La Turchia volta le spalle all’Europa e collabora con Cina e Russia in Afrasia

Spiegato semplice

La Turchia sta cercando di aiutare i paesi africani, come lae l’Etiopia, a risolvere i loro problemi. Un importante rappresentante turco ha incontrato i leader di questi paesi per trovare accordi che possano mantenere la pace. La Turchia ha anche investito molto in Africa, come quando ha riaperto i voli per Mogadiscio. Altri leader africani, come il presidente del Ruanda, apprezzano l’aiuto dellaper risolvere le tensioni con altri paesi. Inoltre, la Turchia sta cercando di collaborare con altri paesi, come la Cina, per costruire strade e porti che possano aiutare il commercio.

Fine spiegato semplice.

di Gabriele Germani

Prosegue la strategia africana di Ankara. Il vice-ministro degli Esteri Burhanettin Duran è volato nel continente per incontrare il suo omologo e il presidente della Somalia. In precedenza aveva avuto dei summit con le autorità etiopi ad Addis Abeba.

La missione arriva dopo l’accordo tra i governi del Corno d’Africa mediato da Erdogan. I due Stati hanno trovato la quadra, stabilendo delle trattative per step e arrivando ad un compromesso che garantisce l’unità dello stato somalo e il diritto dell’Etiopia ad avere un accesso al mare.

L’integrità territoriale somala è tornata al centro del dibattito dopo che Donald Trump ha indicato tra le possibili mete per i palestinesi di Gaza il Somaliland (uno stato separatista nel Nord) e il Puntland (una regione autonoma).

Dietro il successo turco, una catena di investimenti che garantisce la penetrazione nel continente. Celebri le operazioni di Turkish Airlines che nel 2012 è stata la prima compagnia a riaprire i voli verso Mogadiscio.

Nei giorni precedenti, Kagame – il presidente del Ruanda – ha detto di aver apprezzato le capacità di mediazione turche e che accoglieva positivamente il tentativo di mediare tra il suo paese e la Repubblica Democratica del Congo.

I due Stati hanno avuto rialzo delle tensioni dopo che le milizie del M23 hanno occupato la città di Goma – nel Nord Kivu -, l’aeroporto cittadino e le miniere di coltan adiacenti. Secondo Kinshasa, queste operazioni avrebbero avuto l’assistenza ruandese. Questo apprezzamento è stato reso noto durante una visita ufficiale di Kagame ad Ankara.

Quando scoppiano le crisi, i leader africani volano in Turchia per cercare soluzione, consigli o armi.

Erdogan ha ottenuto la candidatura a membro dei BRICS (a cui ancora non ha risposto), rilanciato l’Organizzazione degli Stati Turchi, rinnovato il D8, capeggiato l’opposizione a Israele nel mondo musulmano, svolto un ruolo decisivo in Siria, nelle rivalità tra Armenia e Azerbaigian e così in Libia (sempre Turkish Airlines ha ristabilito i voli diretti con Bengasi pochi giorni fa), Somalia, Etiopia, Sahel e ora nella regione dei Grandi Laghi.

L’avvicinamento all’ASEAN proietta la Turchia sul lato opposto del continente euroasiatico, direttamente alle porte di Pechino. Ankara partecipa agli incontri del gruppo dal 2013 e nel 2014 ha conseguito un accordo di libero scambio con la Malesia (altro membro del D8).

Erdogan si è di recente recato in visita a Kuala Lumpur. L’anno scorso i due paesi avevano firmato degli accordi per la fornitura di tre corvette al paese del Sudest asiatico.

Il tour prevede altre due tappe: Indonesia e Pakistan. Quattro giorni per i tre giganti musulmani dell’area. Il premier ha ricevuto anche un dottorato in relazioni internazionali presso l’Università di Kuala Lumpur.

La proiezione turca si sovrappone a quella cinese e i due paesi sembrano destinati più a collaborare che competere.

Le infrastrutture cinesi creano autostrade per il soft power e la diplomazia neo-ottomana lungo le coste dell’Africa orientale e dell’Asia centrale. La Turchia è territorio di transito per i gasdotti centroasiatici (dal mondo turanico, sic!) e per la Via della Seta; è mediatore tra Russia e NATO, leader del mondo musulmano, arriva a proiettarsi fino al Pacifico o al Golfo di Guinea.

Erdogan ricalca un modello che Pechino e Mosca hanno già adoperato negli –stan ex sovietici. Con Mosca l’intesa è militare, con Pechino economica. Gli investimenti in gasdotti e porti tra il Caspio e il Mar Nero e la necessità di controllare il Corridoio di Zangezur vanno in questa direzione.

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Fonte: lantidiplomatico.it

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