Fine spiegato semplice.
Non c’erano dubbi sul fatto che l’obiettivo di ridurre gli europei a una massa di nullatenenti senza casa e senza soldi sia prioritario per la classe politica che siede nel Parlamento a Strasburgo. Ennesima prova, una vergognosa direttiva che, se seguita alla lettera, renderà la vita impossibile alla maggior parte dei proprietari di case, soprattutto in Italia. Da sottolineare che è stata approvata anche con il voto favorevole di PD, M5S, Alleanza verdi e sinistra, e gli eurodeputati Alessandra Mussolini, Herbert Dorfmann, e Nicola Danti. Contrari i partiti di centro-destra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.
In generale, a favore hanno votato 370 eurodeputati, 199 i contrari e 46 gli astenuti, ed è quindi evidente che il nostro problema non si chiami solo Ursula von der Leyen. Lei o qualcun altro, non fa alcuna differenza: c’è una classe politica europea da mandare in toto a casa, prima che si prendano le nostre, di case, e ci chiudano i conti digitalizzati quando gli pare. Meglio ancora, si dovrebbe uscire al più presto da questa follia che è diventata l’Unione Europea, in mano ad ambientalisti fanatici e a gruppi finanziari interessati a mettere le mani sul nostro patrimonio, mobiliare o immobiliare che sia. Starne fuori, da questa EU, è diventata una questione di sopravvivenza del nostro popolo e dell’Italia tutta.
Da eunews,it, 12 marzo 2024
La revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici, la cosiddetta ‘direttiva case green’, supera uno degli ultimi scogli sulla strada dell’entrata in vigore. Ora manca solo il via libera dei 27 governi Ue per la messa a terra dei nuovi standard energetici del parco immobiliare dell’Ue. Con 370 voti a favore, 199 contrari e 46 astenuti, la sessione plenaria del Parlamento Europeo ha approvato oggi (12 marzo) l’intesa raggiunta il 7 dicembre dello scorso anno per ridurre l’impatto ambientale del parco immobiliare europeo, responsabile di circa il 40 per cento del consumo energetico europeo e del 36 per cento delle emissioni di CO2.
Dopo il semaforo verde di due mesi fa dalla commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia (Itre) dell’Eurocamera, la maggioranza parlamentare si è confermata anche all’emiciclo di Strasburgo sull’approvazione degli obiettivi temporali per alzare gli standard energetici, anche se con una spaccatura non indifferente trai popolari europei (55 eurodeputati hanno votato contro, tra cui quelli di Forza Italia). In ogni caso, a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti per essere a emissioni zero – a partire dal 2028 invece per gli edifici pubblici – con l’intero patrimonio edilizio climaticamente neutro entro il 2050.
Come ricordato dal relatore per l’Eurocamera, Ciarán Cuffe (Verdi/Ale),
questa è la giusta transizione, questo è il Green Deal, in cui nessuno viene lasciato indietro”, dal momento in cui “forniamo edifici migliori e migliori qualità di vita per tutti”.
Nel dibattito in Aula che ha preceduto la votazione, la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, aveva sottolineato con forza che
gli immobili sono grandi consumatori di energia, non possiamo affrontare le sfide climatiche e le dipendenze sulle forniture energetiche se non affrontiamo il problema dell’immobiliare“,
definendo l’accordo raggiunto dai co-legislatori “un buon equilibrio ambizioso tra flessibilità e fattibilità”, che garantisce “le misure necessarie per promuovere la prestazione energetica degli edifici peggiori senza obbligare i singoli proprietari a ristrutturare”.
La revisione della direttiva case green è stata proposta dalla Commissione nel dicembre 2021 e, dopo due anni, nell’intesa provvisoria negoziata dai co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue il 7 dicembre 2023 è stata smussata parte della proposta iniziale per andare incontro alle richieste di Paesi membri. Come l’Italia, dove la proposta ha scatenato dure polemiche sui finanziamenti e gli standard minimi di prestazione energetica: tra questi, l’obbligo di ristrutturare almeno il 15 per cento degli edifici con le peggiori prestazioni in ciascun Paese membro. Il testo approvato dal Parlamento abbandona l’idea di inserire requisiti di ristrutturazione per i singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate e stabilisce medie di riferimento per ciascuno Stato sull’intero patrimonio edilizio. Per gli edifici non residenziali, il 16 per cento di quelli con le peggiori prestazioni sarà destinato alla ristrutturazione entro il 2030 e il 26 per cento entro il 2033. Agli edifici residenziali si applicherà un obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16 per cento al 2030 e del 20-22 per cento entro il 2035. Le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo ed è prevista una clausola aggiuntiva che premia gli Stati membri che hanno adottato misure tempestive.
Sono previste esenzioni per edifici storici e agricoli, e i Paesi membri possono decidere di escludere anche gli edifici protetti per il particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto. Posticipato al 2040 l’obbligo di abbandonare caldaie alimentate da combustibili fossili per riscaldamento e nel raffreddamento, ma cesseranno entro il 2025 i sussidi per le caldaie autonome a combustibili fossili. Saranno ancora possibili incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità “significativa” di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore. A proposito di rinnovabili, l’obbligo installazione di pannelli solari sui tetti riguarderà gli edifici pubblici e non residenziali “in funzione delle loro dimensioni” e tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030. La direttiva sulla prestazione energetica degli edifici dovrà ora essere approvata formalmente dal Consiglio e, dopo la pubblicazione del testo in Gazzetta ufficiale dell’Ue, l’attuazione delle norme dovrebbe iniziare nel 2026.
Per quanto riguarda nello specifico in privati, non c’è alcuna imposizione di un obbligo universale di ristrutturazioni edilizie, ma sarà necessario attendere la definizione dei piani nazionali adattabili, che prevedono un intervento medio su tutto l’insieme degli edifici (con i due target al 2030 e al 2035).
Saranno dunque i singoli Paesi membri a definire gli standard di rendimento energetico minimo e a decidere quali fabbricati e quale livello di ristrutturazione sarà necessario: potranno concentrarsi sugli edifici più vecchi con classi di prestazione energetica elevate, oppure su quelli di dimensioni più ampie e più inquinanti.
Fonte: comedonchisciotte.org