RICORSI contro il Decreto Legge Green Pass (e non solo), ISTRUZIONI per l’uso


Consigli pratici di giurisprudenza per i cittadini: per muoversi tra DL, ricorsi (collettivi o individuali), tribunali e avvocati.


Pochi consigli pratici per muoversi tra decreti legge, aule di tribunale e soprattutto avvocati, visto che molto presto tutti ne avremo un maledetto bisogno.

Una vecchia battuta statunitense (paese dove gli avvocati sono visti come il fumo agli occhi) recita:
– Cosa sono 30 avvocati sul fondo di una piscina?
– Un buon inizio

L’avvocato è un alleato potente, ed è l’unico che avremo, con buona probabilità, nelle battaglie che dovremo affrontare. Siccome non necessariamente riusciremo a trovarne uno di cui avere piena fiducia, un minimo di idee chiare su cosa fare e su come farlo potrà aiutarci a capire se la direzione è quella giusta e se lo sforzo (economico) richiesto è coerente.

Sono concetti un po’ ostici e per forza tecnici, ma cercherò di spiegarli nel modo più semplice possibile, magari a danno della “brevità”.

Ricorrere contro un Decreto Legge

Direi di cominciare dall’inizio, capendo in che modo e a quali condizioni è possibile fare “ricorso” contro un Decreto Legge.

Anzitutto, contro un Decreto Legge (o contro una Legge, è lo stesso) non è possibile fare un ricorso “diretto”. Cosa significa ricorso diretto? Significa che non è possibile che un cittadino, o un gruppo di cittadini, vadano in tribunale e aprano un processo “contro una legge”. È evidente che non sia possibile: i tribunali sarebbero pieni di buontemponi che fanno ricorso contro ogni finanziaria o contro ogni legge che stabilisca un qualunque tipo di tassa. Lo Stato sarebbe paralizzato!

Contro un DL o contro una legge è possibile procedere unicamente con un ricorso “incidentale”. Cosa significa ricorso incidentale? Si tratta di un ricorso scaturito da un altro processo. All’interno di un processo, nato per un motivo X, si solleva – presso la Corte Costituzionale – la questione di incostituzionalità di questo o quel Decreto Legge, di questa o quella Legge.

Per fare un esempio concreto sui casi attuali, non è possibile fare ricorso diretto contro il DL Green Pass. Cioè non si può andare dal giudice a dire: “questo DL è incostituzionale”.

Ma, se il mio datore di lavoro non mi fa entrare perché non ho il Green Pass, io anzitutto vado alla polizia e denuncio l’accaduto. Con questa denuncia vado dall’avvocato, instauro una causa contro il mio datore di lavoro che non mi ha pagato lo stipendio né mi ha fatto lavorare e, all’interno del processo che ne consegue, il mio avvocato solleverà – presso la Corte Costituzionale – la questione di incostituzionalità del DL Green Pass.

Questo è l’unico modo possibile per ricorrere contro un Decreto Legge. In sintesi: occorre “agganciarsi” a qualcos’altro.

Opportunità di fare un ricorso contro un Decreto Legge

Ha senso fare ricorso contro un DL? Ni (anzi, ad essere più logici: no).

Non dimentichiamo, infatti, che un DL deve obbligatoriamente essere convertito in legge entro 60 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Se questo non avviene, il DL decade e non è più attivo.

Quindi, fare ricorso contro un DL potrebbe rivelarsi inutile per diversi motivi.

Anzitutto – si capisce – perché, se non dovesse essere convertito in legge, si farebbe un ricorso contro qualcosa che non esiste più.

Secondariamente perché, nel processo di conversione in Legge, il DL potrebbe subire delle modifiche, e tali modifiche potrebbero anche essere consistenti al punto da rendere completamente diversi, non solo i termini del ricorso incidentale, ma anche gli stessi termini del ricorso principale, presentato a monte.

Facciamo un altro esempio.

Supponiamo che, al momento della conversione in Legge, si stabilisca che i dipendenti pubblici non devono presentare il Green Pass, cioè che il lasciapassare serve solo per i dipendenti privati. È di tutta evidenza che, se io fossi un dipendente pubblico, il mio ricorso fatto perché il datore di lavoro non mi aveva fatto entrare, decadrebbe immediatamente. Avrei quindi speso soldi per niente.

Detto questo, però, in questo caso noi già dal 15 ottobre soffriremo le conseguenze del DL Green Pass, conseguenze che sono gravissime visto che consistono nella mancanza dello stipendio. Sarà quindi una decisione da valutare attentamente. Se possibile, potrà essere conveniente fare “melina” per allungare i tempi il più possibile, vedere se e come il DL sarà convertito in legge e successivamente agire.

In caso contrario, sarà obbligatorio agire comunque, ovviamente (ma questo l’avvocato lo saprà senz’altro) facendo ricorso ex articolo 700 c.p.c., ossia il famoso “ricorso d’urgenza cautelare” che, se accolto, ci consentirà di poter presentare ricorso (nel merito) davanti al giudice competente, tornando, nel frattempo, a ricevere lo stipendio.

Il ricorso principale a cui agganciare il ricorso contro il Green Pass

Stabilito che sarebbe più saggio aspettare che il DL sia convertito in Legge (anche se forse non sarà possibile farlo), stabilito che il ricorso non si può fare direttamente ma dev’essere incidentale, vediamo come è meglio impostare il ricorso principale, quello da cui far scaturire quello contro il Green Pass.

Anzitutto, è indispensabile che il ricorso principale sia “ammissibile”. Ossia non bisogna rischiare che il giudice dica che il ricorso principale è inammissibile (per questo o quel motivo) e, in tal modo, rendere nullo tutto il procedimento, senza quindi neanche arrivare in aula e, pertanto, senza speranza che la questione di incostituzionalità vada avanti fino alla Corte Costituzionale, visto che morirebbe con il ricorso stesso.

Un consiglio è quello di legare il ricorso principale alla personale questione lavorativa. In questo modo si otterranno diversi vantaggi. Anzitutto è molto difficile che il giudice rigetti il ricorso principale. Inoltre si potrà beneficiare dell’assenza di bolli e tasse, visto che i ricorsi in materia di diritto del lavoro sono gratuiti.

N.B.: non stiamo parlando dell’onorario dell’avvocato che seguirà la causa (spese legali), ma delle spese strettamente processuali o di giustizia. Una causa ha infatti due tipi di costi: bolli e tasse da una parte (spese processuali), onorari dell’avvocato dall’altra (spese legali). Le cause di lavoro possono essere intentate senza spese processuali.

Utilizzare altre motivazioni, magari un po’ fantasiose o forzate, per instaurare il ricorso principale, può esporre – come detto prima – al fatto che il giudice dichiari il ricorso inammissibile.

Si dovrà, per esempio, essere sicuri che esista una relazione tra chi si accusa e l’azione che si vuole venga riconosciuta come illegale. In altri termini, il soggetto accusato dovrà essere il diretto responsabile dell’atto impugnato.

Per fare un esempio molto banale, supponiamo che io mi rechi al lavoro, e il collega incaricato di controllare ilmi impedisca di entrare.

È di tutta evidenza che, se io farò causa contro il collega, il giudice rigetterà il ricorso dichiarandolo inammissibile per mancanza del “thema decidendum”. Il collega esegue una disposizione (ordine) ricevuta, non è lui ad avere emanato il DL Green Pass, né è per sua volontà che io non posso accedere al lavoro. Il giudice quindi deciderà di rigettare il ricorso, e addio Corte Costituzionale, addio ricorso, e soprattutto addio soldi.

Stiamo quindi molto attenti, nel momento in cui decideremo di partire con il ricorso, che i soggetti destinatari dell’azione siano effettivamente quelli corretti.

Nel nostro esempio, lo abbiamo già detto, il ricorso andrà fatto non contro il collega, ma contro il datore di lavoro.

Il costo di un ricorso

Su questo tema le cifre possono essere diversissime.

Iniziamo, come accennato, a distinguere tra spese processuali e spese legali.

Le spese processuali sono le spese (fisse) stabilite dallo Stato per questo o quel tipo di ricorso. Sono spese minime, mai altissime, visto che (almeno per ora) non è necessario essere ricchi per poter chiedere di tutelare i propri diritti in un tribunale. In particolare, come detto, il costo per un ricorso in materia di lavoro, per questa voce di spesa è nullo.

Le spese legali sono gli onorari dell’avvocato, e questi possono essere diversissimi. Diciamo però che – mediamente parlando – un ricorso al TAR con richiesta di sospensiva (che potrebbe essere uno dei modi di procedere) può costare (ripetiamo: come onorario), intorno ai 2.500 Euro.

È del tutto evidente che le spese, sia legali che processuali, non cambiano, se non in minima parte, a seconda del numero dei ricorrenti. Diciamo quindi che, nell’esempio concreto, se ricorrerò da solo pagherò 2.500 Euro, se ricorreremo in 10 la somma potrebbe aggirarsi intorno ai 250 Euro, se ricorreremo in 100 la somma potrebbe aggirarsi intorno ai 25 Euro. È altrettanto ovvio: più sono i ricorrenti più l’avvocato dovrà lavorare, se non altro in termini di segreteria, corrispondenza, eccetera, quindi è chiaro che non si potrà procedere con una mera divisione come fatto sopra, ma si dovrà correggere un po’ in rialzo l’importo complessivo.

Ma le cifre sono di questo ordine di grandezza. Per cui, da avvocato, se mi aspettassi di avere diverse centinaia di clienti, la cosa più corretta che potrei fare sarebbe chiedere inizialmente una cifra “simbolica”, riservandomi di correggere il tiro successivamente, prima di presentare il ricorso, in base al numero degli effettivi ricorrenti.

Ricorsi individuali o ricorsi collettivi?

Per quanto detto sopra, dovrebbe essere evidente che un ricorso collettivo… “ecumenico”, ossia che raccolga individui da contesti diversissimi, sarà molto difficile da configurare correttamente.

Questo perché sarà molto difficile trovare un motivo principale per instaurare un ricorso che unisca un lavoratore pubblico della provincia autonoma di Bolzano, un pescatore di Comacchio, un ministeriale di Roma, un metalmeccanico di Taranto, un professore universitario di Palermo. Quale potrebbe essere la causa principale di un ricorso che potrebbero intentare persone che si muovono in contesti così diversi? Siamo sicuri che tale motivazione reggerebbe, e non sarebbe piuttosto rigettata dal giudice?

Chi scrive è convinto che, quasi sicuramente, la motivazione non reggerebbe.

Ciò nondimeno, è evidente che un ricorso collettivo avrebbe costi più bassi di un ricorso individuale (lo abbiamo visto sopra).

Quello che sembra ideale è, pertanto, un ricorso che raccolga i lavoratori di una stessa azienda. Questo è l’unico caso di ricorso collettivo che mi sento di promuovere, visto che, in questo caso, il “comune denominatore” che riguarderebbe tutti i ricorrenti è evidente: la denuncia nei confronti del proprio – comune – datore di lavoro.

Come impostare il ricorso incidentale?

Detto che il ricorso contro il Green Pass sarà “incidentale”, e detto dell’importanza fondamentale che dovrà avere la solidità del ricorso principale da cui quello “incidentale” dipende, vediamo alcune questioni che sarà opportuno e logico far valere riguardo l’aspetto del ricorso dedicato al Green Pass.

In questo ci viene in soccorso la recente iniziativa di un pool di avvocati del Foro di Napoli che ha firmato un appello congiunto, indicando gli aspetti incostituzionali del DL Green Pass. Parliamo, come detto, di un appello, dunque non è un’iniziativa che abbia valore legale, ma è utilissima e importantissima, sia perché rappresenta un’autorevole presa di posizione, sia perché fornisce risorse pratiche su come imbastire la parte “incidentale” del ricorso.

Anzitutto, un Decreto Legge è un modo un po’… estremo che il Governo ha per procedere. Il nostro ordinamento impone al Decreto Legge alcuni criteri per poter nascere.

Dal momento che il DL “salta” il Parlamento (è un’emanazione diretta del Governo, presa appunto senza consultare il Parlamento), e l’Italia rimane (almeno per ora) una Repubblica Parlamentare, il Governo non può fare un DL così, perché gli va. Per poter essere giustificato il DL ha bisogno, per esempio, che siano verificati dei presupposti di “necessità ed urgenza”. Ossia ci devono essere dei fattori di necessità che rendano indispensabile che il governo agisca subito, con urgenza, senza dover aspettare i lunghi tempi tecnici dell’iter parlamentare.

Direte: la necessità e l’urgenza ci sono, visto che (giustificato o no che sia) siamo in stato di emergenza.

Vero. Ma allora, se pubblichi in Gazzetta Ufficiale un DL il 21 settembre, lo rendi operativo dal 22, ossia dal giorno dopo. Se c’è necessità ed urgenza, tali da dover fare un DL, quel DL dev’essere operativo subito. Che necessità ed urgenza ci possono essere se aspetti 23 giorni dalla pubblicazione del DL alla manifestazione dei suoi effetti? Questa può essere una prima eccezione.

Le eccezioni alla violazione della Costituzione (come minimo per i primi 4 articoli della stessa, ossia la parte più importante, quella corrispondente ai principi fondamentali su cui si basa la Repubblica Italiana) sono ormai stra-conosciute ed è inutile tornarci sopra.

Infine, si potrà riprendere anche la questione della violazione che il DL Green Pass fa del Regolamento Europeo (che ha forza di legge in Italia, nel senso che una legge italiana non può andare contro un Regolamento Europeo… questa cosa se la sono voluta e ora gli si ritorce contro…). Quindi dichiarare che – appunto – il DL Green Pass pone in essere una discriminazione assoluta tra chi ne è provvisto e chi no, discriminazione che arriva a toccare aspetti fondanti della vita civile (come il lavoro) e pertanto è in pieno contrasto contro il Regolamento Europeo che vieta tale discriminazione.

Conclusioni

Volendo concludere e tirare le somme di tutto questo discorso, diremmo le seguenti cose:

  1. Contro un DL non si può ricorrere direttamente ma solo in via incidentale, all’interno di un procedimento che dia quindi ampie garanzie di non essere rigettato prima ancora di arrivare in tribunale.
  2. Meglio, se possibile (compatibilmente con le proprie necessità), aspettare che il DL sia convertito in legge (se lo sarà).
  3. Un ricorso collettivo deve avere, per quanto riguarda la sua parte principale, solide basi che lo rendano inattaccabile, pertanto sarà meglio riunire solo gruppi ristretti di persone, come i lavoratori di una stessa azienda.
  4. Il costo pro-capite di un ricorso collettivo dovrebbe essere fissato unicamente quando è noto in via definitiva il numero dei ricorrenti.

Da ultimo, una considerazione conclusiva. Non si creda che, effettuato un ricorso che sia accolto, e sollevata pertanto la questione di illegittimità del Green Pass alla Corte Costituzionale, questa deciderà automaticamente in senso a noi favorevole. Anche se può sembrare assurdo, vista la quantità di leggi, regolamenti e articoli della Costituzione che questo DL evidentemente viola, non è assolutamente sicuro che la Corte Costituzionale ci darà ragione. Recenti decisioni “allarmanti” della Corte viaggiano in tal senso, e, insomma, l’ammissione del ricorso e l’arrivo alla Corte Costituzionale saranno solo il primissimo passo di una lunga guerra che dovrà essere combattuta.


Autore: Massimo Calisti

P.S.: Io non sono un avvocato, ma semplicemente un appassionato di diritto. L’avvocato è mia moglie, della cui consulenza mi sono avvalso per scrivere questo “prontuario”. In ogni caso, mia moglie non esercita, perché è un dipendente pubblico che, quindi, avrà piuttosto presto bisogno di trovarne uno lei, di legale!

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3 commenti su “RICORSI contro il Decreto Legge Green Pass (e non solo), ISTRUZIONI per l’uso”

    1. Buonasera.
      In effetti può risultare un’impresa piuttosto complicata, perché sono pochi – sembrerebbe – al momento gli avvocati disposti o interessati a quest’attività.
      Noi stessi – a Roma e con diversi avvocati nel novero dei nostri conoscenti – ci abbiamo impiegato non poco, a trovarne uno di fiducia.
      Grazie al fatto che la persona trovata era di piena fiducia, ci ha poi anche sconsigliato dall’intraprendere quest’azione legale a meno che non fosse l’ultima cosa da fare e di non avere un bel po’ di tempo a disposizione (iter lunghissimo, perché non c’è speranza di vincere in primo grado, e quasi sicuramente neanche in secondo).
      Altra cosa che aiuterebbe molto è trovare qualcun altro che si unisca nel procedimento.
      Ma, come detto, dev’essere qualche collega, non qualcuno “sparso” per l’Italia.

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