Fine spiegato semplice.
di Alessandro Bianchi
Abbiamo chiesto all’Ambasciatore Alberto Bradanini[i], come sempre una bussola imprescindibile per comprendere i tortuosi tempi in cui viviamo, un commento più a freddo e ragionato sul Vertice BRICS di Kazan per “Egemonia”.
Buona lettura.
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L’INTERVISTA
Ambasciatore, dopo alcuni giorni dalla sua conclusione, quali sono i suoi giudizi più a freddo sul Vertice di Kazan?
Senza enfatizzare oltre misura e a dispetto del fastidio con cui viene accolto in Occidente, non pare vi siano dubbi che il vertice Brics di Kazan sarà riportato nei libri di storia. Gli accordi di Bretton Woods (1944) conferirono al dollaro lo status di valuta di riserva in tutto il mondo e inaugurarono l’era della prevaricazione, a vantaggio dei vincitori, gli Stati Uniti. Kazan ha ora decretato che l’epoca dell’immutabilità del privilegio è giunta a fine corsa. I rapporti di potere sulla scena internazionale non cambieranno domattina, ma a Kazan il Sud del Mondo ha aperto nuovi orizzonti, insperati spiragli di luce nel tunnel distruttivo dove intendono rinchiuderci i generali Stranamore del Nord del Mondo. Costoro, in veste di cupe gentildonne e gentiluomini affetti da ipocrisia e narcisismo, si agitano con movenze ridicole su un palcoscenico da incubo, tentando di riportare indietro l’orologio della storia, quando il Regno del Bene era sovrano assoluto ed estrattore unico delle risorse altrui.
Che messaggio, secondo lei, è stato mandato all’occidente da Kazan?
Oggi l’Occidente è una locomotiva impazzita, il suo deragliamento metterebbe fine al genere umano. L’eco che giunge da Kazan ha la concisione di un segnale telegrafico: “Il treno della storia si è rimesso in moto. Le pretese egemoniche dell’impero (nel silenzio ebete dei satelliti europei) hanno fatto il loro tempo. È ora di cambiare”! Riconoscere le proprie patologie è evidenza di maturità, una qualità assente presso gli imperi in declino, che finiscono in mano a individui boriosi e infantili, mentre il popolo resta assonnato all’ombra dell’irrilevanza. Ci aspettano tempi duri, prima che l’egemone unipolare ceda il passo a un ordine più equo e pacificato. Ma le basi sono state poste, anche se la sedicente superpotenza atlantica venderà cara la pelle, specie quella altrui, va detto, alla luce di quello che avviene in Ucraina, devastazioni e massacri di giovani e meno giovani, mentre l’Europa subisce un quotidiano saccheggio da parte delle corporazioni di Wall Street. Essendo impensabile sconfiggere sul campo la più grande potenza militare del pianeta, la strada intrapresa dai Brics è un’altra. Gli Usa hanno estratto profitti immensi dall’uso perverso e occulto della loro moneta, sottraendo ovunque ricchezze, risorse e lavoro (senza differenza tra amici e nemici). Per preservare i privilegi, oggi, tuttavia, non è più sufficiente la minacce di ricorrere alle 6000 testate nucleari o alle 7-800 basi militari sparse in 75 paesi, perché il mondo ha imparato a reagire.
Ma veniamo a Kazan. I paesi Brics (ai nove effettivi[1] si sono aggiunti altri 13[2] paesi partners, in attesa di una loro adesione formale) riflettono un mondo in straordinaria effervescenza, un incubo per le oligarchie occidentali che si ostinano a negarne la consistenza, come gli struzzi della nota metafora. Anche solo i nove Brics effettivi rappresentano un terzo del PIL mondiale in potere d’acquisto internazionale, ma quasi il doppio in termini di potere d’acquisto interno (PPP) e il 43% della popolazione del pianeta, con il 30% della produzione globale di petrolio, 23% dell’export e via dicendo (quasi tutto l’uranio che utilizziamo in Occidente viene dalla Russia, ad esempio). I paesi G7, abitati da meno del 12% della popolazione del pianeta (contro il 57% dei Brics), non arrivano al 30% del PIL (in PPP), e la loro quota dell’economia globale si riduce ogni giorno, poiché il Sud mondiale ha tassi di crescita superiori. I paesi Brics non intendono essere più depredati dall’Occidente con la forza, la finanza o la corruzione (politica, etica o materiale), ma nemmeno dalle classi dirigenti locali, spesso asservite o corrotte, e sono dunque alla ricerca di una nuova architettura, con la quale vogliono dialogare e commerciare a tutto campo: con l’Occidente (a condizioni eque!), tra di loro e con il resto del mondo, liberi dalle catene della sottomissione, che hanno patito per troppo tempo.
Uno dei punti più importanti del vertice ha riguardato la richiesta del superamento “del sistema di Bretton Woods”. Come potrebbe avvenire e che ruolo in tal senso assumerebbe la Nuova Banca di Sviluppo?
Da decenni, gli Stati Uniti fanno uso della loro moneta quale arma di estrazione di valore. A partire dalla crisi petrolifera del 1973, attraverso la stampa libera del dollaro, essi hanno acquisito un potere di ricatto inusitato nella politica internazionale, potendo con essa acquistare beni e servizi prodotti col sudore della fronte di miliardi di individui, cui si è col tempo aggiunto il potere di imporre a chiunque sanzioni economiche, finanziarie e bancarie (unilaterali e illegittime, come noto, ma assai efficaci). Oggi, il Sud Globale non vuole piegarsi alla sua vigilanza poliziesca, avendo raggiunto una dimensione politica, economica e militare che gli consente di sottrarsi alle regole e agli ordini che comprimono diritti e interessi di tutti. A Kazan, la presidenza russa ha avanzato proposte concrete per una trasformazione dell’odierno sistema monetario e finanziario. Uno degli obiettivi dei Brics è dunque quello di fornire un’alternativa, in prima istanza non sostituendo ma affiancando il cosiddetto ordine finanziario e bancario occidentale, cosicché, alla fine della corsa, il ruolo egemonico degli Stati Uniti si riduca, insieme alla loro capacità di creare turbolenze, rivolte e conflitti in ogni angolo del pianeta.
Sul piano tecnico, i Brics intendono mettere a punto un sistema unificato di deposito/compensazione, simile a Euroclear e Clearstream, che consenta transazioni transfrontaliere senza soluzione di continuità, che dovrebbero affiancarsi, se possibile, non sostituire i meccanismi occidentali, poiché la maggior parte dei Brics ha relazioni rilevanti con l’Occidente. L’impalcatura Brics verrebbe utilizzata in forma parallela, quando i vantaggi lo suggeriscono o in presenza di sanzioni contro uno dei paesi membri. L’istituzione di una moneta unica, tuttavia, è stata scartata alla luce di due fattori: a) la pessima esperienza dell’euro, che ha tagliato le gambe alle economie dei paesi strutturalmente diversi (l’Italia in primis) che prosperavano con grande successo in regime di cambi flessibili e b) il divario strutturale tra le economie dei Brics, difficilmente unificabili sotto l’ombrello di un medesimo sistema monetario.
I dettagli sono tuttora allo studio, ma qualcosa è già trapelato. Secondo il ministro delle finanze russo, Anton Siluanov, s’intende adottare la tecnologia digitale Distributed Ledger (DLT), che consente di registrare transazioni e dati in più paesi e tra diversi soggetti, che potranno così accertarne la cronologia in tempo reale, garantendo certezza e trasparenza. I dati saranno registrati su un ledger, non potranno essere modificati o eliminati e consentiranno l’esecuzione di contratti auto-eseguibili secondo termini incorporati nel registro di base. La sicurezza sarà rafforzata da tecniche crittografiche per evitare manomissioni e accessi non autorizzati. Le applicazioni della blockchain DLT saranno simili a quelle utilizzate dalle criptovalute, Bitcoin, Ethereum e altre. La DLT sarà preziosa anche nella gestione della catena di approvvigionamento, fornendo trasparenza e capacità di tracciamento delle merci, facilitando pagamenti, regolamenti di titoli e transazioni tra stati. Il sistema dovrebbe entrare a regime nel giro di qualche mese.
Cosa si aspetta dal punto di vista dell’integrazione finanziaria e del processo di de-dollarizzazione nel prossimo futuro?
Si tratta dell’inizio di un percorso imprevedibile ma foriero di sorprese, che un giorno (non sappiamo quando) costringerà gli Stati Uniti a rimpatriare quella montagna di dollari che circolano nel pianeta per tornare al suo stato primordiale, di carta spendibile solo all’interno. Non sarà per domani, tuttavia, quando ciò avverrà l’impero dovrà fare i conti con la realtà, cessando di vivere al di sopra dei suoi meriti e del suo lavoro. Le élite corporative di Wall Street scenderanno dall’Olimpo e come d’incanto cesserà anche la (neo-)colonizzazione dei popoli del mondo. Il governo americano non avrà le risorse per produrre armi, mantenere centinaia di basi militari nel mondo, bombardare popoli inermi e indifesi com’è sua abitudine. Alcuni paesi hanno da anni iniziato le danze. Il commercio Russia-Cina avviene già al 90% nelle rispettive valute (rublo e yuan), mentre altri Brics ricorrono al dollaro solo quando non vi sono alternative. Hanno tutti impresso nella memoria che, violando il diritto internazionale e il buon senso che dovrebbe presiedere le relazioni tra paesi, gli Stati Uniti hanno sequestrato 7 miliardi di dollari all’Afghanistan[1], 900 milioni al Venezuela[2], 6 miliardi all’Iran, 300 miliardi alla Russia[3], senza contare il sequestro dell’aereo del Presidente del Venezuela[4], il petrolio da anni i soldati Usa invasori[5] rubano alla Siria e la lunga lista di interferenze militari, economiche, commerciali, sanzioni e aggressioni palesi e occulte contro l’asse della resistenza! Parliamo di un paese violento e bellicoso, che una narrativa corrotta presenta quale grande democrazia protettrice dei diritti umani, fatta invero digerire a miliardi di individui sprovveduti attraverso il controllo dell’informazione.
Come si evolveranno secondo lei le varie organizzazioni del mondo multipolare? Non crede sia arrivato il momento di immaginare forme di una “integrazione delle integrazioni”, per usare un termine della diplomazia bielorussa. E che relazioni si creeranno con i nuovi protagonisti della scena internazionale?
Arduo, beninteso, predire il futuro. Tuttavia, non si torna indietro, la strada tracciata non verrà cancellata, potrà solo evolversi. I soprusi finanziari, economici e monetari continueranno ancora per un certo tempo, ma i Brics, sotto la leadership di Cina, Russia, India (anch’essa strutturalmente diffidente verso l’Occidente anglosassone, suo spietato e secolare colonizzatore) e via via gli altri non si faranno intimidire da minacce o sanzioni, perché oggi il Sud ha acquisito la forza per resistere e reagire. In un palcoscenico centrato sulla multi-nodalità e la multipolarità, non sorprende che i media occidentali (italiani come spesso in prima fila) abbiano occultato lo straordinario successo del Vertice di Kazan. Quelli anglosassoni, pur occultamente contrariati, si sono alfine piegati all’evidenza, riconoscendo il fallimento della fiabesca rappresentazione dell’isolamento della Russia. È tuttavia improbabile che l’Occidente Collettivo, guidato da Washington, accetti di aprire una pagina nuova, di graduale pacificazione e ribilanciamento di poteri. Esso accentuerà invece la postura bellicista cercando di rinviare quanto più il momento della resa dei conti, battagliando fino all’ultimo uomo prima di alzare bandiera bianca. Ci auguriamo di essere in errore.
Nella loro dichiarazione i paesi Brics chiedono formalmente una riforma delle Nazioni Unite e in particolare del Consiglio di sicurezza. Visto anche il fallimento dinanzi il genocidio in corso in Palestina, che tipo di Nazioni Unite hanno in mente i Brics?
I Brics intendono tutelare i loro interessi sulla scorta del principio di sovranità, vale a dire la libertà di scegliere in piena libertà il proprio sistema politico ed economico, negando valore all’insensato binomio del politologo imperialista americano di origine giapponese (F. Fukuyama “la fine della storia e l’ultimo uomo”, 1992), secondo il quale il mondo intero sarebbe destinato a precipitare nell’imbuto ineludibile di democrazia liberale/economia di mercato. Profezia mai avveratasi, beninteso, poiché la storia è maestra di sorprese, oltre che di vita. Con buona pace di Fukuyama, i popoli insistono a cercare un mondo migliore, dove risorse, lavoro e benessere siano distribuiti in modo equo e rispettoso di tutti. I Brics non mirano a demolire l’attuale ordine internazionale, ma a riformarlo (Nazioni Unite, Banca Mondiale, Fondo Monetario, Organizzazione del Commercio), con o senza il permesso degli Stati Uniti, creando un’impalcatura finanziaria indipendente (parallela o alternativa saranno le circostanze a dirlo) in vista di un ordine globale fondato sulla legge internazionale non sulle regole decise solo dall’Occidente (il famigerato rules-based world order). Attori di tale orizzonte, insieme ai Brics, sono già oggi l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, la cinese Belt and Road Initiative e le diverse aggregazioni di estensione continentale, che ora troveranno nei Brics il loro baricentro.
Ripercorrendo la genesi delle strategie emerse a Kazan, si parte dalla crisi della Crimea nel 2014 e l’escalation militare in Ucraina del febbraio 2022. Da allora, Stati Uniti e Unione Europea escludono la Russia dalla rete Swift e ne congelano gli asset depositati nelle banche occidentali, dando vita a Euroclear, con il fine di comprimere la capacità russa di condurre transazioni internazionali. Anche l’Iran, altro paese Brics, da decenni sottoposto a dure sanzioni Usa-Europa, deve affrontare sfide analoghe, così come Cuba, Venezuela, che beninteso, come si legge nei documenti della Cia, costituiscono una minaccia esiziale alla sicurezza degli Stati Uniti d’America! Col tempo, è probabile che altri paesi, esterni ai Brics, vorranno agganciarsi alla nuova impalcatura finanziaria per sottrarsi alla tagliola imperiale. In ultima analisi, il Sud Globale propone alla comunità delle nazioni un modello di ordine internazionale diverso e inclusivo, che non rifletta la costellazione di potere uscita vincitrice dalla Seconda guerra mondiale Usa. Alla Conferenza di Bretton Woods (1944) la Repubblica Popolare di Cina non esisteva e l’India era ancora una colonia, mentre queste due nazioni sono ora grandi potenze, in atto o in fieri. Oggi, poi, nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite siedono potenze medie come Francia e Regno Unito, mentre l’India (1,45 mld di persone) e l’Africa intera ne sono escluse. Insomma, è giunto il tempo di una riforma che restituisca equità al sistema e rispetto effettivo al Diritto Internazionale, così profondamente umiliato dagli Stati Uniti in 80 anni di prevaricazioni.
Tra i 13 i paesi “partner” che ambiscono ad entrare nei Brics ci sarà anche la Turchia, un paese Nato, oltre a Cuba e Bielorussia. Non il Venezuela, nonostante la presenza del presidente Maduro a Kazan per un veto del Brasile che ha fatto molto discutere. Quali paesi “partner” daranno secondo lei il maggior contributo allo sviluppo dell’organizzazione?
Potranno contribuirvi tutti i paesi che avranno il coraggio di prendere le distanze dall’incubo del Grande Fratello, un impero in disfacimento, sebbene non sarà celere come qualcuno potrebbe sperare, anche se i Brics diventeranno gradualmente un magnete di attrazione per tutto il mondo emergente. Se riuscirà a fornire ai paesi poveri e indifesi concreti ritorni in termini di benessere e sviluppo sociale, essi daranno un contributo straordinario alla costruzione di un pianeta plurale, rispettoso di ogni popolo e pacifico.
Quanto alla Turchia, Erdogan mostra indubbio coraggio ad avventurarsi nelle praterie del Sud, sebbene ne mostri molto meno davanti ai quotidiani bombardamenti con cui il governo terrorista di Israele sta massacrando il popolo palestinese. La Turchia, pur essendo paese Nato sottomesso alle direttive ultime degli Stati Uniti, resta un paese sulla soglia, da Erdogan sospettati di aver tentato un colpo di stato contro di lui nel luglio 2016. Candidato perenne all’ingresso nell’Unione Europea, inoltre, Ankara non riesce a vincere l’opposizione del direttorio franco-tedesco che decide fatti e misfatti nella cosiddetta Unione. La Turchia ha inoltre bisogno del petrolio e del gas russo che importa attraverso il Mar Nero su cui si affaccia. Da qualche anno è attratta dalla prospettiva di crescita e di stabilità che il Sud del mondo promette attraverso i Brics. Si potrà in futuro misurare la capacità di Ankara a trovare una sintesi tra interessi contrapposti, tenendo conto che da ex potenza imperiale essa vive in una regione inquieta, cui è legata anche dalla religione islamica, quale attore politico-militare tutt’altro che marginale. L’ingresso della Turchia nei Brics, in ogni caso, potrà aver luogo solo se saranno superate le riserve di Russia e Cina, non ancora totalmente convinte di poter aggregare un paese facente parte della principale organizzazione militare ostile sia ai Brics che al Sud del mondo.
Quanto al Brasile resta oscuro e indecifrabile che Lula da Silva si sia piegato alle pressioni americane impedendo l’ingresso del Venezuela nei Brics a Kazan, tanto più che alcune indiscrezioni avrebbero suggerito che la ragione della sua assenza dal Vertice non sia da addebitarsi a un incidente. Si vedrà più avanti cosa è realmente accaduto. L’adesione di altre nazioni, tra cui quelle caratterizzate da posizioni radicali, non dovrà caratterizzare il gruppo come piattaforma di antagonizzazione anti-americana, punto di vista cui New Dehli in particolare ha chiesto di prestare massima attenzione.
Cosa ha rappresentato il Vertice di Kazan per la Russia? Lo giudica un successo?
Il Vertice è stato un successo straordinario per Mosca, a dimostrazione che la Federazione Russa è sostenuta da un’ampia platea di nazioni, la maggioranza della popolazione mondiale, che non condivide la mistica dell’invasione non provocata dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, ma reputa che la guerra – architettata a tavolino dagli Stati Uniti (trascinatisi al seguito i vassalli europei) – aveva lo scopo di dissanguare e frantumare la Russia, per depredarne le immense risorse, indebolendo poi la Cina sua alleata, quale cruciale obiettivo ultimo, depredando (en passant) le ricchezze di un’Europa alla deriva. I popoli fuori dall’Occidente hanno consapevolezza che quella guerra era iniziata nel 2014 (non nel 2022) e aveva lasciato sul terreno 14.000 vittime russe della regione del Donbass, così come sanno bene che lo stato terrorista di Israele può agire impunemente, massacrando una popolazione inerme, solo perché sostenuto incondizionatamente da un impero in declino, ma ancora il più potente sulla terra. Quegli stessi popoli si domandano altresì se governi e popolazioni occidentali non siano usciti di senno, cadendo in preda a confusione strategica e degrado morale, foriero di guai per tutti. Negli anni ‘50, quando si levava nebbia sulla Manica, il Times di Londra usava scriveva che il continente europeo era isolato. In una metaforica analogia, i governi occidentali odierni, vedendo la nebbia che ci separa dal resto del mondo, sembrano convinti che 8,8 miliardi di individui siano isolati. Beh, sarebbe bene che costoro rinsavissero quanto prima. Le classi cosiddette dirigenti europee, per parte loro, avendo abbracciato nichilismo, masochismo, cecità, depressione economica e psicologica, insieme a un patologico bisogno di potere e ricchezze, preferiscono l’oblio, la fuga, la schiavitù. Quanto al posizionamento, salta agli occhi che non sono i Brics ad aver assunto una postura antioccidentale, ma il contrario, sotto la guida forzosa degli Stati Uniti, tanto per cambiare, codardi e insensibili a una possibile escalation che sarebbe esiziale per il destino dell’umanità. In sintesi, per finire, i punti-chiave della Dichiarazione di Kazan sono i seguenti: a) rafforzamento del multilateralismo, affinché crescita e sviluppo non vadano solo a vantaggio dei paesi ricchi e potenti, garantendo la sicurezza a tutti, nel rispetto dei principi di sovranità, non interferenza e uguaglianza tra le nazioni; b) solidarietà e cooperazione tra i Brics sulla base di interessi reciproci, per affrontare insieme le sfide globali; c) riforma delle Nazioni Unite e delle altre istituzioni multilaterali, per un’equa rappresentanza nel Consiglio di Sicurezza e in ogni altra istituzione multilaterali; d) cooperazione finanziaria, sviluppo di valute locali e sistemi di pagamento alternativi; e) cambiamenti climatici, cooperazione tra paesi del Sud, adattamento e sviluppo sostenibile; f) turismo, servizi sociali, istruzione, formazione giovanile, sviluppo delle competenze scientifiche e tecnologiche, innovazione, imprenditorialità, servizi sociale e volontariato, tenendo lontano l’Occidente predatorio, in drammatica perdita di credibilità.
A marcare il successo del Vertice di Kazan deve aggiungersi, inoltre, l’accordo strategico che Cina e India hanno raggiunto sulla disputa di confine che si protraeva dal 2020. Un compromesso tutt’altro che scontato. A margine del vertice, Xi Jinping e Narendra Modi si sono incontrati (per la prima volta in cinque anni), al termine di un percorso facilitato da V. Putin, rafforzando così la coesione all’interno dei Brics. Il successo della progettualità del gruppo, del resto, richiede quale condizione imprescindibile la buona intesa tra i partner principali, dunque tra Cina e India, le nazioni più popolose al mondo. Un successo questo, conseguito a dispetto degli sforzi a contrario esperiti dagli Stati Uniti per seminare discordia tra New Dehli e Pechino in ogni possibile modo.
[1] Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi Uniti, Iran
[2] Algeria, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakhstan, Malesia, Nigeria, Tailandia, Turchia, Uganda, Uzbekistan, Vietnam
[3] https://www.tempi.it/biden-ruba-7-miliardi-afghanistan-perfino-il-washington-post-si-indigna/
[4] https://www.farodiroma.it/i-fondi-sequestrati-al-venezuela-nelle-banche-usa-dirottati-alla-costruzione-del-muro-di-trump-contro-i-migranti/
[5] https://it.usembassy.gov/con-litalia-studiamo-il-sistema-per-dare-allucraina-i-fondi-russi-confiscati/
[6] https://www.wired.it/article/venezuela-sequestro-aereo-nicolas-maduro-stati-uniti/
[7] http://www.italian.people.cn/n3/2023/0105/c416704-10192073.html
[i] Alberto Bradanini è un ex-diplomatico. Tra gli incarichi ricoperti, è stato Ambasciatore d’Italia a Teheran (2008-2012) e a Pechino (2013-2015). È attualmente Presidente del Centro Studi sulla Cina Contemporanea e autore di saggi e ricerche. Ha inoltre pubblicato “Oltre la Grande Muraglia” Ed. Bocconi 2018; “Cina, l’irresistibile ascesa”, Ed. Sandro Teti, 2022″ e Cina, dall’umanesimo di Nenni alle sfide di un mondo multipolare”, Ed. Anteo, 2023.
Fonte: lantidiplomatico.it