Fine spiegato semplice.
di Riccardo Pizzirani (Sertes)
Ricordate il Beppe Grillo degli albori? Quello che ci spiegava che è il cittadino, avendo eletto un suo rappresentante, che aveva l’onere di controllare il suo operato? Quello che voleva portare le telecamere nelle stanze del potere? Sì, quello che come provocazione proponeva pure il Politometro, uno strumento per verificare lo stato patrimoniale di un politico sia prima che dopo il suo mandato, per verificare che non si fosse arricchito mentre doveva invece servire il popolo. Convinceva. Gli argomenti, quantomeno, erano convincenti. Poi, invece, con le azioni andò in “leggera controtendenza”, come piaceva dire a lui: anno dopo anno il M5S si è trasformato nella peggiore stampella dei poteri sovranazionali, firmando le norme più restrittive mai avute nel dopoguerra, avvallando censura e discriminazione, proibizione di manifestare, e scelte così libere che se sceglievi diversamente da come non pareva a loro, ti veniva proibito pure di lavorare! E il bel concetto dei “cittadini che controllano il potere” è stato rovesciato nel modo più completo.
L’esperienza di Bologna
Nel nostro piccolo, a Bologna, abbiamo avuto gli stessi esempi e gli stessi percorsi: il nostro pentastellato più celebre, Bugani, ha partecipato da protagonista in questo ribaltamento di ideologia, abbracciando viceversa i concetti più classici del controllo top-down del sistema di credito sociale cinese, in cui il governo locale si arroga il diritto di controllare pedissequamente la cittadinanza, e ti premia se fai bene, o ti punisce per quei comportamenti che decide siano sconvenienti.
Ovvio che non puoi partire col bastone; prima si tenta la carota: “il portafoglio del cittadino virtuoso” l’hanno chiamato. Come riporta il Corriere di Bologna (1), Bugani ci spiega che l’idea è simile al meccanismo di «una raccolta punti del supermercato: il cittadino avrà un riconoscimento se differenzia i rifiuti, se usa i mezzi pubblici, se gestisce bene l’energia, se non prende sanzioni dalla municipale, se risulta attivo con la Card cultura». Comportamenti virtuosi che corrisponderanno ad un punteggio che i bolognesi potranno poi «spendere» in premi in via di definizione: «Scontistiche Tper, Hera, attività culturali e così via». Anche così, l’iniziativa non deve aver dato grandi frutti, visto che non è nemmeno decollata.
Fallisce la carota, avanti col bastone
Nessun problema, allora si fa il passo avanti: Bologna Città 30. La scusa tirata fuori per applicare le nuove restrizioni è che a Bologna ci sono troppi incidenti. Fosse davvero quello il problema, cosa farebbe un amministratore interessato a risolvere? Trascinare i vigili urbani fuori dagli uffici, per controllare chi guida in modo pericoloso o chi guida con il cellulare, colpendo chi realmente sbaglia e diventa un pericolo per tutti? No! La strategia è quella tanto cara alle dittature del secolo scorso: la punizione collettiva. Bravi o meno bravi, la velocità in città viene ridotta da 50 a 30km/h per tutti.
Si poteva pure pensare di chiedere alle aziende impiegatizie di fare 3 giorni al lavoro e 2 in smart working: dopotutto sono tantissime le attività commerciali che possono fare efficacemente smart working, e dopo il periodo covid anche il gap tecnologico è stato già colmato e abbiamo già tutti gli strumenti per lavorare da remoto. Con meno auto in giro, si avrebbero molti meno incidenti. Nemmeno questo. E quando la decisione è calata dall’alto, saltano anche tanti altri altarini: ad esempio il tormentone green, che è proprio l’opposto che obbligare la cittadinanza ad inquinare più a lungo, su lenti torpedoni a 30km/h in pressochè tutto il territorio cittadino.
La strategia di riduzione del danno
Le critiche, c’era da aspettarselo, sono piovute da tutte le direzioni. Tardive, quando la gente ha avuto esperienza diretta della questione perché la nuova norma era già partita… ma quantomeno sono arrivate. E se la cittadinanza generica è irritata, i più ostili sono ovviamente quelli che per strada ci lavorano: autisti di autobus, autoblu, tassisti. Il sindaco aveva già pronta la carta da giocarsi: stimarsi della consultazione avvenuta sul sito del Comune, che come ha ricordato, ha avuto ben 20.000 partecipanti! Peccato che dicendo così si contano come supporter anche quelli che, come me, che hanno partecipato pur di criticare l’utilità questa iniziativa, mentre il sindaco porta il numero totale come se fossero tutti quelli a favore. La strategia avrebbe avuto comunque le gambe corte, ma è crollata ancor peggio in quanto una comune studentessa ha aperto un sondaggio parallelo su Change.org per chiedere che queste norme, che impattano così pesantemente sulla quotidianità dei cittadini, vengano quantomeno sottoposte a referendum. E questa non ha 20.000 partecipanti, ha 53.000 firmatari a favore: un risultato eclatante per una consultazione locale, con numeri che basterebbero per proporre un referendum vero e proprio anche a livello nazionale.
I falsi amici
Allora si corre ulterirormente ai ripari: il bacio della morte delle opposizioni. Visto il primo weekend è già prevista in piazza maggiore una manifestazione dei tassisti, si buttano sul manifesto i simboli dei partiti storicamente più invisi alla cittadinanza bolognese: Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega. E la manifestazione va deserta.
Passato e futuro
Diciamo innanzitutto che chi è causa del suo mal, pianga sé stesso: il progetto di ridurre la velocità urbana a 30km/h, e di lasciare 10-12 strade in tutto a 50km/h era già presente nel programma politico del PD, a pagina 22 (4). Mi riferisco ovviamente ai miei concittadini che pensano ancora di votare PCI, e adesso si stanno lamentando.
Però mal comune, mezzo gaudio: la strategia fa parte di un progetto ben più ampio, che nel disinteresse generale verrà replicata anche in ogni altra città, come già preannunciato. (5) Come spiega AdnKronos, ci sarà l’ «Inversione della regola attuale: nelle città diventa la normalità, i 50 km/h l’eccezione. Un anno di tempo a tutti i comuni per adeguarsi» Da cui si rinnova il detto: tu puoi anche non occuparti di politica, ma la politica si occupa di te. Inoltre c’è anche un’altra sponda di tipo governativo: esiste una proposta di legge attualmente al vaglio del parlamento, l’articolo 142 comma 8, che riguarda le sanzioni per chi viola il codice della strada, e il combinato con le regole di Bologna 30 è letteralmente incredibile (2), come riporta Il Resto del Carlino: «Recita il testo: Si incrementa la sanzione amministrativa pecuniaria (ora prevista fra 173 a 694 euro) ad euro fra 271 e 1084 e si introduce la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da 15 a 30 giorni, ma esclusivamente nei casi in cui la violazione dei limiti di velocità (inquadrata dai 10 ai 40 kmh, ndr) avvenga all’interno del centro abitato per almeno due volte nell’arco di un anno. Tradotto: in una Bologna a 30 all’ora, quando scatteranno le sanzioni (da gennaio), basta essere sorpresi a superare il limite di 10 chilometri orari – per due volte in un anno – per vedere sospesa la propria patente. » Date tempo ai nostri legislatori, e ne vedremo delle belle.
Il progetto che arriva da lontano
Tutti questi progetti ricalcano curiosamente gli obiettivi dell’Agenda 2030, specificati dal WEF già nel maggio 2021 (6): «perché non iniziamo a pensare alla velocità come ad un problema, piuttosto che ad una soluzione? » L’articolo si chiama proprio «schiavi della velocità: perché avremmo tutti dei benefici dalle ‘città lente’» e sottolinea tutti gli ipotetici vantaggi di una città più lenta usando come esempio il singolo caso delle zero morti per incidente della città spagnola di Potevedra, dove la normativa ha imposto limiti di velocità tra 30 ai 10 km/h. E il documento, molto candidamente, ammette di poter servire come guida per politici progressisti per aiutarli a mettere fine alla dannosa cultura della velocità nelle città. Tutto già delineato, da gente che di sicuro non risponde agli elettori né alle elezioni. E dove andremo a parare? Non serve imrpovvisarsi indovini, visto che anche il dettaglio è scritto tutto nero su bianco: prendiamo il documento “Arup C40 The Future of Urban Consumption in a 1.5C World” che spiega il progetto delle elite per le città del 2030. Pagina 86, capitolo 6.6.1: le emissioni delle auto private sono un problema. Ci sono due tipi di obiettivi per il 2030: l’obiettivo raggiungibile e progressivo è di ridurre le auto di proprietà a 190 su 1000 abitanti. Un modo carino per dire che potrà possedere un’auto solo 1 cittadino su 5. Spoiler: non stanno comunque parlando di me o di voi; noi siamo “gli altri 4”. Ma ancor meglio è l’obiettivo definito ambizioso: 0 veicoli privati. Zero.
(Ma tutto il documento è interessante: preferite viaggiare? Capitolo 6.7.1, pagina 90. Obiettivo progressivo, consentire solo 1 volo andata e ritorno breve (meno di 1500 km) per persona ogni 2 anni. Obiettivo ambizioso? 1 solo volo ogni 3 anni. Pensa che caso, dei jet privati si sono dimenticati. Vestiti? Capitolo 6.5.1, pagina 82. Obiettivo progressivo 8 nuovi capi per persona per anno. Obiettivo ambizioso? 3 nuovi vestiti per persona per anno.)
Conclusioni
Quindi come si concilia l’obiettivo green di Agenda 2030 con il far restare nelle strade le auto il doppio del tempo, a 30km/h? Semplice, si vuole disincentivare così tanto il traffico urbano che la gente non usa più l’auto. Anzi, in prospettiva, nemmeno se la compera. E come faranno le aziende automobilistiche a supportare questo colpo? Semplice: le auto se le compra il comune per fare mobilità pubblica. Così le auto le pagheremo lo stesso, con le tasse, e le chiavi dei nostri spostamenti le avrà comunque in mano il sindaco.
Bene, questo conclude i fatti ed i progetti già messi in campo. Se siete già sazi, potete fermarvi anche qua.
Complottisti!
Per quelli che sono malfidati come me, concediamoci un minuto per provare a fare anche gli indovini: abbiamo già verificato dal vivo un paio d’anni fa l’ingerenza dei governi nel controllo della popolazione, nella censura delle notizie scomode, e nella repressione delle proteste. In particolare in Canada, per impedire le proteste contro i lockdown del Covid, il primo ministro “ex WEF” era arrivato a bloccare i conti correnti bancari sia dei manifestanti che di chi li trasportava nelle piazze delle proteste. Cosa potranno fare i nostri governanti dal 2030 in poi, se tutte le auto saranno pubbliche e gestite informaticamente dal sistema centralizzato? Auguroni, e buona camminata… per chi è vicino. Chi è lontano non ci pensi nemmeno ad andare a protestare sotto i palazzi del potere o al porto tanto cruciale. Questa ultima parte è ovviamente solo un’ipotesi pessimista. Qualcuno ha detto ‘città da 15 minuti’? Ma no, quella è solo una teoria di complotto. In realtà stanno mettendo in campo tutte queste operazioni solo per salvare delle vite… che da sempe è la priorità dei potenti.
Fonte: luogocomune.net