Fine spiegato semplice.
Dall’ottobre 2023 a oggi le forze russe in Ucraina hanno preso il controllo di oltre 1.850 kmq di territorio, avanzando a una media di cinque kmq al giorno. Una cadenza, nota Evegenij Balakhin su RIA Novosti, dovuta al perfezionamento delle tattiche di guerra russe e allo sviluppo della propria industria militare: dal 2022, la produzione di missili e artiglieria è aumentata di oltre 22 volte; quella dei mezzi di guerra elettronica e ricognizione di 15 volte e quella delle munizioni di 14 volte.
Ma la veloce avanzata russa è dovuta soprattutto all’esaurimento di “materiale umano” dell’esercito di Kiev, tra perdite dirette al fronte (fonti di Mosca parlano di oltre 700.000 uomini), diserzioni in massa e fuga di decine di migliaia di giovani in età di richiamo. A gennaio 2024 Vladimir Zelenskij parlava di 880.000 uomini in servizio, ma a inizi ottobre la Procura generale ucraina aveva avviato oltre 45.000 procedure per “assenza” e “diserzione”, mentre secondo il giornalista Vladimir Bojko (in servizio nella 101° brigata ucraina) «il numero dei disertori si sta già avvicinando a 200.000».
Per compensare tali cifre, la junta nazigolpista ricorre all’arruolamento di mercenari; ma, anche questi, a detta di Mosca, a inizi 2024 erano appena 13.500, di cui quasi seimila uccisi e 5.600 fuggiti. Ora poi che la Rada si è espressa contro la mobilitazione dei giovani tra i 18 e i 25 anni, il prossimo anno la carenza di uomini rischia di diventare critica.
Ma, a coprire la voragine di chair à canon non bastano più nemmeno le forniture di armi occidentali, dato che, come scrive The Washington Post, i paesi UE non dispongono più di armi a sufficienza da inviare a Kiev e, nonostante i grossi volumi di armi da UE, Gran Bretagna e USA, le industrie di guerra di questi paesi non erano in realtà fin qui orientate a coprire conflitti così estesi. Da parte sua, il Ministro della guerra ucraino Ruslan Umerov ha dichiarato che quest’anno sono già stati stanziati circa 4 miliardi di dollari per l’industria militare e la junta ha firmato contratti con alcuni colossi quali la tedesca Rheinmetall e il gruppo franco-tedesco KNDS.
Ma, d’altra parte, come rilevano gli stessi guerrafondai yankee della ISW, la nuova tattica delle forze russe è quella di colpire proprio le fabbriche di armi ucraine, in cui la UE investe i soldi dei contribuenti europei: in particolare i complessi di Khar’kov, Nikolaev, Kramatorsk, Zaporož’e e Dnepropetrovsk da cui escono droni, missili, veicoli blindati, motori per aerei, ecc.
Insomma, la stanchezza di molti paesi UE per il conflitto è sempre più evidente. Così, Berlino ha deciso di cessare l’invio di armi pesanti: secondo fonti della Bild, il nuovo pacchetto di aiuti militari tedeschi a Kiev riguarda soltanto lo scorso anno finanziario e dunque, dopo la fornitura degli ultimi 18 “Leopard 2”, non sono previste altre consegne; lo stesso per l’invio di blindati e obici. Anche nell’incontro del 11 ottobre scorso, Olaf Scholz ha semplicemente ignorato l’ennesima richiesta di Zelenskij di poter utilizzare missili da crociera a lungo raggio “Taurus” per colpire il territorio russo.
Come ricorda Vladimir Karasëv su news-front.su, Zelenskij, a Zelenskij non è andata meglio nemmeno nel suo tour americano, non essendo riuscito, per ora, a convincere la Casa Bianca a inviare missili alati “AGM-158A Jassim” e sistemi di trasmissione dati “Link 16” per gli F-16.
E nemmeno la Francia fornirà a Kiev i Dassault “Rafale”, mentre è confermata la fornitura di un non meglio precisato numero di caccia multiruolo Dassault “Mirage 2000-5”. Pare che il Ministro della guerra francese Sébastien Lecornu si sia opposto all’invio dei più avanzati “Rafale” a causa dell’elevata domanda globale, che ne ha ritardato la produzione e ha persino influito sull’espansione della flotta aerea francese. Ma anche la consegna dei “Mirage 2000-5”, ha detto Lecornu, dipende dall’addestramento in Francia dei piloti ucraini. Nel 2020, ricorda The National Interest, Parigi si era posta l’obiettivo di portare da 102 a 129 entro il 2025 i “Rafale” in servizio alla Francia; ma, secondo AeroTime, il successo commerciale del caccia, con ordinativi da Serbia, Grecia, Croazia, ritarderà almeno fino al 2030 il raggiungimento dell’obiettivo; la conseguenza è che Kiev (per ora) non li riceverà.
In compenso a tutto questo, stando alla britannica The Financial Times, il complesso militare industriale occidentale brama ad almeno dieci anni di guerra in Ucraina, vantaggiosi per investimenti su larga scala, servendosi di appaltatori in giro per il mondo per aumentare la produzione di munizionamenti, missili e motori per missili. Così, la tedesca Rheinmetall programma di portare la produzione di proiettili da 155 mm dai circa centomila di inizi 2022 a oltre un milione entro il 2027. La svedese Saab ha raddoppiato la capacità della sua divisione di mezzi da combattimento (incluso munizionamento), con 200.000 pezzi l’anno, contando di arrivare a 400.000 nel futuro più prossimo.
Ma perché tali colossali investimenti siano risultativi, l’industria di guerra necessita di contratti, appunto, di almeno dieci anni, per forniture su larga scala in grado di garantire ammortamento e utili “ragionevoli”. Dunque, nero su bianco, il complesso militare-industriale occidentale chiede una guerra di almeno 10 anni. E il suo appello, commenta Elena Panina ancora su news-front.su, è già stato accolto. Oltre una ventina di paesi hanno concluso accordi con l’Ucraina proprio per 10 anni: c’è bisogno di rimpolpare le scorte occidentali, quasi esaurite per le forniture a Kiev e allo stesso tempo accumulare riserve per una guerra di “lunga durata”, per essere pronti, come dicono a Bruxelles, «allo scontro con la Russia entro il 2029-2030».
È certamente anche in questa prospettiva che viene annunciato l’accordo tra Rheinmetall e Leonardo per dar vita alla joint venture “Leonardo Rheinmetall Military Vehicles”, per la costruzione in Italia di carri armati basati sullo sviluppo del “Panther” e del blindato-fanteria “Lynx” di Rheinmetall, scrive Arnold Schölzel su Die junge Welt. Sede centrale della LRMV sarà a Roma, mentre la sede operativa sarà a La Spezia, presumibilmente, presso gli spazi di Oto Melara.
Parlando a nome di Rheinmetall, Armin Papperger ha detto che in molti paesi, come USA, Medio Oriente o Australia c’è necessità di modernizzare il settore. A medio termine, dovranno essere sostituite diverse migliaia di vecchi carri armati, soprattutto nell’Europa dell’Est. Roberto Cingolani ha ricordato che, in origine, Leonardo aveva intenzione di unirsi al concorrente di Rheinmetall, la franco-tedesca KNDS, ma le trattative non erano andate in porto.
La nuova società, scrive Arnold Schölzel, potrà inizialmente contare su ordini di blindati per «20-25 miliardi di euro da parte del governo fascista di Roma». Il governo italiano, infatti, ha ribadito Cingolani, intende acquistare più di 1.000 corazzati da combattimento, compresi mezzi di difesa aerea, ricognizione e anticarro, oltre ai veicoli da combattimento per la fanteria. La LRMV dovrebbe anche contribuire a definire il calendario della possibile partecipazione di Leonardo al futuro sistema da combattimento principale europeo (MGCS), destinato a sostituire il tedesco “Leopard 2” e il francese “Leclerc”.
Rheinmetall ha realizzato un fatturato di 7,2 miliardi di euro nel 2023 e punta ai dieci miliardi nel 2024, collocandosi alla 20° posizione mondiale del settore, con Leonardo al 14°, per un fatturato di 15,3 miliardi di euro nel 2023, con poco più del 30% delle azioni detenute dallo stato italiano.
I soldi per la guerra non mancano mai.
Fonte: lantidiplomatico.it