Le proteste costringono Bruxelles a limitare le importazioni senza dazi dall’Ucraina

Spiegato semplice

L’Europa ha deciso di non far pagare tasse extra (dazi) sui prodotti che vengono dalla campagna dell’Ucraina per aiutarli, perché l’Ucraina sta avendo una guerra con la Russia. Ma gli agricoltori in Europa non erano contenti perché c’erano troppi prodotti ucraini che arrivavano e venduti a prezzi bassi, e questo non era giusto per loro. Allora, i capi dell’Europa hanno detto che ci saranno delle regole per limitare quanti prodotti ucraini possono arrivare senza tasse extra. Se arrivano troppi, metteranno di nuovo le tasse. Anche se hanno fatto queste regole, hanno deciso di non mettere tasse extra sule sull’orzo dall’Ucraina. Se gli agricoltori europei hanno problemi perché arrivano troppi prodotti dall’Ucraina, l’Europa potrebbe dare loro dei soldi per aiutarli.

Prima, alcuni paesi dell’Europa avevano già iniziato a dire di no ad alcuni prodotti dall’Ucraina per proteggere i loro agricoltori. E adesso, dopo che molti agricoltori in Europa hanno protestato e bloccato le strade, i capi dell’Europa stanno pensando di cambiare alcune regole per proteggere meglio gli agricoltori. Nel frattempo, la Russia sta vendendo un sacco di prodotti della campagna perché il tempo è stato buono per loro, e questo potrebbe essere un problema per gli agricoltori europei. Allora, l’Europa sta cercando di trovare un equilibrio per aiutare l’Ucraina senza creare problemi agli agricoltori che lavorano in Europa.

Fine spiegato semplice.

Pur avendo prorogato per un altro anno l’esenzione daisui prodotti agricoli ucraini, l’UE è stata costretta a introdurre delle limitazioni sulle importazioni senza imposte in seguito alle prolungate e veementi proteste degli– soprattutto quelli dell’est Europa – che accusano Kiev di concorrenza sleale. Il 20 marzo, Consiglio e Parlamento comunitari sono arrivati ad un’intesa provvisoria sulla proroga dello stop ai dazi, che si applicherà dal prossimo giugno fino allo stesso mese del 2025, prevedendo però due “freni di emergenza” in caso di difficoltà degli agricoltori europei. Bruxelles ha stilato infatti un elenco di “prodotti protetti” – uova, pollame, zucchero, avena, mais e miele – le cuinon potranno superare i livelli medi del 2022 e del 2023. Qualora ciò accadesse verranno automaticamente reintrodotti dei contingenti tariffari. In secondo luogo, il monitoraggio non avverrà solo sul mercato dell’UE nel suo complesso, ma a livello dei singoli Stati membri. Dal meccanismo restano però esclusi il grano e l’orzo. Si tratta in buona sostanza di un compromesso per andare incontro alle istanze del mondo agricolo dei Paesi dell’Unione e, allo stesso tempo, supportare l’economia dell’“alleato” ucraino.

La scorsa settimana, gli eurodeputati avevano votato con una maggioranza netta per estendere le limitazioni anche al grano e all’orzo – che sono gli alimenti che suscitano più allarmi e proteste – e per calcolare i livelli medi di importazione nel periodo che va dal 2021 al 2023, comprendendo così anche un anno precedente allo scoppio della guerra e andando incontro alle richieste delle organizzazioni agricole. I negoziati finali, tuttavia, hanno escluso il grano dai prodotti soggetti a salvaguardia, ottenendo però che il governo europeo agisca più rapidamente – 14 giorni anziché i 21 inizialmente previsti – qualora vengano raggiunte le soglie massime di importazioni concordate, attivando i meccanismi di protezione. Inoltre, l’accordo prevede la possibilità di stanziare compensazioni finanziarie a favore degli agricoltori danneggiati dall’eventuale eccesso di importazioni.

La sospensione temporanea dei dazi sulle merci ucraine era stata introdotta per la prima volta nell’aprile 2022 per sostenere Kiev nel suo sforzo bellico contro la Russia ed era stata rinnovata nel maggio del 2023. Tuttavia, ben presto soprattutto i Paesi dell’Europa orientale, tra cui Polonia, Bulgaria, Ungheria e Slovacchia, hanno cominciato a protestare contro le importazioni ucraine poiché inondano i mercati locali di prodotti a basso prezzo che, nel processo di produzione, non devono rispettare gli standard ambientali e burocratici europei. I governi di questi Paesi avevano reagito vietando l’importazione di alcuni prodotti in autonomia da Bruxelles. Il governo comunitario aveva tuttavia adottato un atteggiamento “moderato”, ammonendo le nazioni est europee, senza intraprendere vie legali per evitare di indebolire l’unità del fronte europeo a sostegno dell’Ucraina e contro la Russia. Successivamente, Bruxelles si era vista costretta ad imporre il divieto di importazione di grano ucraino in cinque Paesi – Polonia, Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania – prorogandolo fino al 15 settembre 2023 per poi revocarlo facendo scatenare nuovamente le proteste.

Negli ultimi mesi le massicce manifestazioni degli agricoltori che hanno travolto tutta l’Europa hanno indotto Bruxelles a prendere misure ulteriori per salvaguardare il comparto. Tra i Paesi che hanno maggiormente manifestato la loro contrarietà all’importazione di prodotti ucraini c’è la Polonia: nel mese di febbraio, gli agricoltori avevano bloccato i principali valichi con l’Ucraina e creato disagi nei porti, nelle ferrovie e sulle strade a livello nazionale. Le rimostranze diffusesi in tutti gli Stati dell’Unione hanno addirittura portato Bruxelles a rivedere alcune norme della PAC (Politica agricola comune) e alcuni pilastri del Green Deal. In questo contesto, a risultare “vincitrice” sarebbe la Russia: secondo il quotidiano americano Politico, infatti, “aiutata da un clima estremamente favorevole, negli ultimi due anni la Russia ha coltivato quantità di grano senza precedenti e le ha vendute a buon mercato sul mercato mondiale”. Proprio per questa ragione, gli Stati membri stanno valutando la possibilità di limitare anche le importazioni di alcuni prodotti agroalimentari provenienti dalla Russia, mentre Bruxelles continua a barcamenarsi tra la necessità di sostenere l’Ucraina e quella di non far collassare il comparto agricolo europeo.

[di Giorgia Audiello]

Fonte: lindipendente.online

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