Amica Chips: uno spot blasfemo di cui non si sentiva il bisogno

Spiegato semplice

A Milano, alcune persone non vogliono mettere una statua di una mamma che dà il latte al suo bambino in un parco perché pensano che possa far sentire male altre persone. Anche hanno chiuso una scuola durante una festa importante per alcuni, anche se non tutti la festeggiano. Nel frattempo, alcune pubblicità hanno fatto arrabbiare delle persone perché hanno usato cose importanti della religione cattolica per fare ridere o vendere prodotti, come patatine o trucchi. Per esempio, in una pubblicità, una donna interrompe un matrimonio in chiesa e porta via la sposa, e in un’altra, delle suore mangiano patatine invece del pane che si usa in chiesa. Alcune persone si sono lamentate perché queste pubblicità non rispettano la loro religione. Altre persone dicono che non è giusto usare la religione per fare pubblicità in questo modo e che non dovrebbero scherzare su cose così serie.

Fine spiegato semplice.

Mentre impera l’approccio woke in base al quale il comune dinon accetta di mettere in un giardino pubblico la statua di una madre che allatta “perché potrebbe offendere altre sensibilità” (non meglio specificate), o si chiude una scuola il giorno della fine del Ramadan anche se gli studenti islamici sono meno del 40% per rispettare gli studenti che non possono partecipare alle lezioni, che cosa succede nel dorato mondo della pubblicità? Che rinomate agenzie mandino in onda degli spot altamente offensivi dei simboli della religione cattolica.

E dire che i pubblicitari vivono di pane e simboli, di cui studiano fin da piccoli l’importanza.

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Nella campagna di Pupa, al momento più sacro della celebrazione di un matrimonio in Chiesa davanti al sacerdote, arriva una signorina che si porta via la sposa, ben contenta di andarsene con lei.

Le osservazioni critiche sono state sommerse dagli strilli delle lesbiche che hanno reclamato la libertà di esserlo.

Ebbene, chi mai oggi si sognerebbe di negare tale libertà?

Ma non si capisce perché in suo nome ci si prenda la libertà di sfottere e offendere uno dei momenti più importanti della vita di un cattolico, il matrimonio cristiano.

Come se non bastasse adesso ci si mette pure una azienda di patatine fritte, Amica Chips, con l’impegno creativo del Lorenzo Marini Group.

In questo caso, alla Comunione, momento altrettanto sacro per il significato che ha per un cristiano, ad alcune suore, finite le ostie, vengono elargite delle patatine fritte che vengono da loro consumate con grande gusto.

(Lo spot andato in onda è stato cancellato, qui lo si può vedere in una rubrica di commenti:

https://www.youtube.com/watch?v=paOu2P23S7A)

A questo link lo spot mondato della scena in cui la suora ha l’idea di sostituire con le patatine ostie terminate…ma il vilipendio della religione c’è tutto).

Di fronte al ricorso all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria da parte del presidente dell’Aiart Giovanni Baggio che si appella al Codice che sanziona gli spot lesivi delle convinzioni morali, civili e religiose, l’agenzia risponde con un comunicato degno del teatro dell’assurdo: “Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia ‘british’ (sic!), un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione ‘chiaramente teatrale e da fiction’, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità”.

Ora, caro Lorenzo Marini, ci siamo conosciuti e stimati non poco in passato, così come è successo con Vicki Gitto, la cui agenzia ha realizzato lo spot Pupa. Oggi mi domando dove siano finite la vostra notevole cultura e la vostra ben nota sensibilità, quando per promuovere una patatina fritta o un make-up vi adattate a buttarle nel cestino insieme alladi cui il mondo dei pubblicitari è attualmente intriso. E in nome di una creatività saprofita che si esprime sfottendo simboli che per molte persone sono sacri, e nel cui rispetto cercano di educare i loro figli.

Ma no, voi vi ritenete liberi di farvene un baffo in tv e sui social pur di risultare iperbolici e provocanti?

Mi piacerebbe essere icastico e provocante nel rispondere a questa domanda, ma ho troppo rispetto per voi e per questo blog.

Preferisco riportare qualche stralcio della vox populi che sta riempiendo la rete: “Non era il caso di essere così blasfemi, offensivi, diabolici. Volete fare tanti soldi paragonando l’ostia con una patatina? Allora complimenti per la mancanza di sensibilità, intelligenza e buon senso… Così è facile fare pubblicità, in maniera grossolana e blasfema… Provate se avete il coraggio a sfottere Maometto e vediamo che succede… L’importante è che se ne parli giusto? Forza con le altre religioni!...”.

Eppure dovreste essere informati che Budweiser ha già perso molti miliardi in borsa per lo spontaneo boicottaggio dei consumatori stufi degli eccessi filo transgender esibiti per vendere la BudLight.

Altrettanto sta succedendo alla Disney, per il boicottaggio delle famiglie che non ne possono più dei film infarciti di characters dalla sessualità incerta.

Proprio voi, che vivete nella globalizzazione pubblicitaria, mi scivolate sui una blasfemia così usurata e provinciale?

Fonte: responsabilita-sociale.org

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