Vaccini Covid: il TAR obbliga il Ministero a fornire i dati sulle morti sospette


Una sentenza del TAR del Lazio obbliga il Ministero della Salute a fornire i dati sui decessi dei vaccinati contro il Covid.


Spiegato semplice

Un avvocato ha chiesto al Ministero della Salute di fornire informazioni sulle persone che sono morte dopo aver ricevuto il vaccino anti Covid. Voleva sapere quanti sono morti entro 14 giorni dalla prima dose del vaccino, per qualsiasi motivo, non solo a causa del vaccino. Inizialmente, il Ministero ha detto che non aveva queste informazioni. Ma un tribunale ha deciso che il Ministero deve avere queste informazioni e deve darle all’avvocato. Il tribunale ha detto che le informazioni dovrebbero essere nel database dei vaccini del Ministero. Il Ministero ha 30 giorni per fornire queste informazioni all’avvocato.

Fine spiegato semplice.

Il Ministero della Salute deve fornire i dati sui decessi che si sono verificati tra i soggetti sottoposti alla vaccinazione anti Covid: è quanto si evince dalla sentenza n.12013 del 17 luglio 2023 del TAR del Lazio, che accogliendo il ricorso presentato da un avvocato ha obbligato il dicastero governativo a trasmettergli praticamente tutti i dati richiesti. I giudici, infatti, hanno imposto al Ministero di fornire l’elenco di coloro che si sono sottoposti al vaccino nel periodo indicato dal ricorrente (27 dicembre 2020 – 26 dicembre 2021), riportando la data di nascita degli stessi, quella in cui hanno effettuato la vaccinazione, la dose somministrata e la data dell’eventuale decesso avvenuto nelle 2 settimane successive all’iniezione. L’avvocato, infatti, aveva chiesto di conoscere il numero di soggetti “deceduti entro 14 giorni dalla somministrazione della prima dose”, specificando di voler ricevere i dati relativi alle morti avvenute “per qualunque motivo, non necessariamente riconducibile alla somministrazione del vaccino”. Il Ministero, tuttavia, aveva deciso di non accontentarlo, citando una presunta – ed evidentemente non veritiera – mancanza delle informazioni citate. La tesi istituzionale, infatti, è stata prontamente smontata dai giudici, che hanno dimostrato come il dicastero sia per forza di cose in possesso dei dati richiesti.

Per comprendere al meglio la vicenda, però, è necessario ripercorrerla cronologicamente. Tutto inizia il 16 giugno 2022, quando l’avvocato presenta al Ministero istanza di accesso civico, chiedendo di conoscere il numero dei soggetti deceduti nelle condizioni sopracitate con la motivazione per cui i dati “sarebbero fondamentali (se incrociati con altri dati statistici) per valutare meglio gli eventi avversi che possono scaturire dalla vaccinazione”. Il dicastero, tuttavia, il successivo 6 luglio dichiara “la competenza dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA)”, alla quale inoltra l’istanza. Peccato che l’AIFA – così come l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e l’istituto Superiore della Sanità (ISS) – si dichiarano “non in possesso di tali dati”, con quest’ultimo che indica espressamente il Ministero della Salute quale “organo competente a fornire adeguato riscontro”. L’avvocato, allora, effettua il 29 novembre 2022 una nuova istanza di accesso civico generalizzato avente ad oggetto sostanzialmente le medesime richieste, ed è solo il 23 gennaio 2023 che ilfa pervenire la sua risposta, precisando di non contestare il “diritto del ricorrente di accedere alle informazioni richieste” ma di non essere “in possesso di tali dati”.

Una risposta che diviene oggetto del ricorso e che viene ritenuta inaccettabile dal TAR, che come anticipato ha smontato la tesi istituzionale. Basterà citare l’Anagrafe nazionale vaccini (ANV) – istituita e disciplinata dal Decreto del Ministero della Salute del 17 settembre 2018 – all’interno del quale a quanto pare sono contenuti i dati richiesti. “L’allegato A del suddetto Decreto indica i dati memorizzati all’interno del database” – si legge nella sentenza – che specifica come essi siano precisamente la “data di nascita”, la “data del decesso”, la “vaccinazione”, la “dose della vaccinazione” e la “data di effettuazione” della stessa. La tesi ministeriale, basata sul mancato possesso dei dati, non sembra dunque veritiera, ma per fugare qualsiasi ulteriore dubbio i giudici fanno anche un’ulteriore precisazione. “L’articolo 3 del D.L. n. 2 del 14.01.2021 prevede espressamente l’inserimento nel database dell’ANV dei dati relativi alle somministrazioni di massa dei vaccini anti Covid-19, aggiornati con frequenza giornaliera”: questo affermano infatti i giudici, dimostrando così in maniera inequivocabile che i dati dei vaccini Covid sono nelle mani del Ministero.

“È dunque evidente che il Ministero è in possesso dei seguenti dati”, aggiungono quindi i giudici, precisando che essi dovranno perciò “essere ostesi” dal dicastero, che dovrà “trasmettere al ricorrente copia degli atti richiesti” entro “30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza”. Il tutto con due sole limitazioni: la non comunicazione degli elementi relativi alle generalità dei soggetti vaccinati e del dato della loro età media, essendo lo stesso “sicuramente oggetto di rielaborazione” e conseguentemente più difficile da ottenere. Ad eccezione di quest’ultimo punto, però, il ricorso è stato accolto in toto, con il diniego ministeriale annullato ed il dicastero obbligato a fornire le informazioni. Il Ministero, dunque, si è reso protagonista di un atteggiamento alquanto misterioso ed immotivato, che non può non generare dubbi e perplessità sul suo enigmatico operato.

[di Raffaele De Luca]

Fonte: lindipendente.online

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