Fine spiegato semplice.
Sta creando molto scalpore un nuovo caso che coinvolge Telegram, uno dei più grandi social network del mondo con messaggeria criptata. Il suo fondatore e presidente, Pavel Durov, è stato arrestato sabato sera dopo l’arrivo del suo jet privato a Parigi per uno scalo tecnico (pare).
Con un comunicato ufficiale il presidente Macron ha sostenuto che il suo arresto è avvenuto nell’ambito di un’indagine scaturita da una serie di accuse, tra cui la complicità nella detenzione e nella condivisione di materiale pedopornografico, la complicità nel traffico di droga e il riciclaggio di denaro ad opera della criminalità organizzata. “Non si tratta in alcun modo di una decisione politica. Spetta ai giudici decidere”, ha dichiarato Macron.
A onor del vero, va detto che simili accuse potrebbero essere rivolte a tutti i social network conosciuti. Perché oggi si colpisce solo Telegram?
Dopo questo arresto si sono ovviamente agitati tutti coloro che sono sempre più preoccupati per l’attacco alla libertà di informazione che viene portato con crescente aggressività ai social media dalle istituzioni di Paesi come la Gran Bretagna e dalla stessa UE, il cui commissario Thierry Breton ha scritto una lettera minacciosa a Elon Musk sostenendo che nell’ex Twitter, oggi X, girano troppi pensieri in libertà. Anche in seguito all’approvazione della direttiva europea Digital Service Act (DSA), talmente fumosa da poter autorizzare qualsiasi abuso di carattere censorio, l’allarme tra i social network e i loro utenti è molto alto.
Ma questo è solo un aspetto della questione, sia pure molto importante. C’è qualcos’altro, dietro questa faccenda, degno di un romanzo di Michael Crichton.
Il fatto è che Telegram è usato da tutti i servizi segreti, da tutti gli Stati, da tutti i movimenti terroristi per la sua sicurezza di criptazione.
Durov era stato messo sotto pressione dai russi perché consegnasse i dati di loro interesse, ma non l’ha fatto. Non se la passava bene, ma era libero. Va detto che anche Apple si era rifiutata di consegnare dei dati richiesti dall’amministrazione americana.
Improvvisamente Durov decide di andarsene e passa da Parigi. Anzi, c’è un retroscena che ipotizza una nuova versione: altro che scalo tecnico, sarebbe andato di sua volontà a Parigi per trattare un salvacondotto. In cambio di cosa? Le conversazioni e i documenti criptati su Telegram potrebbero sconvolgere molti Stati, la cui diplomazia si è molto spesso svolta all’impronta dell’ipocrisia. Per non parlare dei Five Eyes, i cinque servizi segreti ritenuti più attivi nel perseguire un ordine mondiale in linea con gli obiettivi dello Stato Profondo.
Mancano due mesi alle elezioni americane, e data la quasi parità dei sondaggi attuali – per quello che contano sondaggi fatti adesso da istituti assai poco indipendenti – rivelazioni bomba potrebbero fare la fortuna/sfortuna di uno dei due candidati.
“Tutti coloro che sono soliti utilizzare Telegram per conversazioni con dati sensibili dovrebbero cancellare subito quelle conversazioni e non farne mai più”, ha dichiarato l’utente russo Margarita Simonyan in un post su Telegram. “Durov è stato arrestato per ottenere le chiavi di criptazione. E le darà”.
“Credo che i russi siano in preda al panico perché stanno cercando di prevedere i possibili esiti del loro principale strumento di comunicazione e stiano cercando di proteggersi rimuovendo le informazioni da lì. Ma tutto dipenderà dal governo francese e dai tribunali: se imprigioneranno Durov, o se lo rilasceranno in cambio di importanti informazioni, non lo sappiamo ancora”, ha dichiarato a Politico Nazar Tokar, capo di Kremlingram, un gruppo investigativo di attivisti che studia la sicurezza di Telegram e i suoi potenziali legami con il Cremlino.
Tutto questo succede mentre su X Marcello Foa pubblica questo esplosivo post: “A poche ore dal caso Durov/Telegram, c’è uno sviluppo molto importante: 1) In una lettera ufficiale al presidente della Commissione di Giustizia della Camera dei Deputati statunitense, Marc Zuckerberg ammette che l’amministrazione Biden/Harris ha fatto pressioni per censurare diversi contenuti al tempo del Covid. 2) Riconosce di avere ceduto in più di una occasione a queste pressioni, privando quindi i cittadini statunitensi del diritto costituzionale a un’informazione libera e trasparente. 3) Certifica di aver impedito la diffusione della notizia del computer del figlio di Biden, Hunter, pubblicata dal New York Post pochi giorni prima delle presidenziali del 2020, quando si affidò ai fact checkers di Meta che validarono la versione dell’FBI secondo cui si trattava di disinformazione russa. Invece era tutto vero; peccato che la stampa americana lo abbia ammesso solo molti mesi dopo. Confermo e rilancio: la libertà di opinione è in pericolo nelle democrazie occidentali”.
Sappiamo bene che Macron agisce in perfetto accordo con la Casa Bianca, quindi aspettiamoci contraccolpi. Eccone subito due: il presidente della Duma ha dichiarato ieri: “Ci sono gli Usa dietro l’arresto di Durov”. E Lavrov: “Le relazioni tra Mosca e Parigi al punto più basso”.
Fonte: ilsussidiario.net