Impressioni su Hollywood che brucia

Spiegato semplice

La California, un tempo vista come un luogo di libertà e ribellione, oggi sembra essere cambiata molto. In passato era famosa per la musica, il cinema e le idee nuove, ma ora sembra più un posto dove le persone seguono regole rigide e dove ci sono molti problemi, come le persone senza casa. Anche se ci sono incendi che distruggono

Fine spiegato semplice.

Da Nestor Halak per Comedonchisciotte,org

L’idea di California ha avuto un destino piuttosto singolare per quelli della mia generazione. Quando eravamo adolescenti, rappresentava la punta più avanzata del mondo nuovo, era la rivolta, ma anche la repressione, era sesso, droga e rock and roll, il mondo degli hippies, la San Francisco degli anni sessanta sdolcinata e lisergica, la rivoluzione sessuale, l’allucinata Big Sur, era Bukowsky,  il nuovo cinema di Hollywood: sugli schermi andavano film  come Il Laureato, che non esplicita nulla, ma traspare tutto, Easy Rider, Cinque Pezzi Facili, Soldato Blu, Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo, Rivoluzioni per Minuto, e tutti gli altri, Chi non avrebbe voluto essere lì?

Al giorno d’oggi, con lo straripare del wokismo, è come se le utopie di allora si fossero rivoltate su se stesse, specie ine fossero divenute una dittatura che grottescamente conserva come slogan solo le parti più superficiali e letterali delle idee di un tempo, sterilizzando accuratamente qualsiasi sentore di rivolta e libertà, soggiacendo platealmente ad un nuovo capitalismo tecnologico totalitario e omnipervasivo, perdendo completamente qualsiasi connotazione di “sinistra” , cioè di giustizia sociale, che almeno a noi, a vederla dall’Europa, in qualche modo richiamava. L’unica cosa che la California ha conservato è proprio il fatto di essere la terra di punta, il luogo dove le tendenze del momento si manifestano più forti che altrove. Lo stato più ricco del mondo, non riesce neanche più a nascondere le frotte diche si accampano per i centri sempre più deserti delle città.

Poi, all’improvviso, l’onnipotenza dell’iperoligarchica digitale, siliconica e filantropica, scoppia come un palloncino davanti ad un evento che per noi periferici italiani non rappresenta più uno spauracchio da tempo, ma al massimo una “minaccia all’ambiente” ed a qualche seconda casa abusiva su una collina a picco sul mare. E’ vero, è un terrore che i nostri propagandisti televisivi tentano pateticamente di risvegliare ogni estate, ma d’altra parte nei titoli meteo ogni acquazzone è un diluvio, ogni giorno di sole è una siccità biblica (non uscite nelle ore più calde! Non disidratatevi!) e se è variabile, si prepara il peggio. Il pubblico, stanco e annoiato, cambia fiction.

Del resto è passato molto tempo dall’ultimo incendio di Roma sul quale Nerone cantava (come vogliono farci credere i giornalisti antichi).  Si scrive, è vero, che la Sardegna brucia, ma lo sanno tutti che a bruciare è qualche bosco cui hanno dato fuoco per interesse, per cui quando si legge Los Angeles brucia, si tende a farci la stessa tara: vabbé, qualcuno avrà scordato il fornello acceso, ma cosa volete che bruci, l’asfalto del Sunset Boulevard? Al massimo brucerà una palazzina, qualche scarpata.

Ma poi ti prende la curiosità e guardando meglio sembra che qualcosa bruci sul serio: a quanto pare a Los Angeles bruciano più facilmente le case che non la sterpaglia, i garage che non l’erba secca. Viene da chiedersi: ma come diavolo le costruiscono queste case? Altro che speculazione edilizia. Più che di legno sembrano fatte di cartone con l’esca di paglia: bruciano meglio di una fabbrica botti di Casoria! L’impressione del cartone è peraltro confermata dalle scene dei film dell’industria nei quali i cattivi volano attraverso le porte, le finestre e perfino le pareti. Non faccio per vantare le nostre eccellenze italiane, ma qui se sbatti contro un muro, ci rimbalzi. Sarà per questo che Hollywood brucia con tale vivacità.

Quel che è più buffo è che persino le superville dei super ricchi bruciano come fossero fiammiferi nonostante che, per meravigliare il popolo ignorante, ci raccontino spesso dei mirabolanti prezzi a cui sono scambiate che viaggiano a colpi di milioni di dollari. A quanto pare, milioni di dollari in cartongesso. Forse più cartone che gesso. Il cinema è finzione.

I “giornalisti”eccitati dal lutto del padrone, soprattutto gli indispensabili inviati a nostre spese sul posto,  appaiono con la faccia mesta di circostanza ad enfatizzare le perdite che, con tutto il rispetto ammontano a qualche decina, mentre i loro amici continuano da oltre un anno a massacrare i palestinesi a Gaza a decine di migliaia senza che sia mai venuto loro in mente di drammatizzare nemmeno per un centesimo di quanto fanno per glicaliforniani. Nessuna intervista alle madri coi figli morti in braccio, nessun elenco di nomi, nessuna storia individuale  strappalacrime. Più che l’immaginazione, è l’ ipocrisia al potere.

Se succedesse qualcosa di simile in Russia o in Cina, potrebbero almeno approfondire le cause parlando degli errori che hanno portato alla disgrazia, delle gravi carenze pubbliche, del disprezzo dei governi locali per i diritti e financo per la vita dei cittadini, della lunga storia di soprusi sulla gente: in California, invece, le disgrazie son disgrazie, accadono perché accadono, c’è poco da spiegare, poco da dire, è il vento, il deserto. C’è solo da intervistare qualche insopportabile “italiano che vive a Los Angeles” e che se ne vanta anche molto, come facesse chissà quale prodezza. Questa volta, però, ha perso tutti i suoi cartongessi a causa del vento  che portava le fiamme giù dalle colline di Palisade. Non so perché, ma mi pare di sentire John Belushi in “1941” che grida che i giapponesi sono atterrati in un campo di carciofi giù a Pomona. Non vorrei che questi italiani finissero per chiedere un contributo a fondo perduto  al nostro governo.

Intanto vengono inquadrati un po’ di detriti bruciacchiati rasoterra, come fosse stato un pollaio più che una casa e il furgone del Ranger Walker con le ruote evaporate e accanto una palma che, tutto sommato, non sembra essersela cavata troppo male: ha ancora le fronde!

Uno degli italo intervistati sostiene che sono bruciate persino le torri dei “Baywatch” (fuor di fiction, intende dire i trespoli dei bagnini), sulle mitiche spiagge dove all’inizio dei tempi Heracles Americano sconfisse il Leone della Metro Goldwin Mayer e ne trasse una veste. E sì che le spiagge non bruciano facilmente.

Che dire amici, stracciamoci pure le vesti per il grande incendio di Hollywood, esterniamo, con i nostri grigi comandanti, “i sensi delle nostre più vive condoglianze”, commuoviamoci per le ville die per i nostri valorosi italo californiani, la commozione non difenderà la popolazione palestinese né quella Ucraina dalle armi da noi appoggiate, ma  toglierà almeno un poco di spazio all’onnipresente esaltazione del coraggio e della resistenza della fulgida eroina, inclusiva e sostenibile, che ha mangiato maluccio in hotel, ma ciò non ostante col suo braccio libertario ha alla fine sconfitto gli orchi di Teheran.

Fonte: comedonchisciotte.org

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