In Venezuela, la pace va alla conta

Spiegato semplice

Il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha detto che non vuole che gli Stati Uniti si intromettano nel suo paese e che il popolo venezuelano è quello che deve decidere le cose. Ha vinto le elezioni, ma c’è stato un attacco informatico e alcune persone stanno ancora controllando i voti. Alcuni che non hanno vinto le elezioni stanno facendo casino e cercando di far credere che hanno vinto, ma Maduro e il suo governo stanno cercando di mantenere la pace e aiutare le persone che sono state attaccate o che hanno avuto problemi a causa di questi disordini.

Fine spiegato semplice.

di Geraldina Colotti 

Caracas, 2 agosto 2024

“Abbiamo visto il volto del fascismo, che vuole provocare un bagno di sangue. Abbiamo avuto troppa pazienza con Guaidó parte prima. Ora diciamo agli Stati uniti: togliete il naso dal Venezuela, qui decide il popolo. Il fascismo non passerà!”. Così il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha risposto alla dichiarazione degli Stati uniti, che hanno “riconosciuto senza ombra di dubbio” il candidato dell’estrema destra, Edmundo González, risultato secondo alle presidenziali del 28 luglio con l’80% delle schede scrutinate, che hanno dato la vittoria a Maduro con quasi 8 punti percentuali di vantaggio su di lui. Le altre schede sono in corso di verifica a seguito di un attacco cibernetico all’istituto elettorale (il Cne), che comunque per legge ha fino a 30 giorni per pubblicare i risultati, e la cui pagina non ha ancora potuto essere ripristinata. Ma sono al lavoro anche tecnici cinesi e russi, perché l’attacco è arrivato da fuori, dagli Stati uniti.

L’estrema destra, come al solito, ha subito gridato ai brogli, provocando violenze nel paese, in un tentativo di colpo di stato che non ha avuto esito. E, nel frattempo, sta pubblicando cifre contraddittorie e sconnesse su una pagina “autoproclamata”, che però le super-democrazie prendono per buona. Non hanno fatto lo stesso nel 2019 “riconoscendo” un personaggio oscuro che nessuno aveva eletto ma che si era “autoproclamato” presidente “a interim” del Venezuela in una piazza-simbolo per l’estrema destra?

È da 25 anni, tanti quanti sono quelli di esistenza del socialismo bolivariano, che l’imperialismo cerca di applicare tutte le modulazioni di frequenza dei colpi di stato di nuovo tipo, senza disdegnare quelli “tradizionali”, ampiamente sperimentati nel secolo scorso. Lo schema è sempre il medesimo: gridare alla frode o alla “dittatura” per provocare violenza nel paese, cercare di rovesciare il governo e chiedere l’intervento degli Stati uniti. Devastare e uccidere, presentandosi al contempo come “vittime”, fidando su una potente propaganda internazionale. Che poi non presentino uno straccio di prova delle loro dichiarazioni incendiarie, importa poco, non essendo precisamente il terreno democratico quello che prediligono.

Anche questa volta, immediatamente si è messo in moto il solito meccanismo internazionale, azionato dall’imperialismo nordamericano, animato dai soliti ex presidenti della destra e dalle grandi istituzioni internazionali. La novità è che a scendere pesantemente in campo è stata anche la Silicon Valley, rappresentata dal magnate del web, Elon Musk.

Un attore fondamentale nella creazione del clima di odio diffuso nelle reti sociali per orientare la psicologia di massa con un bombardamento semantico, semiotico, che rende spettatori dell’orrore (o attori) anche persone tradizionalmente “per bene” e in grado di distinguere fra “bene e male”. Lo abbiamo visto con le tante guerre imperialiste, con l’atroce linciaggio di Gheddafi, e con il genocidio in Palestina. Abitutare all’orrore, questo è il proposito.

Dalle confessioni degli oltre 1200 arrestati per queste nuove violenze fasciste, si apprende che l’ordine ricevuto, proveniente dai “commanditos”, i comitati elettorali di Edmundo González (candidato di facciata della golpista Maria Corina Machado), era quello di filmare le aggressioni squadriste, le urla e le minacce, per seminare il terrore e paralizzare la reazione popolare.

Per questo, in tutto il paese, agiscono da anni collettivi di psicologi comunitari e, soprattutto, vi sono centri di analisi, di formazione e di organizzazione che analizzano la “guerra cognitiva”, la strategia del caos e le contromisure concrete e simboliche da mettere in campo. Il più titolato si trova nell’Università Internazionale della Comunicazione (Lauicom), diretta dalla deputata e giornalista, Tania Diaz.

Non occorre essere chavisti per condannare azioni come quella che si è verificata contro la Radio Venceremos, una storica radio comunitaria nello Stato Lara. I “pacifici manifestanti” – circa 300 persone urlanti, armate e drogate, secondo la testimonianza dei sopravvissuti e i video diffusi – hanno attaccato, cercando di bruciare vive le persone che si trovavano all’interno: una ventina di donne, bambini, uomini, anziani, alcuni dei quali ancora in terapia intensiva.

Hanno distrutto ospedali e mezzi pubblici, com’è accaduto in molte parti del paese. Le radio comunitarie sono particolarmente prese di mira, perché sono state e sono lo strumento principale dell’informazione diretta, anche molto critica, ma molto sicura del lato della barricata in cui ci si deve situare. La radio Venceremos si trova in un municipio gestito dall’opposizione radicale. Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, le autorità locali non hanno dato alcuna risposta alle richieste di aiuto.

Seminare caos e dubbio è già fare la metà del cammino. Non a caso, ben prima delle elezioni, Machado ha dichiarato: “Abbiamo già vinto per il fatto che la gente lo crede”. Una “convinzione” che abbiamo ampiamente potuto constatare in diverse zone di classe media ma, questa volta, anche in alcuni settori dove agisce la criminalità organizzata, infuriata contro il chavismo che gli ha tolto il terreno sotto i piedi, dando casa lavoro e cultura ai giovani meno favoriti.

Lì, persone che non partecipavano a nessuna attività politica né ascoltavano un telegiornale, ma si nutrivano solo di alcune reti sociali, sono stati convinti di “essere maggioranza”, a dispetto dei numeri e del sentimento prevalente anche nella destra tradizionale (un 4% dei voti, complessivamente sommati), che non vuole mettersi nei guai, ma solo fare i propri affari. E che invece viene apertamente attaccata.

È successo così al deputato José Brito, la cui consorte, una sindaca (di opposizione) è stata minacciata, e i cui figli (uno dei quali con handicap) sono stati assediati per quattro ore. È successo così a una ex lavoratrice ambulante dello Stato La Guaira. Una ventenne a cui il governo aveva fornito un negozietto, ma che si era trasformata in una oppositrice di estrema destra, molto attiva sulle reti sociali. Le sue grida disperate quando i suoi stessi compari con cui stava partecipando ai raid punitivi dei chavisti, le hanno saccheggiato il negozietto, filmati dai fascisti come da copione, hanno però fatto il giro del paese. Il presidente Maduro ha immediatamente preso contromisure, non solo di protezione fisica delle comunità, attivando anche la milizia popolare e i collettivi, ma istituendo un consistente fondo di risarcimento alle “vittime del fascismo”.

Per rispondere adeguatamente alle speculazioni sulle “schede mancanti” anche da parte di paesi che questo meccanismo di verifica elettorale non sanno neanche cosa sia, né hanno organismi deputati a verificare adeguatemente i contenziosi di questo tipo, Maduro ha inteso fugare ogni dubbio, nel rispetto delle istituzioni nazionali.

Per questo, si è rivolto per primo al Tribunal Supremo de Justicia (Tsj), il massimo organo deputato a tenere in equilibrio i cinque poteri della repubblica bolivariana. Una istituzione alla quale, in base all’articolo 297 della costituzione, può rivolgersi qualunque forza politica che ritenga di aver subito un danno durante una votazione.

Il Tsj ha accolto il ricorso. Al momento in cui scriviamo, ha già stabilito l’ora di convocazione (le 14, ora locale) di tutti i rappresentanti dei 38 partiti politici, di destra e di sinistra, che hanno partecipato alle presidenziali. Tutti devono presentare il riscontro del numero di schede elettorali emesse, che indicano i voti ottenuti, e che viene consegnato, firmato da tutti i testimoni di seggio, a ogni votante, e preso in carico dalle forze politiche.

Il Psuv (il partito di governo), e l’arco di partiti alleati (il Gran Polo Patriottico), ha già dichiarato di avere in suo possesso la totalità delle schede. Che farà l’estrema destra di Machado? E perché, se – come dichiara ai quattro venti – ha le prove di presunti brogli non ha fatto per prima ricorso all’organismo deputato a dirimere questo genere di conflitti elettorali – il Tsj -?

Perché, evidentemente, la democrazia è solo un pretesto. D’altro canto, chiunque qui può constatare che la campagna elettorale dello sconosciuto González è stata quasi inesistente. Né l’anziano signore, di salute assai provata, ha persorso il Venezuela per fare comizi o presentato altro progetto di paese che non sia un documento redatto in inglese per conto di Washington, e che ricalca il modello Milei e quello di Netanyahu. Di grande impatto, inoltre, è risultata la denuncia di un sacerdote colombiano, che lo ha accusato pubblicamente di aver avuto responsabilità nell’assassinio di 7 religiosi della Teologia della liberazione, quand’era diplomatico in Salvador (e, dice il sacerdote, agente della Cia), ai tempi di Monsignor Romero.

“Il fascismo non passerà in Venezuela”. Il presidente Maduro lo ripete per tre volte, accompagnato da una moltitudine di manifestanti che ha concluso la marcia a Miraflores. Una impressionante risposta di piazza si succede ogni giorno in Venezuela: manifestazioni per la pace e contro il fascismo che vuole riprendere il potere in Venezuela. Una pace con giustizia sociale, non quella del sepolcro per i settori popolari e di cui si riempie la bocca l’imperialismo, mentre esporta con le bombe la sua “democrazia”.

Dopo quella della classe operaia, l’ultima, partecipatissima, è stata quella dei Clap, i Comités Locales de Abastecimiento y Producción. Organismi popolari, creati all’inizio del 2016 per far fronte alla guerra economica, impegnando le comunità in un lavoro di produzione, distribuzione, e organizzazione (e coscienza politica), diretta nell’alimentazione del paese. Una distribuzione non “partitica”, di cui ha usufruito anche quella parte della popolazione che ha appoggiato le “sanzioni” per bloccare il paese, imporre sofferenza al popolo e spingerlo a liberarsi del governo socialista.

Intanto, dopo aver convocato il Consiglio di Stato, un meccanismo di emergenza che coinvolge tutte le istituzioni venezuelane e del potere popolare, il governo bolivariano continua a gestire il paese. I focolai di violenza interna si vanno spegnendo, le confessioni degli arrestati, tutti in flagranza di reato o raggiunti a seguito dei filmati che hanno diffuso sulle reti sociali, portano al golpismo dell’estrema destra di Machado e dei suoi padrini nordamericani.

Intanto, a smentire quanti hanno negato uno degli attentati e il tentativo di invasione, organizzato dall’estrema destra venezuelana negli Usa, è stato condannato come trafficante di armi un ex militare nordamericano, Jordan Gudreau, pagato da Guaidó e compari per fare un colpo di Stato in Venezuela. Un piano definito “presunto” dai media internazionali.

Quasi nessuno degli arrestati per le violenze post-elettorali ha votato. Tutti confermano che questo piano è stato preparato da oltre un anno: a principale uso e consumo dello scenario internazionale a cui l’estrema destra chiede l’invasione del paese. Questo è il principale pericolo ora. Il resto, compresi gli allarmismi diffusi in merito a presunte aggressioni agli invitati internazionali, non trovano riscontro negli organismi competenti.

Per prudenza, le delegazioni degli accompagnanti – circa 900 persone – stanno rientrando progressivamente. Anche chi scrive, insieme a un delegato di un’organizzazione comunista italiana, lo farà a breve. Stiamo condividendo le giornate e le riflessioni con autorevoli rappresentanti della delegazione cubana, che il volto del fascismo lo conoscono bene. Parliamo del costo che ci si deve assumere per rimettere in moto un blocco sociale anticapitalista, antimperialista e antipatriarcale pur rimanendo nell’ambito di un cambiamento elettorale.

Fonte: lantidiplomatico.it

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