Separazione delle carriere? La confusione (voluta) per generare un nuovo conflitto orizzontale

Spiegato semplice

In Italia, i giudici hanno protestato durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario perché non sono d’accordo con alcune nuove leggi che vogliono cambiare il modo in cui funziona la giustizia. Hanno indossato coccarde e hanno lasciato le aule mentre il ministro parlava. Hanno anche deciso di scioperare.

Le nuove leggi parlano di separare i giudici che decidono le sentenze da quelli che fanno le indagini, ma molti pensano che questo non sia giusto e che possa creare problemi. Alcuni dicono che i giudici e i pubblici ministeri devono lavorare insieme per essere più giusti.

Ci sono molte discussioni su questo tema, e alcuni giudici pensano che le nuove leggi possano rendere lameno indipendente. Infine, ci sono state votazioni in Parlamento, ma ci vorrà ancora tempo per capire se queste leggi diventeranno ufficiali.

Fine spiegato semplice.

di Agata Iacono 

L’inaugurazione dell’anno giudiziario è stata caratterizzata, ovunque in Italia, dalla protesta dei magistrati.

Con coccarda tricolore e Costituzione in mano, hanno girato le spalle ai discorsi del ministro Nordio e delle altre autorità istituzionali, uscendo dalle aule e attivando anche sit-in e flash mob fuori dai tribunali. Hanno anche indetto uno sciopero della magistratura, contro la “controriforma” della giustizia, in corso di approvazione delle Camere, per lunedì 27 gennaio.

Troppo spazio mediatico, di facciata e non di sostanza, sta avendo questa questione: nel senso che se ne parla, certo, ma generando volutamente confusione nel cittadino che non è in grado di addentrarsi nei termini tecnici della giurisprudenza. Se ne parla, insomma, proprio per non affrontare il vero problema, da una parte e dall’altra, con balbettii, recriminazioni, balletti tra pro e contro che aggiungono caos alla già gravissima manipolazione semantica dei temi in gioco.

Mentre una considerevole fetta della cosiddetta opinione pubblica cade nella tattica del conflitto orizzontale e si divide sul braccio di Musk o sulla decriptazione dei messaggi del deus ex machina a stelle e strisce, in Italia ilva avanti spedito.

Distrattamente la compagine, che riveste attualmente il ruolo di opposizione, recita la noiosa parte che le è stata assegnata. E Conte non sale certo sui tetti di Montecitorio per difendere la Costituzione…

Così si procede spediti per l’autonomia differenziata, si tace sulla legge repressiva denominata sicurezza, passa alla Camera la separazione delle carriere…

Intanto, credo che sia doveroso sgombrare il campo dal doloso equivoco semantico: non disi tratta, ma di separazione della magistratura.

La separazione delle magistrature requirente e giudicante non è separazione delle carriere: se si trattasse solo di porre limiti al passaggio da una carriera all’altra, infatti, non ci sarebbe alcun bisogno di cambiare la Costituzione.

È semplice: non c’è alcuna necessità di ricorrere ad un linguaggio ostico.
La sentenza n.37 del 2000 della Corte Costituzionale ha infatti precisato che la Costituzione, «pur considerando lacome un unico “ordine”, soggetto ai poteri dell’unico Consiglio superiore (art. 104), non contiene alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di una carriera unica o di carriere separate fra i magistrati addetti rispettivamente alle funzioni giudicanti e a quelle requirenti, o che impedisca di limitare o di condizionare più o meno severamente il passaggio dello stesso magistrato, nel corso della sua carriera, dalle une alle altre funzioni»

Chi invece chiede la separazione delle carriere, di fatto, vorrebbe imporre all’inizio della carriera una scelta radicale e definitiva tra una funzione e l’altra: un programma presente nel disegno sovversivo del piano di Rinascita di Licio Gelli. (Fonte: Famiglia Cristiana https://www.famigliacristiana.it/articolo/separazione-delle-carriere-che-cos-e-a-chi-conviene-perche-se-ne-parla.aspx).

Una delle motivazioni dei fautori della separazione paventa una sorta di balletto tra avere un giorno il potere dell’accusa e il giorno dopo, d’emblée, giudice che emette sentenza.
Se fosse così, questo continuo andirivieni potrebbe creare tra il magistrato requirente e la corte giudicante una sorta di complicità, di spirito di categoria.
Ma non è così.  
Nel corso degli anni , tra l’altro, le funzioni sono state sempre più rigidamente separate, a partire dallaCastelli del 2006, che ha reso il passaggio dal ruolo di Pm a quello di giudice e viceversa irto di ostacoli, tanto da renderlo marginale: tra il 2011 e il 2016, ad esempio, il passaggio tra le due funzioni ha riguardato infatti rispettivamente solo lo 0,21% dei requirenti e lo 0,83 dei giudicanti.

Nella seconda metà degli anni Novanta erano, comunque, nell’ordine rispettivamente del 6/8,5% e del 10/17% (dati ufficio statistico Csm). Sono numeri destinati a ridursi ancora da quando la riforma Cartabia (2022) ha ridotto la possibilità del passaggio da quattro a una sola volta in carriera, nei primi dieci anni.

Ma già da prima servivano cinque anni di permanenza nel ruolo e un concorso di idoneità ogni volta, ma soprattutto perché si tratta di cambiare distretto e anche Regione e a volte nemmeno basta, perché è precluso anche l’ufficio competente per legge a occuparsi di indagini che coinvolgono magistrati del distretto di provenienza.

Sotto la richiesta delle carriere separate in realtà si nasconde il sospetto che l’appartenere alla stessa carriera determini un giudice meglio disposto verso Pm che verso l’avvocato difensore. Ma le statistiche, (fonte Cassazione), smentiscono questo pregiudizio, se è vero che in primo grado le assoluzioni sono il 50%.

Chi è  contrario alla separazione delle carriere motiva l’importanza di mantenere una comune cultura della giurisdizione tra giudice e Pm. 

Cerchiamo di capire che cosa significa: se un Pm condivide la formazione con il magistrato che dovrà giudicare, rischia meno che diventi un super poliziotto, sarà più affidabile nel verificare la saldezza della propria ipotesi di accusa prima di portarla al vaglio del giudice. Perché poi è anche da questo che si giudica un Pm: come diceva Falcone, andare a dibattimento contro i mafiosi con prove che non reggono è un regalo che si fa alla mafia, quindi meglio saper fare un passo indietro prima, al momento di verificare la saldezza delle prove e la tenuta del rispetto delle regole formali.

Quanti processi iniziati in pompa magna si sono poi frantumati nella incapacità di sostenere le prove davanti ad un tribunale?

Con un PM sceriffo e per di più direttamente dipendente e non più “Terzo”, quali potrebbero essere i rischi?

Grossi processi mediatici destinati a risolversi in bolle di sapone, funzionali a dimostrare la cattiva fede della magistratura?

L’ufficio del PM, in pratica, sarà del tutto assoggettato all’esecutivo, che potrà stabilire quali cassetti l’inquirente potrà aprire e quali dovranno restare sigillati.

Il problema non è tecnico, come cercano di dirci con tante indecifrabili parole vuote.

Il problema è squisitamente politico e si inserisce in quella serie di riforme, che stanno passando in sordina nel caos internazionale, che sono la base consolidata, i mattoni portanti, di un regime che non ha più bisogno di fingersi democratico.

Quindi non parliamo di separazione delle carriere, ma di smembramento del potere terzo dello Stato, di un atto eversivo e sovversivo contro lo stato di diritto e la democrazia costituzionale.

La riforma prevede anche due diversi CSM e l’istituzione di un’ Alta Corte disciplinare, cui è attribuita la giurisdizione, appunto “disciplinare” nei confronti dei magistrati ordinari, sia giudicanti che requirenti. 

In definitiva, tutte le motivazioni ufficiali, le scusanti che dovrebbero giustificare la necessità di scindere la magistratura sono contraddette dai dati e non c’è alcun bisogno di essere giuristi per comprenderlo, se si decifrano in modo semplice e comprensibile i termini tecnici e si presentano i fatti per quello che sono.

La situazione attualmente è la seguente:

La riforma vuole modificare il Titolo IV della Costituzione.

Ha già incassato il primo via libera della Camera con 174 voti favorevoli, 92 contrari e 5 astenuti. Oltre alla maggioranza, hanno votato a favore Azione e + Europa, mentre Italia viva si è astenuta perché, pur concordando con la ratio della riforma, ha espresso contrarietà sul sistema del sorteggio per i componenti laici e togati dei due Consigli superiori della magistratura. Hanno votato contro invece Pd, M5S e Avs. Essendo una riforma costituzionale occorreranno però quattro letture conformi da parte dei due rami del Parlamento. E poiché difficilmente i voti favorevoli nelle ultime due letture saranno pari alla richiesta maggioranza di due terzi dei componenti, si andrà a referendum confermativo.

Nicola Gratteri, procuratore capo a Napoli, non è andato neppure all’inaugurazione dell’anno giudiziario.

Le sue dichiarazioni in un’intervista a La Stampa:

”È stata la prima volta da quando ricopro un ruolo istituzionale che non partecipo ad una inaugurazione dell’anno giudiziario, ma ritengo troppo gravi le accuse che sono state fatte contro la magistratura. Non me la sono sentita di rispettare il protocollo”. E ancora: ”Credo che dobbiamo tutti ringraziare il ministro Nordio perché è riuscito a fare quello che nessuno era riuscito a fare: rendere unita e compatta la magistratura. Non ci speravo più, era dalla epoca delle stragi che non accadeva. Grazie a lui ora tutti i magistrati, iscritti a correnti e non, penalisti, civilisti sono uniti e compatti come mai prima” aggiunge Gratteri. E sulla separazione delle carriere sottolinea: ”Serve per indebolire il pubblico ministero. Spesso si grida allo scandalo e si invoca la separazione delle carriere dopo un’assoluzione eccellente. Ma scusate: se il giudice ha assolto che senso ha la separazione delle carriere? Lo avrebbe solo se condannasse e si scoprisse che si è messo d’accordo con il pm, in quanto colleghi. Al contrario, l’assoluzione, eccellente o meno, è sintomatica dell’autonomia del giudice rispetto al pubblico ministero”.

Agata Iacono

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l’AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.

Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Fonte: lantidiplomatico.it

COMMENTACommenta COMMENTA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna su