’intero progetto egemonico globale di Washington sta rotolando rapidamente e irreversibilmente verso i suoi ultimi atti, e lo annunciano pubblicamente – ma la loro intuizione non si traduce in un’azione governativa evasiva a livello nazionale. Il rapporto della Commissione RAND non ha ricevuto alcuna copertura da parte del mainstream, a riprova del fatto che non c’è uno sforzo concomitante per creare consenso per le sue prescrizioni radicali e di vasta portata.
Se vivessimo in un’epoca unipolare, si scatenerebbe immediatamente una campagna di pubbliche relazioni su più fronti per convincere gli americani della giustezza della missione dell’Impero e della necessità di investire miliardi, se non trilioni, nella “difesa” degli Stati Uniti. Il silenzio dei media sui risultati della Commissione riflette, per definizione, l’omertà della classe politica statunitense. Lo “scollamento” tra la pianificazione operativa e industriale del Pentagono, identificato da RAND, persisterà. Così come l’impotenza militare degli Stati Uniti.
Kit Klarenberg
Fonte: english.almayadeen.net
Link: https://english.almayadeen.net/articles/opinion/collapsing-empire–us-outgunned–outnumbered–outproduced
25.10.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Fonte: comedonchisciotte.org