Fine spiegato semplice.
Domenica 16 giugno 2024, manifestazione a Susa. Il corteo, partendo dal centro della città, prevedeva di proseguire verso la frazione San Giuliano, zona a rischio TAV, fino a raggiungere la sede della SITAF, ossia la fortezza di “Annibale 2000”, il tetro edificio che domina l’intreccio degli svincoli autostradali e che, nelle “magnifiche sorti e progressive” promesse dai politici sponsor dell’autostrada del Frejus, avrebbe dovuto essere la vetrina delle bellezze e della ricchezza culturale della Valle, ma si è ridotto ad una squallida congerie di uffici in coabitazione con un distaccamento della polizia stradale.
Il programma è però stato impedito con apposita ordinanza dalla questura di Torino che ha schierato lungo il percorso e agli ingressi autostradali un vero e proprio esercito in assetto antisommossa. A rafforzare i divieti è intervenuto il Comune di Susa tramite un’ordinanza rivolta agli esercizi commerciali col divieto di servire bevande alcooliche. Dulcis in fundo, la polizia municipale ha rincarato la dose invitando i commercianti ad abbassare le serrande “data la pericolosità della manifestazione”.
Il Movimento ha comunque proseguito fino all’imbocco dello svincolo verso Torino, sui terreni dove sorge il presidio NO TAV, acquistati collettivamente ed ora in fase di esproprio. Qui oggi il TAV si appresta a completare l’opera di devastazione iniziata con l’autostrada a fine anni anni ‘70. Quel bubbone che si è incistato nella piana tra Susa e Bussoleno lo vidi crescere giorno dopo giorno. Anche allora arrivarono per prime ruspe e trivelle ad inghiottire orti e frutteti, facendo il deserto dove dolci declivi si allungavano fino ai boschi di mezza montagna. Poi furono l’asfalto e il cemento, i castelli di impalcature, il traffico incessante di mezzi pesanti, le montagne di ghiaia e di detriti carichi di amianto.
Fra polveri e fumi una piccola casa continuava a resistere: due stanze, un pollaio, un minuscolo orto, un ciliegio, il cagnolino al cancello. La abitava un’anziana coppia. Per me erano Filemone e Bauci, ma, a differenza degli anziani coniugi del mito, la loro fedeltà gentile e coraggiosa alla terra, che non si era piegata davanti alle offerte di denaro sonante, non fu premiata dagli dei con un tramonto sereno: li uccise l’autostrada, la donna travolta da un camion del movimento-terra, l’uomo rimasto solo e costretto ad andarsene altrove. Dov’era la casa di Filemone e Bauci è rimasto un piccolo spiazzo vuoto, incassato fra i terrapieni autostradali.
Ma per la sete di potere e di denaro non c’è limite al saccheggio. Ora questi luoghi sono a rischio di TAV, la grande mala opera che nei progetti di TELT si aggiungerà al disastro autostradale, come ben preannunciano i recenti espropri e il decreto di abbattimento delle prime tre abitazioni della frazione. E nel mirino c’è il presidio NO TAV Sole e Baleno che costruimmo sul terreno comprato collettivamente. È ormai il tramonto quando la manifestazione arriva al presidio, dove viene posizionato lo striscione di apertura. Vi si legge, a lettere cubitali: «TAV= MAFIA. Liberiamoci dai tentacoli di Sitaf e di TELT». Le facce intercambiabili della stessa devastazione, le sigle degli stessi profitti.
Resistere senza cedimenti alle mafie annidate nel cuore dello Stato, che si sono fatte sistema ed occupano le istituzioni, è cosa sempre più difficile, ma non c’è alternativa. Per questo la nostra lotta continua.
[di Nicoletta Dosio – storica militante del Movimento No TAV, condannata ai domiciliari per aver partecipato a una manifestazione pacifica del Movimento, ma rifiutandosi di sottostarvi per protesta, Nicoletta è stata imputata di almeno 130 evasioni, che le sono valse la condanna a oltre un anno di carcere]
Fonte: lindipendente.online