Walter Salles, regista del capolavoro “Io sono ancora qui”: «Questa è anche la mia storia…»

Spiegato semplice

Walter Salles è un regista brasiliano che ha fatto un nuovo film chiamato “Io sono ancora qui” dopo 12 anni. Questo film racconta una storia vera di una famiglia che ha sofferto a causa di un evento triste avvenuto 55 anni fa. Walter conosce bene questa famiglia e ha voluto mostrare quanto sia importante ricordare il passato. Il film ha avuto molto successo in Brasile e ha ricevuto nomination agli Oscar. Walter crede che il cinema possa aiutare le persone a capire meglio la storia e a provareinsieme. La protagonista del film è una donna coraggiosa che ha lottato per la suae per la giustizia.

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Il regista brasiliano Walter Salles con i protagonisti del suo ultimo film Io sono ancora qui: Selton Mello e Fernanda Torres. Foto Getty

Walter Salles, il regista di Central do Brasil (1998) e I diari della motocicletta (2004), nato a Rio de Janeiro nel 1956, ritorna dopo 12 anni al suo lavoro  dicon Io sono ancora qui.

Il film, nei cinema, è stato premiato alla Mostra del Cinema di Venezia. Presentato anche al Toronto Film Festival, è candidato a 3 Premi Oscar. Miglior film, Miglior Film Internazionale e Miglior attrice protagonista (la straordinaria Fernanda Torres che, nel finale, passa il ruolo a sua madre Fernanda Montenegro).

Io sono ancora qui è un film bello e importante, gentile e potentissimo, tragico e “sorridente”. È una storia vera, che ha come protagonista una famiglia a cuiè personalmente legato: quella di Rubens Paiva, vittima del regime militare brasiliano, sua moglie Eunice e i loro figli. Tra cui Marcelo, autore del memoir ispiratore del film (Sono ancora qui, La Nuova Frontiera). Una storia e e un rapporto che lo stesso regista del film ci racconta.

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Chi è Walter Salles, regista di Io sono ancora qui il film meraviglioso candidato a 3 Oscar

Walter Salles è nato in una delle famiglie più ricche del Brasile, padre banchiere-ambasciatore e madre considerata la Jackie Kennedy locale. Dice: «Sono felice del successo di Io sono ancora qui. Dimostra che esiste un pubblico interessato alla sostanza  civile e umanistica dei film. Continuo a inseguire un cinema che mira a far fare al pubblico esperienze collettive in nome anche della Memoria, della Storia e della verità».

Intervista a Walter Salles

Sullo schermo vediamo una storia vera accaduta nel 1971: quanto è ancora importante raccontare un desaparecido di 55 anni fa? Lei ha scelto in realtà di raccontare chi è rimasto, i suoi famigliari, le vere vittime della Storia…

Accadde tutto così. Lo racconta Marcelo nel suo libro. Il film è un monito: altre vite, famiglie, amori, sogni, gioie potrebbero essere distrutte in un attimo. Strappate come Rubens Paiva ai suoi famigliari. Il successo del film in Brasile, il pubblico che riempie i cinema è un segno molto positivo. Come la candidatura agli Oscar anche a Miglior film.

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Una scena del film

Nel nome dell’ucronia

Torna alla regia dopo 12 anni e lo fa con una storia che è anche sua, visto la conoscenza diretta con i Paiva. Ma perché ha aspettato così tanto a tornare dietro al macchina da presa?

Io non sento la necessità di realizzare film a getto continuo. E da sempre mi ispirano i fatti reali, sia quando decido di girare storie di fiction che documentari. Sono uno studioso dell’ucronia: lavorare su fatti realmente accaduti, ma “ricreandoli” con letteratura, il cinema e la televisione. Per me vince sempre il reale e visivamente sono molto attento all’autenticità delle riprese, sia negli esterni che negli interni. Resto convinto che il cinema possa ancora e sempre provocare cambiamenti. La storia e la cronaca, ripeto, per me sono sempre collettive e personali insieme.

Questa immersione nella storia del suo paese segna anche il distacco dall’esperienza hollywoodiana: lo considera un periodo chiuso?

Hollywood è una macchina pericolosa e tentatrice. Mi trasferii a Los Angeles, non a Beverly Hills ma nella Valley, dove ci sono comunità multirazziali e sociali. Ho girato film che  potenzialmente avevo scelto, ma che  alla fine non riflettevano le mie ricerche. Come On the Road, dal romanzo di Jack Kerouac. La sostanza del libro mi sfuggì di mano, il risultato lo considero banale perché alla fine tutto fu deciso dalla studio. Della mia ricerca non è rimasto nulla. Mi ero immerso nel cinema di Alan Pakula, Robert Altman, John Cassavetes, Arthur Penn. Avevo studiato il tema amore-morte, famiglia-società dei grandi romanzi americani. Non è rimasto nulla… Comunque gli anni trascorsi all’estero mi hanno riportato in Brasile. E di questo sono grato.

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Fernanda Torres in una scena

Io lavoravo e il mondo cambiava

È tornato alle sue radici storiche e culturali: la “genuinità” che sentiamo in Io sono ancora qui

Ho lavorato molti anni a questo mio ultimo film. Intanto il mondo cambiava: la sociologia delle comunicazioni è sostituita dai social media. Oggi sono gratificato dal fatto che il mio film sia riuscito a conquistare il pubblico del mio Paese con una storia di cronaca che gli appartiene e in un momento in cui è utilissimo anche alle nuove generazioni.

Amarsi per sopravvivere alla dittatura

Come ha ricostruito il suo Brasile del 1971?

C’è voluto tanto tempo per mettere a fuoco tutti i caratteri del Brasile che sopravviveva sotto la dittatura militare. La famiglia del film usa l’amore come arma di difesa: i Paiva lo facevano davvero, io ne sono stato testimone. Li conoscevo. Sono stato a casa loro. Ho respirato i profumi della loro cucina, li ho visti uniti, sorridenti, felici. Penso che questo sia stato fondamentale per il successo del film. Per farlo capire alle generazioni post dittatura, che sentono come loro la storia di questa donna coraggiosa. Eunice Paiva ha davvero lottato per tenere unita la famiglia e per avere giustizia per suo marito rubatole dal regime. Non si è mai arresa. E si è reinventata, trovando la sua strada di avvocato e attivista. È davvero un’eroina, in Brasile.

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Fernanda Torres con Valentina Herszage che interpreta la figlia maggiore

Viaggiare nella mia memoria

Come si sentiva sul set?

Il libro di Marcelo e poi il film sono diventati per me un viaggio anche nella mia memoria. Già allora, il dramma dei Paiva per me era la tragedia di una nazione, la mia, oppressa, umiliata, ferita. Il ritorno della destra fascista oggi mi preoccupa come individuo pronto a difendere valori diversi. Io sono ancora qui è di grande attualità.

La sua Eunice/Fernanda Torres agli Oscar si scontrerà con personaggi e attrici altrettanto importanti: Sofia Karla Gascon di Emilia Perez, prima persona trans candidata… E poi Demi Moore in The Substance

Sono felice che le donne abbiano un ruolo così importante, sia agli Oscar che nella realtà. Ma non è possibile fare paralleli tra film diversissimi, girati in modi diversissimi.

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Fernanda Torres è Eunice, qui negli anni 90

Walter salles: ero amico di Eunice e dei suoi figli

Allude al fatto che il Messico di Emilia Perez sia stato ricostruito in un teatro di posa di Parigi?

Non alludo ad alcunché, ogni film ha una propria gestazione. Io ho girato in 35 millimetri con inserti in super 8  e ho conosciuto bene Eunice e i suoi figli. Ero loro amico: nella mia memoria sono impresse immagini, emozioni, dialoghi, scambi che ho avuto in quella casa e con chi la abitava. In questo senso  Io sono ancora qui è per me anche un film molto personale. Sono ovviamente felice che Fernanda Torres sia diventata la prima attrice brasiliana a vincere un Golden Globe dopo che sua madre, Fernanda Montenegro, era stata nominata per un altro mio film, Central do Brasil. Personale e collettivo del mio Paese si connettono sempre profondamente.

Curo la mia memoria col cinema

Cosa ha fatto nei 12 anni tra On the Road e Io sono ancora qui?

Ho letto, ho viaggiato, ho dedicato tempo alla mia famiglia e apprezzato il lavoro artistico e pittorico di mia moglie. Ho visto crescere mio figlio, guardato la televisione e sono andato al cinema a vedere  film di diversi Paesi. Curo la mia memoria andando anche al cinema. Considero la perdita della memoria un grande male, un pericolo. E non parlo solo della demenza (Eunice Paiva è morta soffrendo di Alzheimer, ndr) ma della perdita della conoscenza del passato, quindi anche del presente che ogni giorno diventa il nostro passato.

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Fernanda Montenegro interpreta Eunice anziana e malata di Alzheimer: le due attrici sono madre e figlia.

Lei ha accompagnato il film ovunque. La domanda che l’ha colpita di più?

Quelle relative alla presenza della madre e della figlia nello stesso film mi hanno molto toccato  e anche quelle sulla musica. Io sono sempre molto preso dalla preparazione della colonna sonora, cosa che ho imparato a Hollywood. E poi quelle parole che sono il motto del film “è andato via” che vedo stampate anche sulle t-shirt. Sono la prova che il dramma personale che raccontiamo ha colpito il cuore di platee diversissime, in un momento in cui tanti Paesi nel mondo subiscono perdite, separazioni, migrazioni che strappano le famiglie. Ci portano via i nostri cari…

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Fonte: style.corriere.it

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